Baby-sitter: in nero, donne e specializzate, ecco come le vorrebbero le famiglie italiane
- 02/10/2024
- Famiglia
Donna, giovane e specializzata. E spesso in nero. È il profilo della baby-sitter ideale per una famiglia italiana su tre, secondo un’analisi di Nuova Collaborazione (Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico) realizzata dall’istituto di ricerche SWG, che ha indagato le abitudini delle famiglie italiane nella cura dei figli. Lo studio ha coinvolto un campione rappresentativo di 711 famiglie con almeno un figlio nella fascia d’età 0-12 anni.
Dalla ricerca emerge che le baby-sitter sono un po’ l’’ultima spiaggia’ a cui si ricorre per gestire la prole – specialmente fino ai 6 anni d’età – dopo l’aiuto di genitori e nonni. Ma rimangono comunque figure necessarie in una molteplicità di casi e situazioni.
Giovani donne, specializzate ma tenute ‘in nero’: le baby-sitter
Per un compito così delicato, le famiglie si rivolgono a giovani donne (58% tra i 18 e i 34 anni), italiane (95%) e di sesso femminile (93%), anche se c’è una crescente apertura verso figure più anziane e di origine straniera. Inoltre viene sempre più richiesta una certa professionalità oltre a competenze più allargate rispetto alla classica baby-sitter che doveva solo verificare che il bambino non distruggesse se stesso o casa, e andasse a dormire in orario.
Ora sono ricercate anche creatività e primo soccorso, oltre a saper cucinare e svolgere lavori domestici: una tendenza professionalizzante che contrasta con un’altra tendenza, quella a ricorrere alla baby-sitter in modo discontinuo e in nero.
Soltanto il 36% delle baby-sitter, infatti, è assunto con un contratto regolare, anche perché si ‘approfitta’ del fatto che il rapporto di lavoro nasce molto spesso in modo informale e saltuario, per conoscenza diretta o tramite amicizie. Quando però il rapporto si struttura in modo più continuativo, o comporta un numero d’ore rilevante, cosa che capita nel 22% dei casi, la tendenza è a regolarizzare: lo fa il 63% delle famiglie.
Per questo motivo gli italiani apprezzano molto eventuali aiuti da parte dello Stato per affrontare questa spesa: il 59% (tra le persone che attualmente non hanno una babysitter di riferimento) è favorevole ad un eventuale aiuto da parte dello Stato, il 91% a detrazioni totali.
Quanto costa al mese una baby-sitter
Ma quanto costa un aiuto di questo tipo? La spesa media oscilla tra i 250 e i 370 euro al mese in base alla tipologia di collaborazione. Con un contratto regolare, mediamente ogni mese la baby-sitter costa sui 380 euro, scende invece a 368 per chi mantiene rapporti non formalizzati. Dal punto di vista orario, chi non regolarizza tende a pagare circa 50 centesimi in più all’ora, con un compenso in nero pari a circa 10,22 euro che arrivano 9,71 euro per chi decide di contrattualizzare.
“I dati della ricerca realizzata da SWG evidenziano quanto il lavoro delle baby-sitter non venga ancora considerato dalla nostra società, nonostante l’importanza riconosciuta a queste figure per la crescente necessità di conciliare lavoro e vita privata. C’è ancora molta resistenza nel formalizzare i rapporti ma, al tempo stesso, i profili ricercati sono altamente specializzati, a dimostrazione di quanto il lavoro di cura necessiti di formazione mirata – ha dichiarato l’avvocato Filippo Breccia Fratadocchi, vicepresidente di Nuova Collaborazione.
“A questo si aggiunge la mancanza di interventi di welfare strutturati e duraturi in favore delle famiglie. Ecco perché continuiamo a ribadire la necessità di politiche di defiscalizzazione del settore del lavoro domestico che è diventato ormai fondamentale nella gestione e nella cura di tutti i nostri cari”.
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