Centri per la famiglia, Roccella: “30 milioni per implementarli”
- 09/07/2024
- Famiglia
“Devo dire la verità prima di diventare ministro nemmeno sapevo che esistessero i centri per la famiglia. Pensavo che fossero iniziative più locali e che non ci fosse una legge istitutiva. In effetti è una situazione molto sfumata. Quello che noi vogliamo fare è proprio cercare di renderla molto più focalizzata sull’assistenza alla famiglia. Io vorrei che diventassero i Caf della famiglia“. Lo ha detto la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella durante la sua audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie.
Sono 30 milioni di euro quelli che il ministero vorrebbe impiegare per l’implementazione e il funzionamento di questi centri a supporto dei cittadini. “Il mio ministero è senza portafoglio e non ho grandissime disponibilità dal punto di vista delle risorse, ma per i centri per la famiglia vogliamo mettere delle risorse consistenti, – ha sottolineato Roccella – penso intorno ai 30 milioni proprio per implementare le funzioni dei centri e moltiplicarli. Con una prima trance lo faremo sicuramente a breve per cominciare a dare impulso a questi centri e a disegnarli in una maniera più funzionale”.
L’impegno per la famiglia
“Attualmente sono molto a macchia di leopardo – ha aggiunto la ministra -: in alcune regioni ce ne sono diversi, molti in Lombardia. In Veneto sono aggregati ai consultori ed hanno un altro tipo di taglio. Noi invece vorremmo distribuirli sul territorio in maniera molto più omogenea, dandogli compiti più definiti. Dovrebbero diventare una sorta di Caf – ha poi precisato Roccella – perché spesso non riusciamo ad informare fino in fondo sui diritti delle donne, dei bambini, dei ragazzi. Il Centro per la famiglia dovrebbe diventare non solo un luogo di aiuto, ma proprio di informazione su quello che c’è a disposizione sul territorio per le persone in condizioni di fragilità”.
Ma cosa sono questi centri? Con il termine “Centri per la famiglia” si intendo gli spazi di informazione, sostegno, incontro e aiuto per e tra le famiglie. Accoglienza, ascolto, condivisione delle problematicità e valorizzazione delle competenze sono alla base del loro scopo. Oltre a fornire anche informazioni sui servizi del territorio, intervengono a sostegno della genitorialità, della maternità, del nucleo familiare.
I dati aggiornati al 2023 e forniti dai Comuni e provincie autonome italiane contavano un totale di 507 centri per le famiglie su tutto il territorio nazionale: con 137 in Lombardia, 79 Campania, 48 del Piemonte, per citare quelle che ne hanno numericamente in più.
Demografia e periferie
La ministra Roccella, toccando anche la questione demografica durante l’incontro ha ribadito che la denatalità passa anche per l’isolamento e che la solitudine di chi vive in centro lontani dalle zone più urbanizzate, può condurre anche ad una condizione di malessere.
“Denatalità e degrado sono legati e solo legati alla crescente solitudine delle persone – ha spiegato ancora Roccella -: si tratta di un problema che sta diventando centrale a livello globale e non solo europeo. Lo slabbramento delle reti parentali, che sono il primo argine al degrado, la prima rete della solidarietà, porta alla solitudine e al degrado appunto di un’area, ma anche alla perdita di vitalità ed inventiva, d’immaginazione di nuovi lavori, una frontiera che solo i giovani possono affrontare: invecchiamento e spopolamento possono creare situazioni di difficoltà”.
Cosa è cambiato rispetto al passato?
“Per lungo tempo queste problematiche sono state ricondotte ad un presunto pericolo di sovraffollamento: sono analisi partite negli anni ’60 che hanno avuto un fortissimo riscontro, a livello anche internazionale, nelle politiche di controllo della popolazione finanziate in tutto il mondo, in modo consistente, da parte di organismi internazionali. Analisi che ora la storia si sta incaricando di smentire perché siamo in una situazione diametralmente opposta: siamo a rischio spopolamento, in una situazione a livello mondiale di stasi della crescita di popolazione, e in Italia e in Europa nella situazione opposta rispetto a quella immaginata negli anni ’60, ’70: non solo di spopolamento ma anche di desertificazione in alcune aree”.
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