Nuove regole rooming in, al centro benessere della donna e del neonato
- 19/06/2023
- Famiglia
Cambiano le regole per il rooming in. Un termine inglese che indica la possibilità per la neo mamma di avere il neonato con sé in stanza 24 h su 24 subito dopo il parto, e di occuparsene fin dai primi momenti, con il supporto del personale sanitario. Si tratta di una pratica antica riscoperta negli ultimi decenni e che sia l’Unicef sia l’Oms raccomandano per favorire un forte legame tra madre e bimbo (bonding), per facilitare l’allattamento al seno e per agevolare la scoperta precoce di eventuali problemi del piccolo.
Alcune strutture consentono anche ai neopadri di stare in stanza senza vincoli di orario, ma questa non è la norma e la pandemia ha complicato la situazione, rendendo spesso gravoso il rooming in per la donna, che si trova da sola e senza supporto di figure familiari.
In Italia attualmente il rooming in non è obbligatorio, dipende tutto dal singolo ospedale o dalla singola clinica. Tuttavia il Ministero della Salute ha attuato strategie di promozione dell’allattamento al seno che hanno favorito una maggior diffusione della pratica.
Le nuove regole per il rooming in
Le nuove indicazioni, contenute in un documento sul tema messo a punto in un ampio tavolo di lavoro, sono state anticipate dal ministro della Salute Orazio Schillaci in un’intervista al ”Corriere della Sera’, nelle pagine del ‘Corriere Salute’, e prevedono:
• maggiore integrazione tra le figure professionali che si occupano di mamma e bambino al momento del parto
• più attenzione allo stress e al disagio materno
• verifiche delle buone pratiche.
L’obiettivo, spiega Schillaci, è quello di aumentare il “benessere neonatale, lo sviluppo delle competenze genitoriali, la riduzione del rischio di infezioni ospedaliere per il neonato”.
Più attenzione ai bisogni delle donne
Tra le novità, continua il ministro, c’è “sicuramente l’integrazione tra figure professionali. Il documento pur proponendo con convinzione il contatto pelle a pelle in sala parto e il rooming in, fa un’attenta riflessione sul fatto che le situazioni cliniche di mamma e bambino possano mutare nei primi giorni dopo il parto. Il disagio, lo stress emotivo e fisico della donna vanno riconosciuti e, se individuati precocemente dalle figure sanitarie, devono prevedere un sostegno particolare, anche psicologico, e in casi selezionati una gestione alternativa al rooming in. Il documento dà come indicazione di verificare la sicurezza delle buone pratiche postnatali, senza compromettere la relazione madre-bambino e il sostegno dell’allattamento nelle primissime ore dopo il parto”.
Infatti, per Schillaci “sicuramente le donne vanno ascoltate dagli operatori sanitari così da rendere la loro maternità più consapevole. La salute della donna però non è in antitesi con quella del neonato. Il supporto alla genitorialità deve sempre trovare un equilibrio che garantisca la salute di entrambi“’.
Le differenze geografiche in Italia
In Italia la situazione è disomogenea, sottolinea Schillaci: “Al Sud, per esempio, i tassi di allattamento esclusivo al seno risultano inferiori sia perché pratiche quali il bonding e il rooming in risultano meno diffuse, sia per l’esistenza di un atteggiamento culturale di insufficiente valorizzazione dell’allattamento”.
E se il rooming in non è mai stato in discussione, il governo ha comunque valutato che fosse necessario intervenire sulle modalità di implementazione della pratica, diverse nei vari punti nascita della penisola e a volte proposta in modo routinario o non proposta affatto a causa di difficoltà organizzative delle strutture sanitarie.
A tale proposito, conclude il ministro, “non serve più personale per strutturare la sorveglianza di mamma e bambino o per implementare il rooming in. Si tratta piuttosto di usare il personale sanitario esistente, in un sistema assistenziale meglio organizzato e integrato, con protocolli operativi condivisi”.
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