Italiani in allarme su pensioni, figli, lavoro: urgente un patto tra generazioni
- 24 Giugno 2025
- Talk | Demografia: patto tra generazioni
Un Paese che invecchia, fa meno figli e si sente in bilico tra insicurezza economica e disorientamento sociale. È l’immagine dell’Italia che emerge dal sondaggio “Demografia, un patto tra generazioni”, realizzato da Adnkronos Q&A tra il 20 maggio e il 19 giugno su circa 4.700 risposte raccolte online. Un campione non statistico, ma numericamente rilevante, che restituisce la percezione diffusa di una società alle prese con un cambiamento profondo e irrisolto. Preoccupazione per il futuro, sfiducia nel sistema pensionistico, fragilità occupazionali e un disagio generazionale che si allarga: il quadro che ne esce non è un semplice allarme, ma un invito a intervenire subito. Lo hanno sottolineato gli interventi di Maria Cecilia Guerra (Pd) e Antonella Sberna (FdI), offrendo visioni complementari ma convergenti su un punto: la questione demografica non è un tema laterale, ma la vera frontiera politica del nostro tempo.
Il sondaggio Adnkronos
Sette domande, sette indicatori di una nazione che si sente fragile. A emergere dal sondaggio Adnkronos non è solo una preoccupazione generica per l’andamento demografico, ma un vero e proprio cortocircuito tra aspettative individuali e realtà collettive. Alla domanda “L’invecchiamento della popolazione è un problema?”, il 75% degli intervistati risponde “sì, per chi verrà dopo”. Solo il 12% lo nega.
Alla domanda “Perché si fanno meno figli?”, il 46% parla esplicitamente di “paura del futuro”. Seguono: instabilità lavorativa, costo della vita, accesso alla casa. Una diagnosi lucida, che inchioda il sistema-Paese di fronte alle sue responsabilità strutturali. Ma è la proiezione nel tempo a essere davvero allarmante: alla domanda su come sarà la propria condizione tra 20 anni, il 76% degli intervistati risponde “peggiore”.
Il tema pensioni è forse il più simbolico: solo il 9% si dichiara tranquillo rispetto alla propria previdenza futura. Il 51% teme che la pensione non basterà, il 36% è convinto che non la avrà affatto. Anche l’educazione finanziaria viene percepita come un’urgenza: il 34% ritiene che dovrebbe essere insegnata fin da scuola, un altro 26% vuole approfondire. Ma resta un 18% che non si fida degli operatori del settore. Un segnale di disillusione e scarsa credibilità del sistema informativo ed economico. Infine, il tema caregiving: il 25% si dichiara caregiver, ma ben il 58% afferma di non ricevere aiuto da nessuno. Solo il 6% cita lo Stato.
Guerra: “Ecco come si riattiva la natalità”
La sfida demografica non si risolve con bonus una tantum o proclami valoriali. È il punto di vista di Maria Cecilia Guerra, deputata del Partito Democratico, intervenuta al convegno Adnkronos. Per la responsabile Lavoro del Pd, il nodo sta nella possibilità concreta di fare figli e di restare nel mercato del lavoro, soprattutto per le donne. La questione demografica – ha detto Guerra – si gioca su due fronti: la partecipazione al lavoro e la tenuta del welfare. E la chiave per agire è affrontare i due piani insieme.
“È vero che l’occupazione è aumentata – ha spiegato – ma abbiamo ancora un tasso di partecipazione al lavoro molto basso, soprattutto tra donne e giovani. E su questo bisogna intervenire in modo deciso”. Guerra ha elencato tre priorità operative: regolazione del mercato del lavoro per impedire l’abuso dei contratti a termine; congedi obbligatori e paritari per padri e madri, con riconoscimento anche per i lavoratori autonomi; riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti. Tre leve che mirano a ricostruire le condizioni per un equilibrio tra vita personale e lavorativa.
La questione femminile resta centrale. “La differenza nel tasso di occupazione tra uomini e donne è di 18 punti percentuali – ha denunciato Guerra – ma il gap tra padri e madri arriva al 30%”. I numeri sulla penalizzazione salariale delle madri sono ancora più netti: una riduzione fino al 40% del salario, anche dopo 15 anni dalla nascita del figlio. “Non si tratta solo di salari bassi, ma del fatto che molte donne rientrano nel mercato del lavoro con contratti part-time o altamente flessibili, che le penalizzano ulteriormente”. E qui Guerra è netta: “Il part-time non è strumento di conciliazione, ma di sfruttamento. Serve una regolazione seria”.
Infine, il nodo servizi. “In Italia il tempo pieno scolastico è ancora un privilegio territoriale. È inaccettabile. Se non si garantisce un’infrastruttura sociale equa e accessibile, parlare di natalità resta un esercizio retorico”. Guerra ha messo in guardia anche contro l’eccessiva liberalizzazione dei contratti a termine, che invece di stabilizzare, precarizza ulteriormente le nuove generazioni. “Per i giovani, il 24% dei contratti tra i 24 e i 34 anni è precario. E dopo un anno solo il 15% ha un contratto stabile. Non possiamo ignorare queste dinamiche”.
Sberna (FdI): “Serve un Family Deal europeo”
Per Antonella Sberna, europarlamentare di Fratelli d’Italia, “la questione demografica è una sfida silenziosa, ma trasversale. Incide su ogni aspetto della nostra vita collettiva”. Il suo intervento, affidato a un videomessaggio, ha posto l’accento sul carattere sistemico e strategico del tema. Secondo Sberna, è sbagliato trattare la natalità come un tema privato, marginale o da relegare all’ambito familiare. “È un’emergenza pubblica. Ha una valenza economica, sociale e strategica”. Ed è per questo – ha aggiunto – che serve una visione integrata, a partire dal livello europeo.
“Ci sono territori dove non nascono più bambini – ha detto – dove le scuole chiudono, le famiglie se ne vanno e restano solo gli anziani. Questo non è un destino, è un segnale d’allarme”. Il rischio che si spezzino gli equilibri territoriali tra aree centrali e periferiche è concreto. E il divario potrebbe diventare irreversibile se non si agisce con politiche coordinate. Per questo Sberna propone un “Family Deal europeo”: un patto intergenerazionale che rimetta al centro la famiglia, non come soggetto da assistere, ma come protagonista attivo della coesione e dello sviluppo.
Il patto, nella visione della deputata FdI, deve mettere insieme sostegno economico, servizi di prossimità, conciliazione vita-lavoro, accesso alla casa e cura degli anziani. Non solo assistenza, ma empowerment. E non solo interventi nazionali: serve una politica demografica europea strutturata, che superi le logiche emergenziali. Sberna rivendica i passi fatti dal governo italiano – assegno unico, ministero della natalità, riconoscimento del tema come priorità – ma invita anche l’Unione Europea a dotarsi di strumenti reali: fondi di coesione, strategie territoriali, programmi sociali “con visione e coraggio”.
La proposta non si ferma agli slogan. “Servono reti, alleanze tra istituzioni, imprese, sindacati, terzo settore. E soprattutto ascolto”. Perché – conclude Sberna – “parlare di demografia non significa solo leggere i dati. Significa parlare di persone, comunità e futuro. E se vogliamo costruirlo davvero, questo futuro, dobbiamo farlo insieme”.