Pensioni d’oro, l’Ocse all’Italia: “Vanno tassate di più, serve contributo di solidarietà”
- 23/01/2024
- Welfare
Tassare di più le pensioni d’oro per assicurare alla popolazione italiana un futuro più equilibrato e un sistema che si regga in piedi. Questo è il consiglio che l’Ocse dà al Belpaese nell’Economy Survey sull’Italia dove l’organizzazione sottolinea che nel 2023: “La crescita è stata resiliente ma sta rallentando”, mentre le stime per il 2024 e 2025 “sono contenute”.
Le previsioni indicano un pil in crescita dello 0,7% nel 2023 e 2024 e dell’1,2% nel 2025, come previsto a novembre. Uno scenario che l’Ocse descrive così: “L’economia ha superato bene le recenti crisi, ma la crescita sta ora rallentando a causa dell’inasprimento delle condizioni finanziarie”, chiarisce l’Organizzazione.
Il nodo del debito pubblico
La crisi demografica non lascia margine di manovra sulle pensioni, in un meccanismo che aggrava il già enorme debito pubblico nostrano. Quest’ultimo è il punto più delicato nell’analisi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che ricorda come per l’Italia il debito pubblico sia pari al 140% del Pil, nonché “il terzo più elevato dell’Ocse”.
Ma quanto peserà, in prospettiva, l’invecchiamento della popolazione sul debito pubblico italiano?
A quantificarlo, ci pensa la stessa Organizzazione: “La spesa pubblica derivante dai costi legati all’invecchiamento della popolazione e al servizio del debito in percentuale del pil dovrebbe aumentare di circa 4,5 punti percentuali nel periodo compreso tra il 2023 e il 2040”.
Il governo Meloni ha provato a rallentare questa emorragia disincentivando l’uscita anticipata dal lavoro, ma comunque nel 2050, in Italia, il numero di pensionati raggiungerà quello dei lavoratori (stime Istat). Risulta quindi evidente la necessità di un intervento massiccio che vada oltre le pensioni e abbracci l’intero sistema. Lo sottolinea anche l’Ocse, che ammonisce: “È necessario attuare riforme fiscali e della spesa per contribuire a portare il debito su un percorso più prudente.
Al fine di ridurre il debito pubblico in maniera durevole, a partire dal 2025, la priorità assoluta per la politica fiscale italiana consiste nell’assicurare il risanamento dei conti pubblici portando avanti tale attività per svariati anni. È necessario, inoltre, contenere l’aumento della spesa salvaguardando al contempo gli investimenti pubblici al fine di ridurre al minimo gli effetti collaterali negativi sulla crescita”.
Quest’anno la spesa pensionistica è stimata al 16% del Pil a quota 340 miliardi di euro. In base alle leggi attuali, nel prossimo biennio l’incidenza sul prodotto interno lordo dovrebbe restare invariata ma in valore assoluto toccherà i 350 miliardi nel 2025 e i 360 miliardi nel 2026.
La soluzione è il contributo di solidarietà
L’approccio del governo Meloni è ben visto dall’Ocse, secondo cui l’Italia dovrebbe rivedere la spesa pensionistica con lo stop graduale agli schemi di anticipo, ma non solo. Anche la scelta di applicare la rivalutazione delle pensioni al 100% solo per gli assegni che non superano di 4 volte la soglia minima è condivisa dall’organizzazione internazionale, che spiega: “La parziale de-indicizzazione delle pensioni elevate dovrebbe essere mantenuta nel breve termine, ma sostituita nel medio termine da una tassa sulle pensioni elevate che non sono correlate a contributi pensionistici pregressi”.
Questo “contributo di solidarietà” è il punto di svolta del rapporto Ocse che consiglia di mantenerlo “fino a quando il reddito relativo dei pensionati non sarà allineato alla media Ocse”.
Con le attuale prospettive demografiche, non si scorgono altre soluzioni all’orizzonte, ancora di più considerando che “le prossime spending review – che attualmente si prefigge un risparmio annuo pari a circa lo 0,2% del pil – dovranno diventare più ambiziose”.
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