Asia Cogliandro: “Fatta fuori perché incinta”, un altro caso di discriminazione nel volley italiano
- 29 Luglio 2025
- Welfare
Messa da parte perché incinta. Asia Cogliandro, centrale 29enne del Perugia Volley, ha denunciato in un’intervista a La Stampa di essere stata “fatta fuori” subito dopo aver comunicato la gravidanza alla società. La sua testimonianza evidenzia un problema strutturale nel volley femminile italiano e più in generale nel mondo del lavoro, dove i diritti delle donne in gravidanza rimangono spesso lettera morta.
Asia Cogliandro, cosa è successo
La vicenda è iniziata a gennaio 2025, quando l’atleta ha informato il direttore sportivo della sua gravidanza. Alle iniziali congratulazioni sono seguite richieste sempre più pressanti: lasciare l’alloggio fornito dalla società e restituire parte delle mensilità già percepite. Cogliandro ha proposto soluzioni alternative come la sospensione del contratto, mansioni d’ufficio o la gestione dei social media, ma la società ha insistito per la rescissione.
Il suo contratto di collaborazione coordinata e continuativa rappresenta il cuore del problema. Questa forma contrattuale, utilizzata dalla maggior parte delle squadre di Serie A1 per le atlete italiane, non garantisce le tutele previste per i professionisti, rendendo più semplice il recesso unilaterale in caso di gravidanza. Solo le donne straniere possono firmare contratti professionistici, mentre le italiane restano nel dilettantismo di alto livello, prive di previdenza sportiva specifica.
Il precedente di Laura Lugli
Il caso Cogliandro non è isolato nella pallavolo italiana. Nel 2018, il club Volley Pordenone (successivamente denominato Maniago Pordenone) chiese a Laura Lugli fu chiesto di restituire gli stipendi ricevuti dopo l’annuncio della gravidanza. La società friulana non solo si rifiutò di pagare lo stipendio di febbraio 2019 dopo che l’atleta aveva comunicato la gravidanza, ma citò Lugli per danni.
La vicenda risale alla stagione 2018-19, quando Lugli militava nella squadra di Serie B-1 che puntava ai playoff. A marzo 2019, dopo aver comunicato alla società di essere incinta, il contratto fu immediatamente interrotto secondo le prassi del volley femminile italiano. Un mese dopo, la pallavolista ebbe un aborto spontaneo, ma lo stipendio di febbraio – periodo in cui aveva regolarmente giocato e si era allenata – non le fu mai corrisposto.
Un problema di sistema
Dal punto di vista normativo, la situazione presenta diverse contraddizioni. Il “Fondo maternità atlete” del Coni, attivo dal 2022, dovrebbe rimborsare parzialmente le società che mantengono l’ingaggio durante la gravidanza. Tuttavia, l’adesione rimane volontaria e molte realtà medio-piccole lo ignorano o preferiscono rescindere per contenere i costi.
La Fipav (Federazione Italiana Pallavolo) ha annunciato un’istruttoria interna per verificare eventuali violazioni dei regolamenti che vietano discriminazioni legate alla maternità.
Parallelamente, in Senato è stata depositata un’interrogazione per estendere le tutele alle collaboratrici sportive. Queste reazioni istituzionali dimostrano la rilevanza nazionale del caso.
Mentre l’Italia celebra i successi della Nazionale femminile di pallavolo, episodi come quello di Cogliandro allontanano gli sponsor sensibili alla responsabilità sociale e avviliscono le donne che vogliono intraprendere questo percorso. Nel Paese europeo con il più basso tasso di natalità, permettere alle sportive di non dover scegliere tra carriera e famiglia diventa una leva di inclusione fondamentale, considerando che il 20% delle neomamme smette di lavorare dopo il parto.
Riforma del lavoro sportivo
La riforma del lavoro sportivo entrata in vigore nel luglio 2023 offre nuove possibilità. Le società possono ora optare per contratti subordinati che coprono malattia, infortunio e gravidanza, ma la migrazione verso forme più tutelanti procede lentamente, come dimostra il caso Cogliandro.
Le prospettive future includono una possibile causa civile per discriminazione di genere, la pressione mediatica per rendere effettivo il Fondo maternità e la promozione di contratti professionistici anche per le atlete italiane. Ogni sviluppo della vicenda potrà diventare un precedente giuridico decisivo per le tutele di gravidanza nello sport femminile italiano.