Sardegna, “figli cercasi”: il ritratto di un’Isola che non ci sarà più
- 01/12/2023
- Famiglia
L’Itaca italiana per alcuni. “Inchnusa” per gli antichi greci. Sardinia all’estero. Qualsiasi sia il nome con cui la si vuole chiamare, la Sardegna è pronta ad accogliere bambini – e famiglie annesse.
Nell’ultimo anno, infatti, la Regione si è aggiudicata l’ultimo posto nella classifica italiana della natalità e il caso ha raggiunto anche i Paesi esteri. L’amministrazione regionale, per far fronte a questo problema che porta con sé anche quello dello spopolamento, ha stanziato dei fondi per incentivare le famiglie alla natalità e al trasferimento nei piccoli comuni del territorio. Una manovra che in qualche modo ha rappresentato una piccola soluzione a due problemi che in questo momento affliggono il territorio nazionale: l’inverno demografico e l’abbandono di alcune zone specifiche, quali piccoli comuni e borghi storici.
La somma complessiva di 1.537.068,80 euro è stata definitivamente autorizzata dalla Direzione generale delle politiche sociali della Regione, lo scorso 28 novembre, e sarà destinata ai nuclei familiari che risiedono o trasferiscono la propria residenza nei Comuni con popolazione inferiore a 3mila abitanti. Parliamo di poco più di 260 comuni su tutto il territorio regionale – su un totale di 377 città – e che posseggono una popolazione che può aggirarsi anche intorno ai 500-1000 abitanti.
L’iniziativa
Come riportato sul sito della Regione Sardegna, il bonus bebè è stato approvato con delibera della Giunta regionale dello scorso giugno. Si trattava di una delibera riguardante le nuove Linee guida contenenti i criteri e le modalità per la concessione di contributi nel corso del 2023 e anni successivi, a favore di tali nuclei familiari che compiono tale scelta.
La misura interviene in aiuto delle famiglie con un assegno di natalità di 600 euro mensili per il primo figlio nato a decorrere da gennaio 2022 e 2023 e di 400 euro per ogni figlio successivo al primo, indipendentemente dal valore Isee di appartenenza e in proporzione ai mesi di residenza per chi si trasferisce nei territori oggetto di agevolazioni.
Il contributo riguarda i nuclei composti da almeno un genitore residente nello stesso comune del figlio, sia esso naturale, adottato o in affido preadottivo. Sono previsti ulteriori finanziamenti per i nuovi nati, adottati o in affido nel 2024. La domanda potrà essere presentata al comune di residenza o di nuova residenza.
La denatalità sarda
L’Isola è ultima nella classifica di denatalità in Italia. A sottolinearlo sono anche i dati Istat secondo cui la Sardegna avrebbe registrato il tasso inferiore di nascite dell’intera Penisola. Si tratta, però, di una tendenza comune in tutto il Belpaese che ha toccato il picco con un record negativo per la natalità: nel 2022 le nascite sono scese a 393mila, registrando un calo dell’1,7% sull’anno precedente.
La denatalità è proseguita anche per tutto il 2023 e, come mostrano gli stessi dati, nel primo semestre dell’anno, le nascite sono circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022.
Il numero medio di figli per donna è sceso a 1,24, evidenziando una lieve flessione sul 2021 (1,25); la stima provvisoria elaborata sui primi 6 mesi del 2023 evidenzia una fecondità pari a 1,22 figli per donna. Nel 2010 il numero medio di figli per donna aveva toccato il massimo relativo registrato nell’ultimo ventennio di 1,44.
“Sardinia”: senza figli
Il fenomeno della denatalità in Sardegna è, nello specifico, diventato famoso anche all’estero. Un articolo del quotidiano britannico The Times, redatto dall’inviato Tom Kington, ha fotografato la situazione sull’Isola. “In the Sardinian town where no-one is having children” (Nella cittadina sarda dove nessuno fa figli) è il titolo. “Se non cambia nulla – si legge nell’articolo del Times – gli esperti si aspettano che la popolazione dell’isola, attualmente ferma 1,6 milioni di abitanti, si dimezzi entro il 2050”.
E proprio in merito a questo dato che il conseguente problema annesso è quello dello spopolamento dell’Isola. Oltre il bonus nascita, infatti, la Regione ha puntato anche alla ripresa economica, principale causa della fuga di molti giovani verso luoghi in cui è più facile trovare lavoro. Agevolazioni per attività produttive e mutui per la prima casa sono solo alcune delle risorse introdotte dall’amministrazione. Amministrazione che, rispetto alle altre, paga lo scotto di governare un territorio immerso in una biodiversità stupenda che, però, è oggetto di un turismo stagionale che non bilancia economicamente e non collima con denatalità e spopolamento.
Perché vivere in Sardegna
Banale, ma va ricordato: se la Sardegna attira milioni di turisti ogni anno è perché possiede un mare cristallino e paesaggi da sogno. Dalla Costa Smeralda a scendere passando per Buggerru, Chia, Villasimius, Costa Rei, per non parlare delle isole come Carloforte, Budelli, l’Asinara, Caprera e l’incredibile mare che si trova a Sant’Antioco, si potrebbe godere di queste bellezze tutto l’anno. L’isola, inoltre, proprio per la vastità dei piccoli comuni presenti, possiede tante tradizioni locali che si festeggiano con tipiche cerimonie che ricordano l’antichità e i propri antenati. Farsi carico della vita della storia locale è un dovere morale delle nuove generazioni.
Godere di piatti tipici come il porceddu arrosto, la bottarga di Cabras, ma ancora il torrone di Tonare, le Mandorle di Baressa e tanti altri prodotti e pietanze, inoltre, è possibile grazie all’elevata percentuale di locali, non sempre turistici, che conservano il vero sapore di tali prelibatezze. Il costo della vita, escluse le principali città rinomate per la presenza dei miliardari, è del 30% in meno rispetto a città come Roma e Milano. Vivere in Sardegna equivale a risparmiare in luoghi più salutari.
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