Quale futuro per la sanità italiana?
- 25/10/2024
- Welfare
“La vera emergenza oggi in Italia è il Servizio Sanitario Nazionale”. Con queste parole Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, sintetizza un quadro drammatico tracciato dal settimo Rapporto annuale sul Ssn. I dati dipingono una situazione allarmante: divario crescente nella spesa sanitaria pubblica rispetto alla media europea, un personale medico sempre più demotivato e migliaia di cittadini che rinunciano alle cure per motivi economici. Le attese infinite, i pronto soccorso sovraffollati e la mobilità sanitaria verso le regioni del Nord sono solo alcuni dei sintomi di un sistema ormai in grave sofferenza. “Il Ssn è prossimo al punto di non ritorno e i princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi”, avverte Cartabellotta, mettendo in guardia sui rischi di una crisi sanitaria senza precedenti che colpisce in particolare i più vulnerabili: anziani, persone a basso reddito e chi risiede in aree meno servite.
Un divario di spesa che minaccia la salute pubblica
Il rapporto Gimbe evidenzia un significativo divario nella spesa sanitaria pubblica tra l’Italia e gli altri Paesi dell’Unione Europea, pari a 889 euro pro capite. Tale differenza genera un deficit complessivo di circa 52,4 miliardi di euro, cifra che indica un rallentamento del finanziamento pubblico e una crescente dipendenza dalle spese sanitarie private, che sono aumentate del 10,3% negli ultimi anni. Nonostante la pandemia abbia temporaneamente accelerato il supporto al Ssn con un incremento di 11,6 miliardi di euro, questo aumento è stato interamente assorbito dai costi della crisi sanitaria e non ha permesso un rafforzamento strutturale del sistema. Con le attuali previsioni del Piano strutturale di Bilancio, il rapporto spesa sanitaria/PIL continuerà a diminuire nei prossimi anni, dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027.
Questa progressiva riduzione della spesa sanitaria pubblica solleva dubbi sul rispetto dei princìpi fondamentali di universalismo, equità e uguaglianza che da sempre caratterizzano il Ssn. Secondo Cartabellotta, i Governi passati hanno considerato la spesa sanitaria come un costo da contenere piuttosto che un investimento strategico, preferendo aumentare i sussidi individuali per garantire il consenso elettorale a scapito della spesa pubblica.
Il prezzo delle disuguaglianze regionali e sociali
Il rapporto evidenzia disparità evidenti tra Nord e Sud Italia, con sole 13 regioni in grado di rispettare i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) nel 2022. In particolare, Basilicata e Puglia sono le uniche regioni meridionali a rientrare negli standard, pur posizionandosi nella parte bassa della classifica. Questa frattura Nord-Sud non solo ostacola l’accesso ai servizi sanitari nelle regioni del Sud, ma rischia di essere aggravata ulteriormente dalla legge sull’autonomia differenziata, che, secondo Cartabellotta, potrebbe avere conseguenze catastrofiche, soprattutto nelle aree interne e svantaggiate. Con l’aumento della mobilità sanitaria, le regioni settentrionali, più attrezzate e meglio finanziate, diventano il fulcro di una crescente migrazione sanitaria che, solo nel decennio 2012-2021, ha generato un deficit di 10,96 miliardi di euro per le regioni meridionali.
Le conseguenze economiche di questo fenomeno sono gravi, non solo per le famiglie che devono affrontare spese aggiuntive per accedere a cure di qualità, ma anche per i bilanci delle regioni del Mezzogiorno, ulteriormente impoverite dalla migrazione sanitaria verso il Nord.
Lo stato di avanzamento del Pnrr e la necessità di un piano di rilancio
Al 30 giugno 2024, il raggiungimento dei target europei del Pnrr ha garantito all’Italia l’accesso ai fondi comunitari, ma l’attuazione dei progetti mostra già segni di disuguaglianze regionali. Secondo i dati del quarto Monitoraggio Agenas, solo il 19% delle Case di Comunità, il 59% delle Centrali Operative Territoriali e il 13% degli Ospedali di Comunità sono stati attivati a livello nazionale, con ritardi significativi nelle regioni del Sud. Inoltre, sebbene il target intermedio di assistenza domiciliare per gli over 65 sia stato raggiunto a livello nazionale, tre regioni meridionali non hanno soddisfatto gli obiettivi.
Questi ritardi nella realizzazione delle infrastrutture sanitarie suggeriscono una mancanza di risorse e capacità organizzativa nelle regioni più svantaggiate, mettendo in discussione l’efficacia del Pnrr nel ridurre le disuguaglianze di accesso ai servizi sanitari.
Il piano di rilancio del Ssn
Di fronte a una crisi ormai strutturale, la Fondazione Gimbe propone un piano di rilancio del Ssn articolato in 13 punti, che mira a riformare profondamente il sistema sanitario italiano. Innanzitutto, è cruciale integrare la salute in tutte le politiche pubbliche, posizionandola come priorità per il benessere sociale ed economico. Ciò implica una governance più forte tra Stato e Regioni per garantire un accesso uniforme ai Lea e un finanziamento adeguato per il Ssn, allineato agli standard europei.
La prevenzione e la promozione della salute devono diventare obiettivi primari, così come il potenziamento del personale sanitario attraverso formazione e valorizzazione professionale. È essenziale anche rafforzare la ricerca clinica, ridurre sprechi e inefficienze e promuovere un’integrazione tra servizi sanitari e sociosanitari. Inoltre, l’informazione alla popolazione è fondamentale per aumentare la consapevolezza civica riguardo al valore del Ssn. La digitalizzazione dei servizi e il supporto alla sanità integrativa sono altri aspetti chiave, mirando a un sistema che integri il pubblico e il privato in modo complementare.
L’importanza della prevenzione e la riduzione della spesa
Uno degli aspetti più preoccupanti del rapporto riguarda il calo della spesa per la prevenzione, che nel 2023 è scesa di ben 1.933 milioni di euro rispetto all’anno precedente, con una riduzione del 18,6%. Questo decremento rappresenta un ulteriore segnale del sottofinanziamento del Ssn e delle difficoltà delle regioni a investire in un settore considerato differibile. Tuttavia, come sottolinea Cartabellotta, tagliare oggi sulla prevenzione avrà un costo elevatissimo in termini di salute pubblica negli anni futuri.
La prevenzione è infatti una componente fondamentale della sanità pubblica, capace di ridurre a lungo termine la pressione sui servizi sanitari e i costi associati alle malattie croniche. Un sistema sanitario che investe in prevenzione può contribuire a migliorare la qualità della vita dei cittadini, ridurre le disuguaglianze e contenere i costi nel lungo periodo.
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