Perché l’identità di genere non può essere paragonata a una ipotetica “identità di età”
- 10/06/2024
- Trend
Sentirsi ventenni quando si hanno 50 anni non è proprio uguale al sentirsi diverso dal corpo che si occupa e con il quale si è nati. Perché l’identità di genere non è un capriccio, non è un atteggiamento e neanche una tendenza. Non va di moda scegliere di affrontare una transizione. Sottoporsi a cure mediche ormonali non è come andare all’ufficio anagrafe e chiedere di cambiare l’anno di nascita. La transizione sessuale è normata dalla legge italiana ed è una questione legata ad aspetti fisiologici e psicologici molto complessi, oltre che legali: perché a differenza del cambio di età, il cambio di genere è previsto dal nostro ordinamento giuridico. Infatti, quello italiano è stato uno dei primi a fornire una disciplina del procedimento di rettificazione del sesso mediante l’introduzione della Legge 14 aprile 1982, n. 164, che riconosce alla persona transessuale di ottenere la modifica del sesso attribuito alla nascita e riportato nei registri anagrafici.
Ma a far sorgere il dubbio che le due cose possano essere messe sullo stesso livello è stato il Generale Roberto Vannacci, candidato e neoeletto con la Lega del ministro dei Trasporti Matteo Salvini, alle elezioni europee 2024. A margine della conferenza stampa nella sede dell’Associazione della Stampa Estera a Roma, negli scorsi giorni, ha detto: “Ognuno è libero di fare quello che vuole finché non prevarica il buon senso della maggioranza. L’ideologia di genere che vorrebbero imporre fosse insegnata nelle nostre scuole, ad esempio, è una prevaricazione del senso comune. Il fatto che, se io domani mi sveglio e mi sento una donna mi devono chiamare come una donna, è un altro esempio. Allora rivendico l’identità di età. Se domani mi sveglio e mi sento un ventenne mi devono cambiare l’età, e posso andare in banca e chiedere un mutuo. Quello che non conta, secondo alcune teorie mistificatorie, è la percezione. Ma o lo si applica per tutto o per niente. Perché mi posso percepire di un sesso differente e non di un’età diversa? Mi dica la differenza! Qual è la logica che c’è dietro questa differenza?”. Rispondiamo alla sua domanda.
Storia e studi dell’identità di genere
Partendo dalla più antica delle espressioni di questo fenomeno bisogna chiarire subito una cosa: l’omosessualità è sempre esistita. Nell’antica Grecia, ad esempio, era considerata cosa molto diffusa e non ci si preoccupava di doversi nascondere o vergognare. Un “vizio morale” lo è diventato solo nel Medioevo per poi trasformarsi in una patologia clinica alla fine dell’Ottocento. Ma è alla fine degli anni Novanta che fu rimossa dalla classificazione dei disturbi mentali dall’Organizzazione Mondiale della sanità.
Nonostante siano state identificate due varianti genetiche più frequenti nei gay, il loro significato è ancora scientificamente discutibile e la ricerca ancora non è stata in grado di fornire le prove per confermare che sia legata a un fattore biologico. In “Biologia dell’omosessualità. Eterosessuali o omosessuali si nasce, non si diventa”, si legge che “Studi accurati, ormai piuttosto solidi, di biologia, genetica e neuroendocrinologia puntano con sempre maggior convinzione a una spiegazione biologica dell’orientamento sessuale. Più le conoscenze avanzano, più appare chiaro che omosessuali (o eterosessuali) si nasce, non si diventa. Ma per gli omosessuali, data la diffidenza ancora forte nella società e l’omofobia dilagante, questo significa spesso dover riconoscere la propria natura al prezzo di grandi sofferenze, sensi di colpa e recriminazioni. Una migliore comprensione dei meccanismi biologici che stanno alla base dell’orientamento sessuale può dunque portare a un’accettazione più ampia dell’omosessualità nella società e ridurre così le sofferenze inutili che troppe persone hanno patito per troppo tempo”. A scriverlo è Jacques Balthazart, tra i più accreditati studiosi di neuroendocrinologia legata alla sessualità”. Un libro intitolato “57 teorie sull’omosessualità”, inoltre, ha spiegato che il cervello degli uomini omosessuali è diverso da quello degli uomini eterosessuali, e presenta delle somiglianze con quello delle donne eterosessuali. L’inverso è valido per le donne lesbiche. Fu questa la scoperta del neuroscienziato Simon LeVay, che nel 1991 studiò 17 cervelli di omosessuali defunti e 19 cervelli di eterosessuali defunti, pubblicando un articolo sulla rivista Science. LeVay aveva notato che il terzo nucleo interstiziale dell’ipotalamo anteriore era più grande negli eterosessuali.
Le “terapie riparative”, inoltre, si sono dimostrate sempre inutili e dannose psicologicamente. L’orientamento sessuale si stabilizza nella maggioranza dei casi prima della pubertà, ma è differente dall’identità di genere e dal sesso biologico.
Differenza tra identità d’età e identità di genere
Dinanzi alle parole del Generale Vannacci risalenti agli scorsi giorni, i giornalisti basiti non hanno trovato le parole giuste per rispondere al suo quesito: “Ditemi che differenza c’è tra l’identità di genere e quella d’età”. Bene, la risposta è più semplice di quello che sembra: l’età è un dato biologico. Ringiovanire, per quanto sia desiderio comune, non è possibile, mentre l’identità di genere può cambiare nel corso del tempo perché è legata ad un processo evolutivo della mente e dell’uomo. Quella dell’identità è un fenomeno complesso che riguarda sia il legame che si instaura nei primi anni di vita con le figure primarie, sia attraverso contesti relazioni che si vivono crescendo. Per farla breve: non è solo una questione di percezione.
Inoltre, il Generale ha parlato del fenomeno come qualcosa che riguarda una minoranza e che prevarica il maggior senso comune. Se per senso comune si intende ciò che pensa la maggior parte delle persone, però, allora anche in questo caso il Generale va smentito. Il 61% degli italiani si dice infatti favorevole al matrimonio egualitario e il 64% sostiene la legalizzazione delle adozioni per le coppie omosessuali. “A livello globale – si legge in un report Ipsos del 2023 che ha preso in esame 30 Paesi e oltre 22mila persone – circa due terzi affermano che le coppie dello stesso sesso hanno la stessa probabilità di altri genitori di crescere i figli con successo e che dovrebbero avere gli stessi diritti di adottare bambini delle coppie eterosessuali”.
Negli ultimi due anni, inoltre, il sostegno all’adozione tra persone dello stesso sesso è aumentato notevolmente in Francia, Colombia e Perù. L’Italia, nel caso si volesse circoscrivere il fenomeno al senso comune nazionale, è tra i Paesi che ha registrato un +5% rispetto al 2021. Ad essere maggiormente favorevoli sono per lo più le donne (69%), rispetto agli uomini (59%) e una certa differenza si riscontra anche tra generazioni, con la Gen Z favorevole al 71%, Millenial al 66%, Gen X al 60% e Boomer al 59%. Quindi, anche se l’opinione dei cittadini italiani vede favorevole l’adozione a coppie omosessuali, la legge non la prevede, così come non possono ricorrere a fecondazione assistita e, nel caso abbiano avuto dei bambini all’estero, questi risultano figli solo del genitore biologico. A pensarla diversamente dal senso comune, quindi, è – tra gli altri – proprio il Generale Vannacci.
L’importanza di introdurre la materia a scuola
La famosa “educazione all’affettività”, inoltre, si è resa ancora più urgente dopo la pubblicazione dei dati del report “Le ragazze stanno bene? Indagine sulla violenza di genere onlife in adolescenza” di Save the Children, dalla quale è emerso che per il 43% degli adolescenti, se davvero una ragazza non vuole avere un rapporto sessuale, il modo di sottrarsi lo può trovare. Il 29% degli adolescenti intervistati, inoltre, ritiene che le ragazze possano contribuire a provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire o di comportarsi. Il 30% crede che la gelosia sia segno d’amore.
In molti Paesi europei, l’educazione sessuale è obbligatoria nelle scuole e il programma prevede anche formazione sull’uguaglianza di genere e affettivo-sessuale che devono essere assicurate in tutti i cicli scolastici. L’Oms dice che già dalle elementari i bambini dovrebbero “imparare il concetto di sesso accettabile, volontario, paritario, adeguato all’età e al contesto, caratterizzato dal rispetto di sé”. Perché è importante? “Per aumentare la consapevolezza della sessualità come dimensione globale della persona, nei vari aspetti: biologico-riproduttivo, psico-affettivo e socio-relazionale e per incrementare le informazioni corrette su temi legati al periodo di crescita degli studenti e delle studentesse”, scrive Save The Children.
In sintesi, se l’identità di genere ha ricerche a supporto che testimoniano la necessità di dibatterne, di includerla nelle scuole come materia di studio, di approfondirla e supportarla dal punto di vista psicologico ed è normata dalla legge italiana, quella relativa all’età resta solo una provocazione politica.
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