È allarme carenza pediatri di famiglia
- 23/05/2024
- Welfare
Un segnale d’allarme risuona nel panorama sanitario italiano: la carenza di pediatri di famiglia sta diventando sempre più critica, con conseguenze significative per la salute dei nostri bambini. Un recente studio condotto dalla Fondazione Gimbe ha messo in luce una situazione preoccupante: al primo gennaio 2023, si stima che ci sia una mancanza di 827 pediatri di libera scelta, con una distribuzione disomogenea tra le diverse regioni del Paese.
Una fotografia dell’Italia
Al primo gennaio 2023, si registra una significativa carenza di professionisti nel settore, con un’accentuata disparità regionale. Il Nord del Paese, in particolare Lombardia, Piemonte e Veneto, affronta la maggior parte delle carenze, mentre altre regioni come Lazio, Molise, Puglia e Umbria mostrano una situazione più favorevole con una media di assistiti per pediatri inferiore a 800.
Una delle cause principali di questa carenza è rappresentata dai pensionamenti imminenti nel settore: tra il 2023 e il 2026, 1.738 pediatri raggiungeranno l’età pensionabile, creando un vuoto che sarà difficile da colmare. Questo scenario è aggravato da problemi burocratici, eccessivo carico di lavoro per i pediatri esistenti e mancanza di risposte tempestive da parte delle ASL.
Secondo quanto previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale, il numero massimo di assistiti di un pediatra di famiglia è fissato a 880, con deroga nazionale di ulteriori 120 scelte temporanee (residenti in ambiti limitrofi, non residenti, extracomunitari). Tuttavia, esistono inoltre deroghe regionali e locali che portano a superare i 1.000 iscritti: indisponibilità di altri pediatri del territorio, fratelli di bambini già in carico ad un pediatra. «In realtà – commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – il numero di 1.000 assistiti non potrebbe essere superato in quanto la determinazione del massimale di scelte è stabilita dall’Accordo collettivo nazionale (Acn), come previsto dalla legge 502 del 1992, e non è derogabile dalle Regioni o dalle singole Asl”.
Il report della Fondazione Gimbe ha sollevato l’allarme sulle carenze dei pediatri di famiglia, ma i numeri potrebbero essere inferiori grazie ad un’imminente chiusura dell’Accordo Collettivo Nazionale di categoria. Secondo nuove stime della Federazione italiana medici pediatri, il rapporto ottimale pediatra-assistiti sarà di 1 a 850, riducendo significativamente il numero di carenze previste. Il presidente della Fimp, Antonio D’Avino, concorda sull’importanza di definire i fabbisogni assistenziali a livello delle ASL e delle Regioni, ma sottolinea la difficoltà nel prevedere quanti specializzandi diventeranno pediatri di famiglia, poiché molte alternative professionali sono possibili anche dopo la specializzazione in pediatria del territorio.
Pediatra di famiglia in Italia
La normativa italiana stabilisce che fino al sesto anno di età, i bambini devono essere assistiti obbligatoriamente da un pediatra di libera scelta. Dall’età di 6 ai 13 anni, i genitori hanno la possibilità di scegliere tra un pediatra e un medico di medicina generale. Al compimento dei 14 anni, la revoca automatica del pediatra è prevista, salvo per i pazienti con patologie croniche o disabilità documentate, per i quali può essere richiesta una proroga fino al compimento del sedicesimo anno.
Queste regole, se da un lato contrastano con il ruolo tradizionale del pediatra come tutore della salute dei bambini fino ai 14 anni, dall’altro rappresentano una sfida per la pianificazione accurata del fabbisogno di pediatri di famiglia. La carenza di pediatri di libera scelta, soprattutto nelle regioni settentrionali, deriva da errori nella programmazione del fabbisogno, come la mancata sincronia tra i pensionamenti previsti e le borse di studio per la specializzazione.
Secondo Cartabellotta per affrontare efficacemente questa sfida, è necessario adottare una programmazione del fabbisogno che tenga conto di tre elementi cruciali:
- ridefinire la fascia di età di esclusiva competenza dei pediatri,
- disporre di stime accurate sul numero di pediatri che scelgono questa specializzazione,
- considerare il fenomeno della denatalità nel medio e lungo periodo.
Inoltre, sono necessari modelli organizzativi che favoriscano il lavoro di squadra, l’attuazione concreta delle riforme dell’assistenza territoriale previste dal PNRR, accordi sindacali che supportino il ricambio generazionale e una distribuzione equa dei pediatri sul territorio nazionale.
Guardando al futuro, con i pensionamenti previsti, non è garantito che i nuovi pediatri saranno sufficienti a garantire un adeguato ricambio generazionale, accentuando inevitabilmente la carenza in alcune regioni. È quindi essenziale agire tempestivamente e in modo coordinato per garantire un’assistenza sanitaria di qualità a tutti i bambini italiani, ovunque si trovino.
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