Scuola obbligatoria, libri facoltativi? No: 2.525 euro in otto anni
- 12 Agosto 2025
- Famiglia
Nel giro di dieci anni la spesa delle famiglie italiane per i libri scolastici è cresciuta del 13%, portando il conto medio annuo a circa 580 euro per le scuole medie e 1.250 euro per le superiori. A certificarlo è il Codacons, sulla base della relazione preliminare dell’Antitrust, che fotografa un settore in cui il giro d’affari ha toccato nel 2024 quota 800 milioni di euro. Un dato tanto più sorprendente se confrontato con l’andamento demografico: nello stesso periodo, tra il 2019 e il 2024, gli studenti sono diminuiti di quasi 600mila unità (-7%). Meno alunni, più spesa.
Le cause? Un mix di concentrazione di mercato, cambi frequenti di adozioni, nuove edizioni ricorrenti e scarso ricorso al digitale. Quattro editori – Mondadori, Zanichelli, Sanoma e La Scuola – coprono quasi l’80% delle vendite, secondo l’Antitrust. Il meccanismo di scelta aggiunge un ulteriore squilibrio: i docenti decidono quali testi adottare, ma non li pagano; le famiglie li acquistano, ma non partecipano alla decisione; gli studenti li usano, ma senza poter scegliere. Una catena di responsabilità disallineata, in cui chi sostiene la spesa non ha voce in capitolo.
La relazione segnala poi un’elevata incidenza di nuove adozioni tra un ciclo e l’altro: 35% alle medie e 40% alle superiori. A questo si aggiunge la pubblicazione annuale di nuove edizioni, pari al 10% del totale, che spesso non introducono reali innovazioni didattiche ma modifiche sufficienti a rendere impossibile il riuso dei testi. L’articolo 25 del Codice Aie – che dovrebbe definire quando un’edizione è “nuova” – è giudicato dall’Autorità “vago e difficilmente verificabile”, lasciando ampi margini interpretativi agli editori.
Le politiche di contenimento finora adottate, inclusi i tetti di spesa ministeriali e la promozione dei libri digitali, hanno avuto scarsa efficacia. Gli ebook restano una minoranza, mentre il libro cartaceo continua a dominare le scelte dei docenti. L’adozione di versioni miste (cartaceo + ebook) si traduce spesso in costi aggiuntivi, senza reali risparmi. Intanto, per molte famiglie, l’inizio dell’anno scolastico è diventato un appuntamento fisso con un esborso che cresce più della capacità di spesa.
Il peso sui bilanci familiari
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha annunciato la volontà di valutare nella prossima legge di bilancio “misure di ulteriore sostegno per l’acquisto di libri di testo”. Dal suo insediamento, ha istituito un tavolo permanente con l’Associazione Italiana Editori per cercare un equilibrio tra la qualità richiesta dai docenti e il contenimento della spesa per le famiglie. Ma, come sottolinea la stessa Antitrust, i tetti di spesa fissati dal Ministero “si sono rivelati inefficaci” in assenza di controlli concreti.
Il problema non è solo nell’entità del costo, ma anche nei tempi e nelle modalità di erogazione dei contributi previsti per i meno abbienti. Valditara riconosce la necessità di rendere più rapida la distribuzione dei fondi, oggi spesso disponibili quando l’anno scolastico è già iniziato, se non addirittura a distanza di anni. La procedura prevede che il Ministero ripartisca le risorse tra le regioni in base ai dati Istat; spetta poi alle regioni distribuirle ai Comuni, che a loro volta le erogano alle famiglie. Una catena burocratica che, nei fatti, può allungare l’attesa di mesi.
Nel 2024 e 2025 lo stanziamento del fondo per i libri destinato alle famiglie non abbienti è stato portato da 133 a 137 milioni di euro, con un ulteriore aumento a 139 milioni previsto per il 2026 e 2027. Un incremento che, a fronte di rincari costanti, rischia di essere assorbito rapidamente. La Conferenza Nazionale per il diritto allo studio, ricostituita dal ministero, punta a semplificare i processi di accesso ai contributi, ma le associazioni dei consumatori chiedono misure più incisive, come la detrazione fiscale del 19% per l’acquisto dei libri di testo, sul modello di quanto già avviene per le spese sanitarie.
Intanto, i dati dell’Adoc mostrano come i rincari continuino a pesare. Per il 2025, la spesa media prevista per un alunno di prima media è di 487,53 euro (libri e kit scolastico inclusi), mentre per uno studente di prima superiore si arriva a 685 euro, a cui si aggiungono i dizionari specialistici: 75-100 euro per il latino, 100-133 euro per il greco. Sul lungo periodo, il conto complessivo per un intero ciclo di scuola dell’obbligo (medie + superiori) sfiora i 2.525 euro solo per i testi, esclusi materiali e strumenti specifici.
Mercato bloccato
Il quadro delineato dall’Antitrust è quello di un settore poco aperto alla concorrenza e caratterizzato da regole che, di fatto, mantengono alto il prezzo di copertina. La concentrazione nelle mani di quattro grandi gruppi editoriali riduce le possibilità di diversificazione e spinge verso logiche di rinnovo continuo dei testi. La norma che consente la pubblicazione di una nuova edizione con una variazione minima del 20% – anche grafica – permette di sostituire sul mercato titoli che potrebbero essere riutilizzati per più anni.
L’effetto è la contrazione del mercato dell’usato, che oggi vale circa 150 milioni di euro, appena un quinto del totale. Le scuole adottano in larga parte testi in formato “misto” (cartaceo più ebook), ma la componente digitale è soggetta a licenze temporanee e non rivendibili. Questo taglia fuori una potenziale filiera di riuso anche per il materiale elettronico, lasciando il riciclo limitato ai soli volumi cartacei, quando le edizioni restano le stesse.
La normativa sullo sconto massimo – fissato per legge al 15% – nasceva per proteggere le librerie indipendenti, ma finisce per limitare anche le strategie di risparmio delle famiglie. I grandi rivenditori online, così come le catene di distribuzione, possono applicare promozioni solo entro quella soglia, mantenendo di fatto stabile il prezzo medio di acquisto.
Il combinato disposto di concentrazione editoriale, sconti ridotti, nuove edizioni e licenze temporanee digitali produce un mercato “bloccato”, in cui i margini di risparmio reale sono ridotti al minimo. Un contesto che, secondo le associazioni dei consumatori, richiede interventi normativi per riequilibrare il rapporto tra costi, concorrenza e diritto allo studio.
Strategie di sopravvivenza
Mentre la politica valuta interventi di medio-lungo termine, le famiglie cercano soluzioni immediate per ridurre l’impatto della spesa scolastica. Il mercato dell’usato resta la prima opzione, con risparmi potenziali fino al 50% rispetto al nuovo. Tuttavia, la verifica dell’edizione è cruciale: basta un cambio di codice ISBN per rendere un testo incompatibile con il programma, anche se i contenuti sono simili. Gruppi WhatsApp, chat di quartiere e mercatini social permettono scambi diretti a costo ridotto o nullo, aggirando almeno in parte le barriere del mercato tradizionale.
Per chi deve acquistare nuovo, la tempistica fa la differenza: catene e librerie online spesso propongono sconti estivi o buoni spesa cumulabili, ma solo per chi compra con anticipo. L’iscrizione a newsletter e programmi fedeltà può garantire accesso a codici promozionali riservati.
Sul fronte pubblico, molte regioni e comuni attivano contributi per il diritto allo studio, spesso legati all’Isee. Conoscere le scadenze e le modalità di richiesta è fondamentale per non perdere opportunità di sostegno. Alcuni territori sperimentano “biblioteche solidali” e progetti di sharing book, in cui i testi vengono prestati gratuitamente o a costi simbolici, riducendo il peso economico e promuovendo la sostenibilità.
L’Adoc insiste sulla necessità di un approccio strutturale: detrazione fiscale al 19% per le spese sui libri, promozione del riuso, investimenti sul digitale con licenze permanenti e maggiore responsabilità sociale da parte degli editori. Il rischio, altrimenti, è che il carovita scolastico diventi una discriminante nell’accesso all’istruzione, trasformando un diritto in un privilegio.