Natalità, perché la Svezia batte l’Italia ma le politiche non bastano
- 20/12/2023
- Famiglia
Svezia batte Italia. Non ad una partita di calcio, ma a una battaglia relativa alle persone comuni e al vivere quotidiano. Parliamo della natalità. Il tasso nel nostro Paese ha raggiunto un minimo storico che preoccupa le istituzioni. Diverse le misure adottate dall’attuale governo per mitigare questo inverno demografico che spopola i piccoli comuni e che porta tantissimi giovani ad espatriare. Ma ci sono Paesi che, invece, hanno dimostrato di saper essere dei validi esempi in materia.
Il Paese scandinavo con capitale Stoccolma offre dei servizi ai neogenitori che l’Italia non è ancora in grado di offrire. A raccontarlo è un italiano emigrato lì che, a ‘Secondo Welfare’, ha rivelato: “Ci siamo messi in lista d’attesa, abbiamo indicato alcune preferenze e ci hanno assegnato un posto a 200 metri da casa. Non abbiamo fatto nessuna fatica e ora paghiamo circa 150 euro al mese, che è la fascia più alta”.
Il nostro connazionale parla dell’asilo nido della figlia, il cui prezzo, in Italia, è mediamente di 300 euro al mese: il doppio. La Svezia, infatti, non ha mai avuto la reale necessità di incentivare le nascite perché, in generale, le politiche familiari hanno messo in condizione moltissime persone di mettere al mondo i propri figli senza particolari ansie economiche.
Politiche familiari
Queste, infatti, sono il primo tassello di un grande puzzle che il nostro Paese compone con difficoltà. Alle spese economiche per il mantenimento di un figlio, tra cui appunto l’asilo nido in primis, ci sono prezzi troppo alti per i beni di prima necessità di un neonato.
Le politiche familiari, però, hanno il loro ingente peso. Delle 44mila neomamme dipendenti che hanno rassegnato le proprie dimissioni nello scorso anno, il 63% ha affermato che la motivazione principale è stata la mancanza di conciliabilità tra il lavoro e il ruolo di genitore. Le equilibriste, infatti, è il termine con il quale sono state denominate in passato le neomamme lavoratrici, in bilico tra la scelta di avere un figlio e quella di tenersi strette il proprio lavoro.
‘Ma non solo una questione economica’ è come l’ha definita la ministra della famiglia Eugenia Maria Roccella, secondo la quale, a pesare sulla denatalità ci sarebbero anche dei fattori culturali. Fattori che si scontrano con una crescente disaffezione alla politiche alla governance del nostro Paese.
Il congedo parentale
Oggi, per chi ha figli in Svezia, due sono i principali: l’assegno per i figli dal primo mese successivo alla nascita fino al compimento dei 16 anni di età del bambino, uguale per tutti e pari a 1.250 corone svedesi (circa 110 euro mensili). Poi, l’indennità parentale per ogni figlio. Entrambi i genitori ricevono 480 giorni di indennità parentale per ogni figlio che vengono distribuiti a scelta dei genitori stessi e che possono essere trasferiti da un genitore all’altro fino a un massimo di 150 giorni. Di questi 480 giorni, 390 sono pagati come giorni di malattia fino a un massimo di circa 91 euro al giorno e 90 giorni sono giorni di indennità minima, che è pari a circa 16 euro al giorno. I giorni di congedo non possono essere presi contemporaneamente da entrambi i genitori, ad eccezione del primo anno di vita del bambino durante il quale, entrambi i genitori hanno la possibilità di usufruire del congedo parentale nello stesso periodo per un massimo di 30 giorni. Infine, la madre incinta può iniziare a percepire l’indennità parentale 60 giorni prima del parto previsto mentre, in occasione della nascita, anche l’altro genitore può beneficiare di un congedo temporaneo di 10 giorni per la nascita o l’adozione del bambino.
In Italia, il congedo parentale 2024 con Legge di Bilancio 2024 cambia dal 1° gennaio, prevedendo un altro mese per l’indennità all’80% spettante ai genitori lavoratori dipendenti. Ossia, nel 2024 i genitori potranno beneficiare di 10 mesi di congedo parentale, di cui due retribuiti all’80% e 8 retribuiti al 30%.
Il calo della natalità
Persino la Svezia, con il suo welfare familiare, non è stata in grado di frenare una piccola – se paragonata a quella italiana – discesa del tasso di natalità. Ciò dimostrerebbe che le politiche familiari, di cui l’esempio del congedo parentale è lampante, purtroppo non bastano. Il generale clima di incertezza, di instabilità economica e politica dell’Unione europea, insieme ad una crescente eco-ansia, fanno paura. Ai cittadini membri, alle famiglie e anche alle nuove generazioni che hanno ben capito di non avere un futuro così nitido, ma offuscato – letteralmente – da una nube, la situazione è chiara: l’insieme degli errori di chi ci ha preceduti, la convinzione che il “poi” sarebbe stato lontano, la consapevolezza di non essere in grado di fare abbastanza.
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