I papà scelgono la famiglia: il 71% usa il congedo parentale esteso consentito in azienda
- 27/09/2024
- Famiglia
Parità di genere, non solo a lavoro, ma anche a casa. Per rendere questo obiettivo realizzato, proprio grazie al raggiungimento di un equilibrio condiviso tra vita privata e lavoro, servono dei sostegni reali alla famiglia.
È uno dei dibattiti più accesi in Italia, complice il calo delle nascite e le conseguenze che questo comporta sul lungo tempo al welfare e alla produttività di un Paese. Ad affrontare il problema è uno
studio del think tank Tortuga, realizzato in collaborazione con 24 aziende, che ha esplorato proprio queste tematiche e ha offerto spunti per comprendere i benefici e le criticità delle politiche di congedo dedicate ai padri.
Congedo di paternità facoltativo
Il report evidenzia che il 71% dei padri idonei nelle aziende partecipanti alla ricerca ha usufruito del congedo di paternità aziendale, una percentuale significativamente superiore rispetto alla media nazionale relativa ai congedi Inps. Le politiche aziendali offrono, in media, tra 1 e 26 settimane aggiuntive di congedo retribuito.
Tra i padri più giovani, quelli tra i 30 e i 39 anni, l’adesione sale al 75%, rispetto al 65% nella fascia d’età 40-49.
Tra i fattori che incentivano l’adesione, sono emerse come motivazioni la presenza desiderata nella vita dei figli (81%) e la volontà di supportare il partner nei primi mesi di vita del bambino (87%). Al contrario, le ragioni per cui alcuni padri non richiedono tutto il congedo disponibile includono paura di ripercussioni sulla carriera (45%) e l’elevato carico di lavoro (45%).
Impatto del congedo aziendale
Uno dei dati più interessanti del report, però, riguarda la redistribuzione del carico domestico: due padri su tre che hanno utilizzato il congedo riportano una suddivisione più equa delle responsabilità familiari.
Inoltre, il 96% dei padri sostiene di avere instaurato un legame più stretto con i propri figli, e il 95% delle partner ha riferito di sentirsi più serena grazie alla presenza del padre.
Un altro aspetto cruciale riguarda l’implicazione lavorativa: contrariamente alle paure iniziali, il 70% dei padri che hanno usufruito del congedo non ha registrato alcun impatto negativo sulla propria carriera.
Estensione del congedo a livello nazionale
Il report, così, quanto sia necessaria una vasta adesione all’idea di estendere il congedo di paternità a livello nazionale. Il 96% dei partecipanti si è dichiarato favorevole, con il 54% che suggerisce di renderlo obbligatorio.
Inoltre, il 95% dei lavoratori ha espresso il desiderio che la durata minima retribuita al 100% debba essere di almeno un mese, mentre più della metà ritiene che dovrebbe essere esteso a tre mesi.
La metodologia del report
Lo studio ha coinvolto 24 aziende, di queste 22 hanno già implementato un congedo di paternità facoltativo più lungo di quello previsto dalla legge italiana (10 giorni). La ricerca è stata condotta in due fasi principali:
- Interviste con i responsabili delle risorse umane delle aziende coinvolte per comprendere come le politiche sui congedi di paternità siano state implementate e quale sia stata la risposta da parte dell’azienda.
- Questionario distribuito a più di 1.600 dipendenti di 12 aziende, con l’obiettivo di analizzare il profilo dei beneficiari, le loro motivazioni per richiedere o meno il congedo e le opinioni sulle politiche aziendali e la loro estensione a livello nazionale.
Tortuga, alla luce di questi risultati, sostiene che il congedo di paternità obbligatorio deve essere esteso a tre mesi, con retribuzione al 100%. Inoltre, il think tank suggerisce di allargare i benefici anche ai “secondi caregiver”, includendo non solo i padri biologici, ma anche i genitori adottivi e le coppie omosessuali.
La proposta del think tank potrebbe avere un impatto positivo non solo sulle famiglie, ma anche sulla partecipazione femminile al lavoro e sulla natalità, contribuendo a superare l’attuale divario di genere e migliorando la qualità della vita familiare in Italia.
“I Paesi crescono quando le donne lavorano – ha spiegato l’onorevole Lia Quartapelle che ha contribuito alla realizzazione del report -. I figli nascono quando le donne guadagnano. In Italia, ci troviamo di fronte a un apparente paradosso: alla bassa natalità corrisponde una scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro. […] Il nostro Paese sembra essere intrappolato in una spirale di bassa natalità e bassa crescita che ha al centro la condizione economica delle donne e delle famiglie”.
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