Brasile, fino a 40 anni di carcere per femminicidio
- 31/10/2024
- Mondo
Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha ratificato una legge che trasforma il femminicidio in un crimine specifico, incrementando le pene per i crimini di violenza contro le donne. La nuova legislazione, promossa dalla senatrice Margareth Buzetti e approvata dalla Camera, rappresenta un passaggio storico per il Brasile dove i femminicidi e gli abusi di genere sono ancora un’emergenza nazionale.
Femminicidio come crimine autonomo e pene più severe
La legge inserisce il femminicidio nella categoria dei “crimini atroci” e innalza la pena massima per questo reato da 30 a 40 anni di carcere, la più alta consentita dal codice penale brasiliano. Fino al 2015, il femminicidio era considerato solo un’aggravante del reato di omicidio, senza uno status autonomo che ne riconoscesse appieno la gravità e l’impatto sociale. La nuova legge obbliga inoltre chi è condannato per crimini contro le donne a scontare almeno parte della pena senza possibilità di libertà vigilata anticipata.
Pene inasprite anche per altri reati di genere
Oltre all’inasprimento delle pene per il femminicidio, la legge incrementa le sanzioni per altri reati contro le donne. Ad esempio, le pene per aggressione fisica salgono da un minimo di due a un massimo di cinque anni, mentre le minacce di genere – ossia minacce rivolte alle donne solo in quanto tali – prevedono ora una condanna raddoppiata rispetto alla norma.
Inoltre, il testo prevede che coloro che hanno commesso reati contro le donne siano esclusi da incarichi pubblici o elettivi, per impedire loro di ricoprire ruoli di potere e rappresentare la pubblica amministrazione.
I numeri sui femminicidi in Brasile
Secondo dati recenti, il Brasile registra uno dei più alti tassi di femminicidio al mondo: nel 2022, il Paese sudamericano ha registrato oltre 1.300 femminicidi. La senatrice Buzetti, promotrice della legge, ha affermato che il sistema educativo e la società brasiliane hanno fallito nel prevenire tali crimini, sostenendo che “forse la punizione è l’unico modo per educare uomini violenti”. A sua volta, la ministra per le Pari Opportunità Cida Gonçalves ha definito la legge “fondamentale per un Brasile libero dal femminicidio e dall’impunità”.
Nel primo semestre del 2023, il Brasile ha registrato un allarmante aumento dei femminicidi, con un totale di 722 casi, segnando un incremento del 2,6% rispetto ai 704 casi dello stesso periodo nel 2022. Questo dato, fornito dal Forum Brasiliano sulla Sicurezza Pubblica, rappresenta il numero più alto di femminicidi dal 2019. Particolarmente preoccupante è la situazione nel sud-est del paese, dove i casi sono aumentati del 16%, con San Paolo che ha visto un incremento del 33,7%. In media, in Brasile vengono uccise 4 donne al giorno.
Misure culturali di prevenzione
Oltre all’aspetto punitivo, il governo di Lula ha sottolineato l’importanza di iniziative preventive e culturali per ridurre la violenza di genere.
Tra le iniziative previste, programmi di sensibilizzazione nelle scuole e campagne di informazione pubblica sono mirati a promuovere il rispetto e l’uguaglianza di genere, nonché a fornire risorse per il supporto delle vittime di violenza domestica.
Pene internazionali per il femminicidio: differenze nel mondo
Le pene per femminicidio variano molto nel mondo. Restando in America Latina, il Messico prevede fino a 60 anni di reclusione per femminicidio, con una pena media tra le più alte a livello globale. Anche in Argentina le pene sono molto severe, con una condanna che può arrivare all’ergastolo.
Spesso, nei Paesi europei il femminicidio viene considerato un omicidio aggravato: in Francia è punito con pene fino all’ergastolo, in Germania, non esiste una specifica categoria legale per il femminicidio; tuttavia, l’omicidio può essere punito con pene fino a 15 anni, ma in caso di omicidio aggravato (che potrebbe includere il femminicidio), la pena può arrivare all’ergastolo.
In Italia, il femminicidio rientra nelle aggravanti dell’omicidio, ma è stato istituito il Codice Rosso, una misura che assicura interventi rapidi per proteggere le vittime di violenza domestica e di genere. La legge italiana prevede pene detentive fino a 24 anni per femminicidio, ma spesso vengono comminate pene più alte per aggravanti specifiche come la premeditazione.
Pene più alte diminuiscono i femminicidi?
L’inasprimento delle pene per i crimini di femminicidio, come quello appena introdotto in Brasile con la firma del presidente Lula, risponde a una domanda pressante: l’aumento delle pene è davvero efficace per ridurre i casi di violenza di genere? Questo dibattito è globale e complesso, poiché gli studi indicano che l’aumento delle condanne non sempre riduce i tassi di femminicidio, se non si affrontano altre problematiche strutturali. Il discorso può essere esteso alla generalità dei reati, con le varie differenze del caso.
In Paesi come il Messico, l’introduzione di pene più severe non ha portato a una significativa diminuzione dei femminicidi. Secondo Lisa Sánchez, direttrice di México Unido Contra la Delincuencia, le riforme potrebbero persino risultare inefficaci senza un miglioramento nel sistema investigativo e giudiziario. Nel Paese sudamericano solo il 5% degli omicidi porta effettivamente a una condanna, un dato che evidenzia come la vera sfida stia nella capacità di perseguire efficacemente questi crimini. Esperti come Caroline Beer, professoressa all’Università del Vermont, suggeriscono che, senza risorse per formare investigatori e magistrati specializzati, le misure punitive rischiano di restare simboliche, senza effetti significativi sui tassi di violenza.
Anche in Italia, i dati sottolineano come l’aumento delle pene per il femminicidio introdotto nel 2019 abbia avuto un impatto limitato se non accompagnato da misure preventive e di sostegno. Secondo Istat, nel 2022 i reati contro le donne sono persino aumentati rispetto all’anno precedente, suggerendo la necessità di una strategia più articolata che comprenda supporto alle vittime, sensibilizzazione e maggiore rapidità di intervento. Osservando l’andamento annuale degli omicidi volontari commessi nel triennio, si evidenzia come dopo un lieve incremento delle vittime di genere femminile relativamente all’anno 2022, tale trend nel 2023 si inverte.
Infatti, a fronte dell’aumento totale degli eventi, che nel 2022 passano da 123 a 130 (6%), emerge una diminuzione delle vittime donne che, nel 2023, scendono da 130 a 117 (-10%). Relativamente al periodo che va dal primo gennaio al 30 giugno 2024, sono stati registrati 141 omicidi, con 49 vittime donne, di cui 44 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 24 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner.
Analizzando gli omicidi del periodo sopra indicato rispetto a quello analogo dello scorso anno, il numero degli eventi è in diminuzione, da 176 a 141 (-20%), come pure è in calo il numero delle vittime di genere femminile, che da 62 scendono a 49 (-21%). Tuttavia, i femminicidi continuano a rappresentare una piaga sociale del nostro Paese, spesso collegata a una carenza di protezione preventiva delle donne e alla immaturità affettiva del genere maschile.
In questo scenario globale, Paesi come la Finlandia hanno seguito una strada diversa. Piuttosto che puntare esclusivamente sull’aumento delle pene, hanno implementato misure di supporto psicologico, formazione e reinserimento sociale per i potenziali aggressori. Questa scelta ha mostrato risultati positivi nel lungo periodo, riducendo i casi di recidiva. L’evidenza storica e le analisi criminologiche, infatti, indicano che politiche che includono misure preventive possono risultare più efficaci nel contrastare crimini di genere, poiché affrontano le cause profonde della violenza, come l’emarginazione socioeconomica e la mancanza di sensibilizzazione sui diritti.
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