Divorzi in aumento, seconde nozze in crescita: sempre più coppie scelgono l’accordo prematrimoniale
- 4 Giugno 2025
- Famiglia
Il matrimonio in Italia sta cambiando profondamente. Nel 2023 si sono registrate oltre 82mila separazioni e circa 80mila divorzi, secondo i dati Istat contenuti nel “Rapporto annuale 2025 – La Situazione del Paese”. Le separazioni in età avanzata sono triplicate rispetto al 2000, con una crescita sensibile oltre i 65 anni. Parallelamente, le seconde e terze nozze hanno raggiunto un massimo storico con oltre 44mila unioni, pari al 24,1% del totale dei matrimoni.
Questi numeri delineano uno scenario in cui l’instabilità coniugale non è più l’eccezione, ma un’evenienza ricorrente. Anche la durata media del matrimonio si riduce: mentre nel 1982 resistevano 938 primi matrimoni su mille a dieci anni dalle nozze, nel 2012 il dato è sceso a 854. La tendenza alla dissoluzione anticipata impone una riflessione: come si tutelano i soggetti coinvolti da un punto di vista patrimoniale e finanziario?
È in questo contesto che l’accordo prematrimoniale — strumento finora marginale nel nostro ordinamento — sta emergendo come risposta razionale a una crescente esigenza di tutela preventiva. Se in passato questo tipo di accordo era associato soprattutto a contesti anglosassoni o a patrimoni elevati, oggi trova spazio anche in un tessuto familiare frammentato e più maturo. Sempre più coppie, in particolare quelle che affrontano un secondo matrimonio, iniziano a considerarlo parte integrante della pianificazione pre-coniugale. Il quadro giuridico italiano, pur non ancora perfettamente allineato alle pratiche di altri Paesi europei, consente forme strutturate di accordo, offrendo margini di legalità e certezza.
Ambiti di validità e limiti dell’accordo prematrimoniale
Nel nostro ordinamento, l’accordo prematrimoniale è formalmente disciplinato da due riferimenti principali: l’articolo 1631 del Codice Civile e l’articolo 6 della legge 218/1995. La legge consente ai futuri coniugi di stipulare accordi scritti, in presenza di un notaio, e di registrarli presso l’Ufficio del Registro Civile. Tuttavia, la normativa impone una serie di vincoli e limiti di contenuto.
L’accordo può regolare esclusivamente aspetti patrimoniali, economici e successori. In particolare, consente di definire in anticipo:
- la spartizione dei beni comuni e personali;
- l’assegnazione delle proprietà immobiliari;
- la suddivisione delle responsabilità debitorie;
- le modalità di mantenimento economico post-separazione;
- eventuali disposizioni di tipo successorio legate al patrimonio personale o familiare.
Non è invece possibile includere clausole che riguardino la potestà genitoriale, l’affidamento dei figli o altri diritti indisponibili. Ogni disposizione che contravvenga all’ordine pubblico o alle norme imperative del diritto di famiglia viene considerata nulla. Questo limita in parte la portata dell’accordo rispetto ad altri ordinamenti giuridici, ma non ne preclude l’efficacia nei principali ambiti economici.
Un aspetto centrale è l’equità. L’accordo deve essere bilanciato e rispettare gli interessi di entrambi i coniugi. In caso di contestazioni, è il giudice a valutarne la validità formale e sostanziale. L’accordo prematrimoniale, pur non essendo equiparato ai regimi patrimoniali come la comunione o la separazione dei beni, si inserisce in un contesto di autonomia contrattuale crescente, riconosciuta dalla giurisprudenza recente come compatibile con i principi della disciplina matrimoniale.
Le categorie più esposte ai rischi patrimoniali nelle unioni
L’interesse crescente verso gli accordi prematrimoniali in Italia è fortemente legato alla trasformazione del tessuto economico. Sempre più persone entrano nel matrimonio con attività professionali autonome, imprese familiari o patrimoni costruiti individualmente. In questi casi, una separazione può determinare conseguenze economiche gravi se non sono state adottate misure di prevenzione.
Per liberi professionisti, imprenditori e titolari di partita Iva, l’accordo prematrimoniale rappresenta uno strumento essenziale di tutela. Consente, ad esempio, di escludere dalla comunione beni aziendali, macchinari, marchi registrati o partecipazioni societarie. Allo stesso tempo, può stabilire con precisione l’entità di eventuali compensazioni economiche o di partecipazione agli utili, nel caso in cui il coniuge non titolare contribuisca in modo rilevante all’attività.
In assenza di un simile accordo, il rischio è che un giudice – in sede di separazione – imponga una divisione degli utili o delle quote patrimoniali che non rispecchi l’effettivo apporto dei coniugi. Questo vale soprattutto in contesti dove il confine tra beni personali e beni della famiglia risulta sfumato. La tutela preventiva assume quindi un valore strategico, non solo affettivo, ma giuridico e patrimoniale.
Il portale Matrimonio.com rileva un aumento di richieste di consulenza legale in fase pre-matrimoniale, segno che la sensibilità sul tema sta crescendo anche tra i non addetti ai lavori. Soprattutto tra le seconde nozze o nelle unioni in età adulta, dove gli asset patrimoniali sono spesso già consolidati, le coppie mostrano una maggiore propensione alla pianificazione patrimoniale.
Maturità relazionale e pianificazione
L’accordo prematrimoniale viene spesso percepito come un ostacolo alla spontaneità del matrimonio. Ma in realtà si colloca su un piano opposto: quello della responsabilità condivisa. In un contesto demografico in cui l’età media si allunga e le condizioni di salute e partecipazione sociale oltre i 65 anni sono in netto miglioramento, le decisioni economiche assunte in età matura hanno conseguenze rilevanti, anche sul lungo periodo.
Nel 2023, la quota di over 65 è del 21,6% per gli uomini e del 26,3% per le donne. La soglia anagrafica, però, è sempre meno indicativa di una condizione di inattività: molte persone in questa fascia d’età sono ancora lavorativamente o patrimonialmente attive. Il matrimonio, in queste situazioni, non è solo una scelta affettiva, ma anche una decisione che incide sulla trasmissione di beni, sull’assetto ereditario e sulla gestione delle risorse familiari.
L’accordo prematrimoniale consente alle parti di discutere e chiarire in anticipo aspettative e responsabilità. In un’ottica moderna, questo tipo di patto va considerato un atto di trasparenza, non un segnale di sfiducia. Esplicitare gli aspetti patrimoniali contribuisce a ridurre il rischio di conflitti futuri, specie in presenza di figli avuti da precedenti unioni, patrimoni ereditati, immobili cointestati o attività economiche individuali.
Il contratto non elimina la possibilità di modifiche future. In caso di mutati assetti economici o familiari, è possibile rinegoziare le clausole, sempre nel rispetto delle condizioni legali. La disponibilità a confrontarsi apertamente sul futuro, anche quello meno desiderabile, è oggi considerata una componente essenziale della progettazione familiare. Il prenup, in questa logica, non è più un’eccezione, ma una prassi destinata a consolidarsi.