Terapie intensive pediatriche insufficienti in Italia: dove i bambini non hanno posti letto
- 29/12/2023
- Welfare
Terapie intensive pediatriche insufficienti in Italia. Questo è il dato che è emerso dalla fotografia scattata dalla Società di anestesia e rianimazione neonatale e pediatrica italiana (Sarnepi), in un articolo pubblicato su The Lancet. In Italia, il numero di posti letto dedicati ai bambini in terapia intensiva (PICU) è di solo 273. Il totale dei pazienti di età compresa tra 1 e 18 anni è di 9.788.622. Questo significa che esiste un letto PICU ogni 35.856 pazienti. Ben lontano dallo standard che si raccomanda possa essere il più consono e che prevederebbe 85% della copertura.
A risentirne particolarmente, però, sono alcune regioni italiane che non dispongono minimamente di tale servizio di base. Il caso limite è quello della Sardegna, isolata dal resto della penisola, la regione non dispone di un posto letto per la terapia intensiva pediatrica. Questo vuol dire che un bambino che dovesse aver bisogno di ricovero ospedaliero in terapia intensiva dovrebbe essere spostato (urgentemente) dall’Isola sul territorio della Penisola.
L’Italia che preoccupa
Ben 16 regioni italiane hanno 25 punti percentuali in meno di posti letto consigliati dagli standard europei. La carenza di posti letto in terapia intensiva nelle macroaree italiane è pari al 67,3% al Sud, al 42,3% al Nord e al 2,2% al Centro. Ciò comporta una carenza di posti PICU pari al 44,4%. La disparità geografica potrebbe peggiorare la condizione delle regioni italiane che stanno subendo un processo di spopolamento.
Perché far nascere un figlio in questi posti potrebbe essere un vero e proprio rischio per la salute: servizio pubblico garantito dalle amministrazioni regionali e, quindi, anche dal Governo nazionale.
Migliorare la distribuzione territoriale di posti letto dedicati alla terapia intensiva pediatrica, aumentarne il numero su tutto la Nazione e assicurarsi un ammodernamento dei macchinari, dovrebbe rappresentare un obiettivo primario, in un Paese che sta vivendo il calo storico più importante per le nascite. Ciò si aggiunge a quelle che sono delle carenze di servizi minimi che, in assenza di bonus alla natalità sostanziosi, alla disparità di genere nel mondo lavorativo e all’impossibilità di conciliare “lavoro” e “casa” dei neogenitori, rischiano di minare la cultura, lo sviluppo e l’economia del Paese.
Il Mezzogiorno
Come riportato da AboutPharma.com, gli anestetisti pediatrici Carmelo Minardi (Policlinico Vittorio Emanuele di Catania), Giorgio Conti (Irccs Policlinico Gemelli di Roma), Andrea Moscatelli (Irccs Gaslini di Genova), Simonetta Tesoro (ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, in pensione) e Leonardo Bussolin (ospedale Meyer di Firenze, presidente Sarnepi) hanno denunciato questa carenza.
La più significativa è quella nel Mezzogiorno, regione italiana nella quale 55 posti letto disponibili sono il 67,3% in meno rispetto al dato atteso di 168. Il Nord ne ha 128 a confronto con i 222 richiesti: il 42,3% in meno. Nel Centro, il numero si avvicina di molto a quello richiesto dagli standard (90 su 92), tenendo conto dell’attuale tasso abitativo molto basso in alcune zone interne.
Il dato porta alla conclusione che i bambini dovrebbero essere ricoverati in terapie intensive per adulti i cui posti letto, come insegnato dalla pandemia, potrebbero non essere sufficienti per gli adulti stessi. La mancanza di un censimento strutturale potrebbe addirittura portare queste stime a scendere nel nostro territorio e ciò significherebbe deludere le aspettative di milioni di neogenitori – sempre più assenti – che si ritroverebbero ad essere costretti ad abbandonare il proprio territorio d’origine per trasferirsi in città “migliori” da un punto di vista sanitario.
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