‘Donne, lavoro e sfide demografiche’, lo studio di Fondazione Gi Group e Valore D
- 15/05/2024
- Welfare
Occupazione femminile e natalità, due facce della stessa medaglia. Ne è convinta Chiara Violini, presidente della Fondazione Gi Group che ha aperto i lavori dell’evento ‘Donne, lavoro e sfide demografiche’ di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding in collaborazione con Valore D, con la presentazione dell’omonimo studio. Nella giornata di ieri, infatti, le due realtà hanno ospitato al Palazzo del Lavoro a Milano un tavolo di confronto per promuovere possibili soluzioni capaci concretamente di favorire occupazione, carriere femminili e scelte di genitorialità.
Quello di ieri, ha spiegato la presidente, “è il secondo grande studio che abbiamo avviato. Il primo lo abbiamo fatto a settembre scorso sui giovani, l’altro grande tema del nostro Paese. Abbiamo quindi cercato di leggere il tema dell’occupazione femminile con la natalità perché non possiamo permetterci di affrontare questi problemi in modo separato. Le correlazioni non sono banali, lo studio ce lo fa capire e aiuta a individuare le best practice per potere arrivare a un cambiamento. Anche questo studio applica una visione allargata, ad altri Paesi europei, e con oggi possiamo avere un ulteriore passo di quella trasformazione che è dentro la nostra missione di fondazione”.
Dello stesso parere è anche Barbara Falcomer, direttrice generale Valore D, secondo la quale “sul tema dell’occupazione, del calo demografico il nostro compito è quello di tenere alta l’attenzione sempre, tutti i giorni di ogni singolo anno, perché è un tema di sostenibilità sociale e di sostenibilità economica per il nostro Paese. Attualmente le aziende – ha continuato – fanno molto, ma da sole non ce la possono fare, serve una collaborazione sempre più stretta tra pubblico e privato. Questo studio però può rappresentare una road map, una bussola”.
E per orientarsi in quello che è il mondo dell’occupazione femminile, degli incentivi aziendali e della natalità, esperti di settore si sono confrontati sul tema.
Lo studio Gi Group e Valore D
Rossella Riccò, responsabile dell’Area studi e ricerche della Fondazione Gi Group, ha discusso i risultati dello studio ‘Donne, lavoro e sfide demografiche. Modelli e strategie a sostegno dell’occupazione femminile e della genitorialità’. Ha evidenziato come l’Italia abbia il tasso di occupazione femminile più basso in Europa, che diminuisce ulteriormente con la nascita di un figlio. Così come è alto il tasso di inattività femminile e il più alto tasso di part time involontario tra le donne. A questo ne consegue il tasso di fecondità in calo, un carico di cura eccessivo e un problema culturale diffuso sul tema.
In Italia “la combinazione di congedi ben pagati, vuol dire pagati almeno al 65%, con la garanzia di posti nei nidi o nella prima infanzia; quindi, che coprono il bambino da quando nasce a quando entra nella scuola obbligatoria, è la più bassa in assoluto – ha sottolineato l’esperta – Siamo l’unico Stato in Europa, oltre a Malta, Irlanda e Islanda, a non garantire il servizio educativo e sociale per i bambini nell’età 0-6 anni. Cosa fanno invece Germania e Svezia? La combinazione di congedi maternità e parentali ben pagati, la copertura e la garanzia dei servizi. Questo va a rendere pari al zero la necessità di scelta da parte delle famiglie, dall’età di zero anni all’ingresso nella scuola dell’obbligo. La Germania rende obbligatorio per i bambini l’entrata in una scuola dell’infanzia dai 3 anni ed è gratuito”.
Il parere degli esperti
Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt, dal canto suo ha sottolineato l’importanza di soluzioni personalizzate per diverse organizzazioni, in particolare per affrontare le sfide dell’occupazione femminile ha evidenziato tre punti chiave:
1. Ristrutturazione dell’orario di lavoro.
2. Mancanza di un mercato del lavoro di cura.
3. Flessibilità e non standardizzazione, in particolare per l’occupazione femminile che richiede una certa conciliazione e flessibilità, soprattutto durante la maternità.Per rispondere a “esigenze specifiche”, conclude l’esperto, “si potrebbe, per esempio, convertire tutto il premio di produzione preso a fine anno, soltanto per chi ha carichi di cura di figli e di anziani, in ore di lavoro liberate”.
A intervenire sul tema, anche il demografo Alessandro Rosina, professore di Demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano che ha evidenziato il doppio svantaggio competitivo del nostro Paese rispetto agli altri paesi europei. Il primo svantaggio è il rapporto squilibrato tra le vecchie e le giovani generazioni, che indebolisce la forza lavoro e potrebbe frenare la crescita economica. Il secondo svantaggio è il sottoutilizzo dei giovani e delle donne, che non solo impedisce la valorizzazione delle loro competenze, ma contribuisce anche alla bassa natalità. A questo si aggiunge il fatto che l’Italia ha la maggior percentuale di giovani Neet (Not in Education, Employment or Training): “Ci batte solo la Romania – sottolinea il demografo – E se un giovane è nella condizione di Neet, come fa a formare una propria famiglia avere dei figli, diventare autonomo? Continuerà a rinviare continuamente questa scelta. Abbiamo quindi un doppio problema: pochi giovani, li sottoutilizziamo perché non investiamo su di loro e, di conseguenza, si produce ulteriore denatalità che va a indebolire la forza lavoro futuro, oltre che a penalizzare l’occupazione femminile”.
Ma anche una questione culturale, ha spiegato lo scrittore Alessandro D’Avenia, secondo il quale: “I riti e le narrazioni che caratterizzano in questo momento la parità di genere maschile e femminile sono insufficienti, ovvero abbiamo narrazioni, racconti, interpretazioni di questa unidualità che non sono adeguati, tanto che ci sono degli scompensi chiarissimi dall’una e dall’altra parte. Mi piace allora rispondere con una cosa che avevano i greci. I greci avevano tra il singolare il plurale, il duale, che era né un singolare né un plurale, la vista, per esempio”.
“Genitorialità condivisa”
Ulrike Sauerwald, responsabile del Centro Studi di Valore D, ha evidenziato, infine, l’importanza del supporto alle persone per adottare un modello di genitorialità condivisa. Ha rilevato che molte aziende stanno estendendo la durata del congedo di paternità, con alcune che lo hanno raddoppiato o addirittura esteso fino a 90 giorni. Nello studio presentato, è stato fondamentale raccogliere il punto di vista delle imprese per comprendere come gestiscono l’occupazione femminile. L’attenzione è stata posta sia sulle grandi imprese multinazionali che sulle piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale dell’Italia, impiegando il 55% dei lavoratori. Sauerwald ha inoltre sottolineato l’importanza della flessibilità nel lavoro, come lo smart working per i lavoratori d’ufficio, e altre iniziative di flessibilità per i lavoratori della grande distribuzione. “Quando i people manager sono formati e capaci di affrontare con serenità queste conversazioni – ha concluso -, questo dà un grandissimo beneficio per la gestione” dell’ansia da maternità che impedisce la libera scelta di una donna.
Tinagli: “Necessario cambiamento culturale”
L’onorevole Irene Tinagli, presidente della commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo, è intervenuta su un punto significativo del dibattito: “l’importanza di un cambiamento culturale per migliorare l’inclusione delle donne nelle decisioni economiche e familiari”. L’onorevole ha osservato che nel 65% dei casi, il budget familiare è gestito dall’uomo, e molte donne mostrano poco interesse per le questioni finanziarie. Irene Tinagli ha anche rilevato che, all’inizio del suo mandato, tutte le autorità e agenzie economiche europee erano guidate da uomini. Tuttavia, dopo aver facilitato i requisiti e coinvolto attivamente le persone, la maggior parte delle posizioni di vertice delle agenzie economiche europee sono ora guidate da donne.
Conclude sottolineando l’importanza di questi ruoli di leadership femminile per aprire la strada a politiche che aiutino le future generazioni di donne. Sottolinea l’importanza di portare la finanza alle donne per colmare il divario di genere e coinvolgere più donne nell’economia e nei processi finanziari a tutti i livelli. Questi ruoli servono per “aprire la strada a politiche che aiutino altre generazioni di donne. Ora che abbiamo portato delle donne in finanza – ha concluso Tinagli – dobbiamo portare la finanza fra le donne per colmare quel gap, avere più donne in ruoli di rilievo per coinvolgere tutte le donne nell’economia e nei processi finanziari a tutti i livelli”.
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