Giovani imprenditori italiani alla riscossa: il fenomeno EET
- 28/10/2024
- Giovani
Un sorprendente e positivo cambiamento sta attraversando il panorama economico e lavorativo italiano. I protagonisti di questa svolta sono i giovani imprenditori italiani, definiti EET (Employed Educated and Trained) nel nuovo focus Censis-Confcooperative. In un contesto dove il tasso di disoccupazione giovanile resta una preoccupazione, questi ragazzi tra i 15 e i 29 anni si stanno distinguendo come veri e propri “anti-NEET”, ribaltando il destino di un’intera generazione. Hanno scelto di reinventarsi con l’autoimprenditorialità, costruendo nuove opportunità lavorative in settori tecnologici e innovativi, che non solo sfidano la crisi, ma tracciano un percorso di crescita per l’Italia.
Gli EET, un fenomeno in crescita
A colpire è la consistenza di questo movimento: 144mila giovani hanno scelto di avviare attività indipendenti, dando vita a un microcosmo in cui l’autoimprenditorialità rappresenta non solo una via d’uscita dalla disoccupazione, ma un’affermazione di competenze e ambizioni. Il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, celebra questa “occupazione di nuovo conio”, sottolineando come questi giovani si collochino in un’economia delle competenze, che vede crescere la domanda di capitale umano qualificato.
L’evidente successo di questi EET è visibile in ogni angolo d’Italia. Il Sud, dove il tasso di disoccupazione giovanile ha storicamente raggiunto livelli più elevati, rappresenta il 35,4% delle nuove iniziative imprenditoriali giovanili. Una percentuale rilevante, che testimonia la capacità dei giovani del Mezzogiorno di rispondere alla mancanza di occupazione con la creazione di attività locali, dinamiche e spesso connesse ai settori emergenti. Seguono il Nord Ovest con il 28,5%, il Centro con il 16,7% e il Nord Est con il 19,4%, dimostrando che il fenomeno è distribuito lungo tutta la penisola, con variazioni legate alle opportunità economiche specifiche delle singole regioni.
Il numero dei giovani occupati ha raggiunto quota 3 milioni, contribuendo al PIL con un valore di 52,2 miliardi di euro, pari al 2,5% del totale. Ma ciò che distingue gli EET dagli altri giovani lavoratori è la capacità di generare profitti non solo per sé stessi, ma anche per il contesto in cui operano, portando innovazione e freschezza a settori finora dominati da figure professionali senior. Fra questi settori spiccano quelli della pubblicità e ricerche di mercato (+228,7% di imprese giovanili tra il 2017 e il 2024), i servizi di consulenza gestionale (+206,4%) e la produzione di software e consulenza informatica (+52,4%), dimostrando che l’interesse dei giovani si focalizza sempre più su ambiti ad alto valore tecnologico e di competenza.
I settori trainanti dell’economia giovanile
Questa generazione è capace di far emergere settori economici che le generazioni precedenti non avevano sviluppato allo stesso modo. La pubblicità, ad esempio, ha visto l’ingresso di numerosi giovani imprenditori, che rappresentano oggi il 20,2% del totale delle aziende attive nel settore, segnalando un aumento del 12,3% dal 2017. In parallelo, anche settori culturali e creativi, come la produzione cinematografica, televisiva e musicale, registrano un incremento del 65,9%. La crescita nel software e nei servizi postali evidenzia la diversificazione e l’adattamento degli EET ai bisogni emergenti, offrendo prodotti e servizi digitali in grado di cavalcare i cambiamenti sociali e tecnologici.
La nuova economia delle competenze si fonda su un alto livello di specializzazione. Un dato interessante che emerge è l’aumento del 3,1% degli occupati con laurea o post-laurea, che oggi costituiscono il 23,5% del totale degli occupati giovani. La scelta formativa e il percorso educativo sono quindi fattori fondamentali per inserirsi in questi settori ad alta intensità tecnologica. Di pari passo, si registra una diminuzione del 2,7% degli occupati con la sola licenza media, segnale di una marginalizzazione delle competenze di base. Questa tendenza evidenzia come il mercato richieda sempre più competenze avanzate, portando a una ristrutturazione dell’economia nazionale verso settori a elevato valore aggiunto e tecnologico.
Questa trasformazione apre una sfida cruciale per l’Italia: quella di adattare il sistema formativo alle esigenze di un’economia imperniata su innovazione e competenze specifiche. Non farlo comporterebbe un rischio di disallineamento strutturale tra domanda e offerta di competenze. La stabilità del numero di diplomati, che rappresentano il 59,9% dei giovani occupati, evidenzia l’importanza di politiche formative che promuovano percorsi diversificati e che rendano l’istruzione superiore accessibile, senza dimenticare il problema delle disparità di genere, che si riflette ancora in un divario occupazionale di 10,4 punti percentuali tra uomini e donne.
La crisi dei settori tradizionali e l’ascesa dei settori tecnologici
Nonostante la crescita in settori emergenti, alcune aree tradizionali stanno perdendo terreno, con decrementi significativi nelle attività ricreative, sanitarie e commerciali. Il commercio al dettaglio e le attività di ristorazione, settori che storicamente hanno offerto occupazione giovanile, registrano rispettivamente un calo del 32,7% e del 31,8% tra il 2016 e il 2023. La decrescita nelle attività di sanità e assistenza sociale, con un calo del 40,2%, riflette le sfide che alcuni settori stanno affrontando per mantenere il passo con le nuove esigenze del mercato. Di conseguenza, è in atto una riduzione generale del numero di imprese giovanili tradizionali, con un calo del 16,9% tra i titolari di impresa under 30.
Sebbene la tendenza mostri una contrazione complessiva degli imprenditori giovani, l’aumento delle imprese giovanili in settori tecnologici suggerisce che, piuttosto che un disinteresse per l’imprenditoria, stiamo assistendo a una selezione naturale verso ambiti più innovativi. Gli EET rappresentano una risposta a un modello di lavoro ormai superato, dove l’impiego stabile era visto come il culmine del percorso professionale. Ora i giovani ambiscono a un’imprenditoria che rispecchi le loro competenze e passioni, andando oltre le aspettative tradizionali.
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