Aumentano gli immigrati cittadini italiani, ma molti vogliono andar via
- 04/09/2023
- Popolazione
Nel 2022 hanno acquisito la cittadinanza italiana 133.236 stranieri (50,9% donne, 49,1% uomini), il 9,7% in più rispetto al 2021, anno in cui si sono registrati 121.457 nuovi cittadini italiani. A rivelarlo sono i dati Istat in base ai quali, in media, 1 straniero su 38 è diventato cittadino italiano nel corso del 2022.
Nell’ultimo decennio si è passati dai minimi del 2012 (65.383) ai picchi del 2015 con 178.035 e del 2016 con 201.591 acquisizioni, per poi scendere a 146.605 nel 2017 e a 112.523 nel 2018, prima di risalire, anche se lentamente, durante gli ultimi quattro anni.
Sul totale degli immigrati, in Italia la distribuzione di genere è equilibrata dato che ci sono 95 donne ogni 100 uomini. Il bilanciamento generale cela però forti squilibri all’interno delle specifiche collettività: per ucraini e russi la componente femminile supera il 75% della presenza totale, alcune collettività, come quelle del Bangladesh, egiziana e pakistana, risultano invece sbilanciate al maschile e la percentuale di donne si aggira tra il 28% e il 34%.
Nel 2021, in Italia, aveva un permesso di soggiorno valido il 47% dei migranti entrati nel Paese nel 2007. Gli ucraini sono i più stabili sul territorio, i cinesi i meno stabili. Di questi ultimi solo il 6,8% ha ottenuto la cittadinanza italiana tra il momento dell’ingresso, il 2007, e il 2021.
Tra chi è arrivato in Italia nel 2012 o nel 2016 la quota di chi ha un documento ancora valido al 1° gennaio 2021 si aggira intorno al 35%. Una tendenza molto interessante è sottolineata da integrazionemigranti.gov secondo cui la propensione a stabilirsi in Italia è più bassa tra gli immigrati arrivati in Italia nell’ultimo decennio.
Acquisizioni di cittadinanza in Europa
In base agli ultimi dati disponibili di Eurostat, che si riferiscono al 2021, la Svezia è il Paese europeo con il più alto tasso annuo di acquisizione di cittadinanza, pari a 1 ogni 10 stranieri residenti, seguita dai Paesi Bassi (1 ogni 19) e dalla Romania (1 ogni 22).
In questa speciale classifica l’Italia si posiziona al nono posto e dal 2014 al 2021 è sempre oscillata fra il quinto e il decimo posto per rapporto tra stranieri residenti e stranieri che acquisiscono la cittadinanza.
Più da vicino, i dati Eurostat ci dicono che nel 2021 2,3 milioni di persone sono immigrate nell’Unione europea da Paesi extracomunitari e 1,4 milioni di persone che precedentemente risiedevano in uno Stato membro Ue si sono trasferite in un altro Stato membro, per un totale di 3,7 milioni di immigrati internazionali.
Nel 2021, il maggior numero di persone immigrate è stato registrato in Germania (874.000 persone, il 23% di tutti gli immigrati negli Stati membri dell’UE), Spagna (529.000, il 14%), Francia (336.000, il 9%) e Italia (318.000, il 9%). Gli immigrati in questi quattro Stati membri rappresentano il 55% del totale Ue nel corso del 2021. Slovacchia (6mila, lo 0,2% di tutti gli immigrati in Ue), Lettonia (13mila, lo 0,3%), Malta (18mila, lo 0,5%) ed Estonia (20mila, lo 0,5%) hanno registrato il minor numero di immigrati.
Una grande maggioranza degli immigrati è costituita da non cittadini in molti Stati membri. Nel 2021, riporta ancora l’Istituto europeo di statistica, oltre la metà degli immigrati era non cittadino in 22 dei 27 Stati membri. Le percentuali più elevate sono state osservate in Repubblica Ceca (96%), Lussemburgo (94%) e Austria (92%). D’altra parte, in Romania, il 77% degli immigrati nel 2021 aveva la cittadinanza nazionale, seguita da Portogallo (75%) e Slovacchia (65%).
Integrazione degli immigrati in Italia
Per definire i contorni delle prospettive demografiche collegate all’immigrazione, bisogna andare oltre agli sbarchi, che quest’anno stanno segnando numeri record. L’analisi deve guardare al rapporto che gli immigrati hanno con l’Italia e le loro intenzioni per il futuro, quando, conti alla mano, il Belpaese avrà ancora più bisogno di immigrati per sostenere economia e welfare sempre più minacciati dall’invecchiamento della popolazione.
Riguardo al processo di integrazione, come rileva il Rapporto Annuale Istat 2022 “Famiglie, stranieri e nuovi cittadini”, tra gli alunni stranieri delle scuole secondarie il 78,5% pensa in italiano, anche se con eloquenti differenze tra le diverse generazioni migratorie. La quota tra gli alunni stranieri nati in Italia o arrivati in età prescolare è molto più elevata rispetto a chi è arrivato tra i 6 e 10 anni o a 11 anni e più: 84,1% contro, rispettivamente, il 70,3% e il 49,3%.
Si deve inoltre osservare una sostanziale differenza tra i ragazzi che rientrano tra i potenziali beneficiari dello ius scholae (quindi nati Italia o arrivati prima dei 12 anni, con almeno 5 anni di frequenza scolastica) e gli altri. Considerando i ragazzi che rientrano tra i potenziali interessati dalle nuove norme discusse dalla politica, l’84,4% pensa in italiano, mentre tra coloro che non potrebbero comunque accedere – anche con l’introduzione dello ius scholae – la quota di coloro che pensa nella nostra lingua è del 60,7%. Si tratta di statistiche importanti per qualificare il rapporto dei giovani immigrati con il Paese.
Rispetto all’autovalutazione delle competenze, circa 3 su 4 dichiarano di parlare e leggere molto bene l’italiano e ancora di più sono quelli che pensano di comprenderlo molto bene. Meno numerosi sono, invece, quelli che ritengono di scriverlo altrettanto bene.
Immigrazione e prospettive demografiche in Italia
Al 1° gennaio 2020 erano oltre 1 milione i minorenni nati in Italia da genitori stranieri (di seconda generazione), il 22,7% dei quali (oltre 228mila) ha acquisito la cittadinanza italiana. Tra il 2011 e il 2020 quasi 400mila ragazzi stranieri hanno acquisito la cittadinanza per trasmissione dai genitori e nello stesso periodo si sono registrate oltre 57mila acquisizioni di cittadinanza per elezione da parte di nati in Italia al compimento della maggiore età.
Dal 2018 al 2020 si è registrato un aumento costante e importante delle cittadinanze acquisite per residenza, mentre sono calate di poco ma costantemente quelle acquisite per matrimonio. Dal 2019 risultano in calo anche le acquisizioni iure sanguinis e per elezione.
Nel 2021, le famiglie con almeno uno straniero erano 2 milioni e 400mila, il 9,5% del totale. Di questi quasi 3/4 hanno tutti componenti stranieri mentre è mista poco più di una famiglia su quattro.
Più della metà delle famiglie con almeno uno straniero vive nel Nord del Paese, circa un quarto nel Centro e la restante parte nel Mezzogiorno (18,7%).
Passando all’aspetto economico degli immigrati, l’11,3% degli alunni stranieri delle scuole secondarie giudica la propria famiglia abbastanza o molto povera, mentre si colloca nella fascia intermedia “né ricca né povera” l’84,1% degli stranieri e l’86,3% degli italiani. Si sentono abbastanza o molto ricchi invece il 4,5% degli stranieri, meno della metà del 9,7% registrato tra gli italiani.
Il rapporto Istat evidenzia che il 39,1% degli stranieri ha percepito il peggioramento della situazione economica durante la pandemia contro il 28,7% degli italiani.
Infine, valutando le prospettive future degli immigrati, “Il futuro mi affascina” è la risposta fornita dal 51,6% dei ragazzi stranieri, ma per le ragazze la percentuale è molto più contenuta mentre assume maggiore rilievo la modalità “il futuro mi fa paura”, scelta dal 38,5% delle alunne e dal 24,0% degli alunni.
Ciò che più rileva in prospettiva demografica è dove si vedono questi giovani nel futuro e molti di loro si vedono altrove. La percentuale degli studenti stranieri di scuole superiori che vuole vivere all’estero è del 59% contro il 42% degli italiani. Questo desiderio è molto più diffuso tra le ragazze (66,3%) rispetto ai coetanei maschi (52%). Anche tra gli italiani si registra un andamento analogo: il 48,4% delle ragazze da grande vorrebbe vivere all’estero contro il 35,8% dei ragazzi.
Integrazione, condizioni economiche e prospettive future sono tutte questioni di cui la politica dovrà occuparsi per evitare lo slogan: l’Italia non è un Paese per giovani, donne ed immigrati.
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