Nascite in caduta libera, il calo demografico in Italia non si arresta
- 21/10/2024
- Famiglia
L’Italia si trova di fronte a una crisi demografica senza precedenti, con le nascite che continuano a calare anno dopo anno. Secondo i dati diffusi dall’Istat, nel 2023 sono nati 379.890 bambini, segnando una riduzione del 3,4% rispetto all’anno precedente e una diminuzione complessiva del 34,1% rispetto al 2008, quando si registrarono oltre 576mila nascite. Questo nuovo minimo storico rappresenta l’ennesima conferma di una tendenza ormai decennale, che sembra inarrestabile. I dati provvisori relativi ai primi sette mesi del 2024 indicano che la discesa non si fermerà, con 4.600 nascite in meno rispetto allo stesso periodo del 2023, un calo del 2,1%. Il tasso di fecondità continua a scendere, con una media di 1,20 figli per donna nel 2023, un livello ben al di sotto del tasso di sostituzione generazionale di 2,1 figli per donna. Per comprendere la portata di questo fenomeno, basta confrontare i numeri: per ogni 1.000 residenti, nel 2023 sono nati solo sei bambini, un dato che riflette un’inversione di tendenza che sembra ormai cronica.
La natalità è un indicatore demografico che parla della salute di un Paese, non solo dal punto di vista sociale ma anche economico. La diminuzione dei nati vivi è sintomatica di una serie di cambiamenti strutturali nella popolazione italiana, in cui convergono fattori economici, culturali e sociali. Tra i più significativi, spicca il cambiamento nella composizione della popolazione femminile in età fertile, che si riduce progressivamente. Le donne nate durante il baby-boom, ossia tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, hanno ormai superato i 49 anni, soglia convenzionale della fine dell’età fertile. Chi oggi è ancora in età riproduttiva appartiene perlopiù al baby-bust, il periodo che ha visto la fecondità scendere al minimo storico di 1,19 figli per donna.
Ma ciò che colpisce maggiormente è la quasi totale responsabilità del calo attribuibile alle nascite da coppie italiane, che costituiscono oltre i tre quarti del totale. Nel 2023, i nati da genitori italiani sono stati 298.948, in calo del 3,9% rispetto al 2022 e del 37,7% rispetto al 2008. Un dato impressionante che evidenzia un fenomeno ormai strutturale: il tasso di natalità tra gli italiani è in caduta libera e non accenna a riprendersi. Se nel 2012 le nascite da coppie con almeno un genitore straniero rappresentavano un pilastro di stabilità per la natalità complessiva, oggi anche queste registrano un calo significativo (-25,1% dal 2012).
Le ragioni dietro il calo demografico
L’Italia si trova di fronte a una complessa rete di motivi che spiegano questa spirale discendente. In primo luogo, il contesto socioeconomico influisce profondamente sulle scelte riproduttive. La precarietà lavorativa, le difficoltà ad accedere al mercato abitativo e la crescente incertezza legata al futuro spingono molte coppie a rinviare, o addirittura a rinunciare, al progetto di avere figli. Nel 2023, il numero medio di figli per donna è sceso a 1,20, in flessione rispetto al 2022 e vicino al record negativo del 1995. A pesare, inoltre, sono i mutamenti nei modelli di formazione familiare: l’età media al primo figlio si è progressivamente alzata, con sempre più donne che posticipano la maternità, e le famiglie con più di un figlio sono diventate una rarità.
Un altro aspetto da considerare è l’evoluzione dei ruoli familiari e l’emancipazione delle donne. Se da un lato il tasso di occupazione femminile è cresciuto, dall’altro si assiste a una riduzione della propensione ad avere figli, spesso percepiti come un ostacolo alla carriera professionale. Le misure di conciliazione tra lavoro e vita privata risultano ancora insufficienti per sostenere le madri lavoratrici, soprattutto in un Paese in cui i servizi per l’infanzia, come asili nido, sono carenti o inaccessibili per molte famiglie.
Il calo delle nascite ha profonde conseguenze sul tessuto sociale ed economico italiano. Da un lato, la popolazione si invecchia progressivamente, mettendo a dura prova il sistema pensionistico e i servizi sanitari. Un Paese che invecchia più rapidamente di quanto nasca rischia di trovarsi senza sufficienti risorse umane per sostenere la sua economia, con un rapporto tra popolazione attiva e pensionati che si fa sempre più sbilanciato. Le previsioni demografiche indicano che, se non si invertirà la rotta, nel 2050 l’Italia potrebbe avere una delle popolazioni più anziane del mondo.
Il fenomeno della denatalità è distribuito in modo disomogeneo sul territorio nazionale. Nel Mezzogiorno, nonostante una lieve ripresa negli ultimi anni, il tasso di natalità rimane più basso rispetto al Nord e al Centro, dove l’emergenza è ormai consolidata. Al contrario, la Provincia autonoma di Bolzano continua a registrare il primato di fecondità in Italia, con un tasso di 1,56 figli per donna, pur in calo rispetto agli anni precedenti. La Sardegna, invece, segna il record negativo, con un tasso di fecondità sceso ulteriormente allo 0,91, un dato che evidenzia l’estremo disincanto dei giovani sardi rispetto alla prospettiva di formare una famiglia.
Come cambia la natalità
L’analisi dei dati Istat rivela anche una marcata differenza tra le nascite da genitori italiani e stranieri. Le coppie italiane rappresentano oltre i tre quarti delle nascite totali, ma sono anche quelle che hanno subito il maggior calo. Nel 2023, i nati da genitori entrambi italiani sono stati 298.948, circa 12mila in meno rispetto all’anno precedente e ben 181mila in meno rispetto al 2008. Anche le nascite da coppie miste e da genitori entrambi stranieri sono in calo, ma in misura più contenuta.
Questo fenomeno segnala un cambiamento rispetto agli anni precedenti, quando l’aumento delle nascite da donne straniere aveva contribuito a mantenere stabili i numeri della natalità. Oggi, anche queste famiglie sembrano risentire delle stesse difficoltà economiche e sociali che colpiscono le coppie italiane, con una fecondità che si è ridotta progressivamente dal 2,31 figli per donna nel 2010 a 1,79 nel 2023.
Uno degli aspetti più critici del calo demografico riguarda la difficoltà, per molte coppie, di avere un secondo figlio. Il tasso di fecondità di 1,20 figli per donna evidenzia come molte famiglie si fermino al primo figlio, e questo fenomeno non accenna a diminuire. Nel 2023, i secondi figli sono diminuiti del 4,5%, e quelli di ordine successivo sono scesi dell’1,7%. Tra le ragioni di questo stallo c’è l’allungarsi dei tempi per raggiungere una stabilità economica, un lavoro sicuro e un’abitazione adeguata, fattori che spesso portano le coppie a rinviare o addirittura a rinunciare a un ulteriore figlio.
Non è solo una questione di economia, però. Vi sono anche fattori culturali e psicologici che incidono profondamente sul comportamento riproduttivo. Le giovani generazioni sono più inclini a privilegiare percorsi di realizzazione personale e professionale, mettendo in secondo piano il progetto familiare. Il matrimonio, ad esempio, non è più percepito come una condizione necessaria per avere figli: il 42,4% delle nascite nel 2023 è avvenuto al di fuori del matrimonio, un dato che continua a crescere di anno in anno. Tale tendenza è particolarmente evidente tra i giovani, con il 61,8% delle madri under 24 che ha figli fuori dal matrimonio. Questo fenomeno è più marcato nel Centro Italia, dove la percentuale di nascite more uxorio raggiunge il 49,4%, con picchi significativi in regioni come Umbria e Lazio.
La distribuzione territoriale del fenomeno è comunque ampia. Mentre al Nord la tendenza si attesta intorno al 42,7%, il Mezzogiorno, tradizionalmente più legato ai valori del matrimonio, sta lentamente riducendo il divario con le altre aree del Paese. Sardegna e Basilicata rappresentano gli estremi opposti del fenomeno, con il record del 55% di nascite fuori dal matrimonio nella prima e appena il 29,6% nella seconda.
Il quadro che emerge dai dati Istat è quello di un Paese che sembra incapace di invertire la rotta della denatalità. La riduzione delle nascite è ormai strutturale e coinvolge tutte le componenti della società, dalle coppie italiane a quelle straniere, dal Nord al Sud. La fecondità continua a scendere, e le previsioni per il 2024 non sembrano offrire segnali di ripresa.
Quali soluzioni possono essere messe in campo per arrestare questo declino demografico? Gli esperti suggeriscono che servano politiche di lungo respiro che incentivino la natalità attraverso un sostegno concreto alle famiglie, investimenti in servizi per l’infanzia, flessibilità lavorativa e accesso alla casa. Ma non è solo una questione economica: è necessario anche un cambiamento culturale, che riporti al centro della società il valore della genitorialità e della famiglia.
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