Sempre più anziani in città, a Genova il primato
- 02/08/2023
- Famiglia
Quasi 5 milioni di anziani vivono nelle 14 città metropolitane italiane, più di un terzo del totale nazionale, con una prevalenza della componente femminile.
È quanto emerge dall’analisi dell’Istat sulla popolazione anziana (persone di 65 anni e oltre) residente nelle città metropolitane realizzato attraverso l’uso di diverse fonti statistiche. Si tratta degli enti territoriali di area vasta che hanno sostituito le province in 10 aree urbane di Regioni a statuto ordinario – Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria – a cui si aggiungono quattro città metropolitane di Regioni a statuto speciale – Palermo, Catania, Messina e Cagliari.
Gli anziani, chi sono e dove vivono
La presenza degli anziani sempre più crescente e pervasiva nella società è considerata da tempo una questione da affrontare con rigore per gestire gli effetti sociali ed economici ineludibili che condizionano il sistema previdenziale, la sanità, il sistema produttivo, l’invecchiamento della forza lavoro e la rete familiare, fonte di sostegno per questa fascia di popolazione.
La quota prevalente di over 65 vive nei comuni capoluogo (circa il 45%), quasi un terzo distribuiti tra prima e seconda cintura urbana e il restante 24% nella corona più esterna dell’area.
La scelta abitativa degli anziani nei comuni capoluogo supera ampiamente il 50% nelle città metropolitane di Genova, Roma e Palermo. Allontanandosi dal capoluogo diminuisce la quota di anziani residenti, ad eccezione delle città metropolitane di Reggio Calabria e Messina, in cui la cintura più esterna di comuni del territorio metropolitano rappresenta la prima scelta come luogo di residenza.
Dei quasi cinque milioni di persone di 65anni e più che al 1° gennaio 2023 risiedono nel complesso delle città metropolitane, più della metà vive in città o in zone densamente popolate, più di un terzo nelle piccole città e nei sobborghi e soltanto il 7% nelle zone rurali.
Tuttavia, confrontando la quota di anziani che vive nelle tre tipologie di zone urbano-rurali nelle città metropolitane con la stessa quota calcolata per la popolazione totale, emerge che gli anziani sono più inclini a vivere in zone prevalentemente rurali e, in misura meno marcata, anche in quelle densamente popolate.
L’orientamento delle persone anziane a vivere nelle zone rurali appare collegato all’allontanamento dei giovani da queste zone a bassa densità di urbanizzazione, funzionale alla ricerca di nuove opportunità lavorative e di un livello migliore di servizi.
Più anziani a Genova, meno a Napoli
L’incidenza degli anziani è più elevata nelle città metropolitane del Nord e minore in quelle del Sud, ad eccezione di Messina e Cagliari. Genova ha la maggiore quota di anziani (29,1%) e Napoli quella minore (quasi il 20%); emerge una maggiore presenza nei poli urbani rispetto alle prime due cinture (Prospetto 2). Fra i territori metropolitani, l’incremento di questa fascia di popolazione nell’arco dell’ultimo trentennio è maggiore a Cagliari (+15 punti percentuali), seguita da Bari, Torino e Venezia.
Sempre più donne anziane e longeve
La struttura per genere della popolazione anziana evidenzia la presenza più consistente della componente femminile, conseguenza – come noto – dell’invecchiamento della popolazione e della speranza di vita delle donne, più elevata rispetto a quella maschile. Infatti, nel complesso delle città metropolitane, al 1° gennaio 2023, vivono 77 uomini anziani ogni 100 donne della stessa fascia d’età (in Italia quasi 79), rispetto ad un rapporto di mascolinità della popolazione totale che, seppur a favore delle donne, è più vicino all’equilibrio con 94 uomini ogni 100 donne. Tuttavia, dal 1993 ad oggi, il gap di genere nell’età senile si è ridotto di 9 punti percentuali.
Il rapporto di mascolinità degli over 65 mette in risalto un miglioramento nell’equilibrio di genere nei territori metropolitani del Sud, dove Reggio Calabria è in cima alla graduatoria, con 82 uomini anziani per 100 donne; in fondo si colloca Genova, quasi 74 ogni 100. All’interno dei contesti urbani si evidenzia un maggiore squilibrio di genere nei capoluoghi (71 uomini ogni 100 donne) rispetto alle cinture (da 80 a 82).
Gli effetti dell’invecchiamento della popolazione e del miglioramento delle condizioni di vita ampliano il divario di genere con l’avanzare dell’età: tra i grandi anziani, ogni 100 donne poco più della metà sono uomini.
Il divario di genere degli over 85 è meno marcato nel territorio metropolitano di Bari (58 uomini ogni 100 donne) e raggiunge il suo apice nella città metropolitana di Genova (48 su 100). Nei capoluoghi vivono meno uomini anziani (quasi 50 uomini ogni 100 donne) rispetto alle due corone urbane intorno ai capoluoghi (circa 57%).
Un’ulteriore conferma della maggiore longevità femminile si riscontra ancor di più all’interno della fascia dei centenari. Infatti, oltre l’82% della popolazione di 100 anni e più è composta da donne.
Nel 2031 5,7 milioni di anziani
L’indice di vecchiaia italiano al 1° gennaio 2023 ha raggiunto il suo massimo storico: ci sono 193 anziani ogni 100 giovani. A Nord si osserva un grado di invecchiamento più consistente, che raggiunge il suo apice a Genova (273 anziani per 100 giovani); fa eccezione Milano, in cui l’indice di vecchiaia risulta al di sotto sia della media delle 14 città metropolitane sia di quella nazionale.
Anche la città metropolitana di Cagliari è molto più vecchia della media metropolitana. I territori del Sud invece sono mediamente “più giovani”, ad esclusione di Messina.
Le previsioni demografiche, in base allo scenario mediano, confermano come l’invecchiamento della popolazione proseguirà il suo percorso di rafforzamento, evidente anche in molti paesi dell’Ue.
Sulla base delle stime previsive al 2031, l’importanza relativa della popolazione di 65 anni e oltre raggiungerà nelle città metropolitane il 27,3% della popolazione totale, poco più di un cittadino su quattro.
Gli anziani aumenteranno in meno di dieci anni di oltre 700mila unità nelle città metropolitane, raggiungendo l’ammontare di 5,7 milioni. A livello nazionale si stima un incremento di 1,9 milioni di unità.
Si configura uno scenario critico per le ripercussioni sul sistema sanitario, previdenziale, assistenziale e sul mercato del lavoro che rischiano di appesantire l’intero sistema Paese.
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