“Creare un Istituto Italiano sull’invecchiamento”: la proposta per fare dell’Italia un hub internazionale sulla longevità
- 25 Giugno 2025
- Talk | Demografia: patto tra generazioni
L’Italia, col suo “eccezionalismo demografico”, è un trend setter dell’invecchiamento. Ecco perché dovrebbe creare un “Italian Institute on Ageing”, un centro internazionale che la promuova come leader nel campo della ricerca su questi su questi temi”. La proposta arriva dal programma di ricerca Age-It, e l’ha spiegata Elisabetta Barbi, professoressa di Demografia all’Università La Sapienza di Roma, in occasione del convegno Q&A Demografica organizzato da Adnkronos presso il Palazzo dell’Informazione a Roma. Un incontro durante il quale politica, parti sociali e aziende hanno riflettuto sulla crisi demografica in atto, non solo rispetto alle sfide poste dalla costante diminuzione delle nascite ma anche a quelle di una popolazione che invecchia.
“In Europa ci sono già altri Paesi, la Germania, la Francia, l’Inghilterra e il Portogallo che si sono dotati di un centro di ricerca su questi temi, senza parlare del Canada e di quello più conosciuto, il National Institute on Ageing americano”, ha spiegato Barbi, sottolineando come a maggior ragione l’Italia, che ha una delle aspettative di vita più lunghe del mondo, debba dotarsene.
L’ambizione, ha chiarito la professoressa, è quella che anima il progetto Age-It: “Offrire soluzioni, strumenti concreti per le policy” che verranno poi messe in campo, con l’obiettivo più ampio di “arrivare ad una società che sia veramente inclusiva per tutti a tutte le età”.
‘Demografia positiva’: “Valorizzare l’invecchiamento cogliendone tutte le opportunità”
‘Soluzioni’ è la parola chiave: l’invecchiamento è visto normalmente come un problema, mentre andrebbe “valorizzato cogliendo tutte le opportunità”, ha sottolineato Barbi. Quello che è certo è che si tratta di uno scenario del tutto nuovo per l’umanità, una nuova fase che presenta anche molti lati positivi, a partire proprio dal fatto che si vive più a lungo e meglio, ma anche le possibilità date dalla scienza di “ridurre il gap tra fecondità realizzata e fecondità desiderata”, una maggiore istruzione, l’apertura verso nuove forme familiari.
Tra le proposte di Age-It, ci sono la definizione di nuovi indicatori per individuare le aree vulnerabili del Paese, una piattaforma e-learning dedicata per interventi, nuovi modelli per una prevenzione integrata, nuovi strumenti per la diagnostica, nuove terapie.
“Sensibilizzare giovani e donne sull’importanza di prepararsi al futuro”
Se il trend demografico non andrebbe visto (solo) come un problema, di certo non andrebbe considerato come un’emergenza, in modo “autoassolutorio”, ha fatto notare Chiara Mancini, vice direttrice generale ABI, che ha concordato con Barbi sulla necessità di focalizzarsi sulle soluzioni. Un tema che coinvolge anche le banche, che “per definizione accompagnano professionalmente le famiglie e le imprese nel futuro, e che vivono sulla propria pelle quella che è la trasformazione della popolazione”.
Mancini ha infatti sottolineato come anche le imprese invecchino e dunque occorra gestire i passaggi generazionali, soprattutto a livello apicale, in modo che non diventino “una preconizzazione della morte delle imprese ma semplicemente, appunto, un passaggio generazionale”.
Cosa possono fare concretamente le banche? La direttrice ABI ha spiegato che gli istituti si stanno muovendo in diverse direzioni. Innanzitutto, rimodulando il proprio portafoglio di offerte in modo da ‘accompagnare’ la clientela che invecchia in questo nuovo scenario, con un focus sulla previdenza e sulle “forme di sostegno per un accesso alla sanità adeguato”. E poi lavorando “per sensibilizzare giovani e donne, che i numeri ci dicono essere meno attenti al tema previdenziale, cercando di raccontare quanto è importante oggi prepararsi al futuro”.
“Educazione finanziaria per fare scelte consapevoli”
Non è un caso se giovani e donne sono i meno interessati alla previdenza: sono anche i meno alfabetizzati finanziariamente. L’educazione finanziaria diventa dunque un pilastro fondamentale per poter poi fare “scelte consapevoli”, come ha sottolineato Paola Ansuini, direttrice Comunicazione – Tutela clientela e educazione finanziaria Banca d’Italia.
Da una parte, ha evidenziato Ansuini, “le persone cosiddette ‘senior’ rischiano di diventare senior sempre più velocemente, sono sempre più esposte, sempre più vulnerabili a causa della rapidità dei cambiamenti”; dall’altra i giovani sono sempre meno e “sono a loro volta soggetti particolarmente vulnerabili, che necessitano di interventi formativi”.
“L’educazione finanziaria, dunque, è un’educazione culturale che ci aiuta moltissimo a gestire questa polarizzazione straordinaria tra giovani e cosiddetti senior”, ha continuato la funzionaria. Ed è fondamentale, perché “le scelte sono scelte che operano in un contesto digitale sempre più complesso e sono anche trasversali, quasi sempre finanziarie, inteso in senso concreto”.
Per dare un’idea della situazione attuale, Ansuini ha spiegato che “in un’indagine che illustra le conoscenze digitali in Italia abbiamo un punteggio pari a 4,6 su una scala che va da 0 a 10. Non solo: i 2/3 dei giovani intervistati ritengono che le criptoattività abbiano lo stesso corso legale del denaro, il 61% che i contratti stipulati digitalmente non abbiano valore legale”.
“Quindi c’è veramente molto bisogno di educazione finanziaria”, ha tirato le somme l’esperta precisando che dovrebbe “raggiungere tutti”. “Sembra un concetto banale – ha aggiunto, ma è molto difficile arrivare ad una massa critica di persone”. Ecco perché sono importantissimi l’investimento nelle scuole e “l’attenzione ai fragili, perché “in pratica siamo diventando tutti un po’ fragili”. Senza dimenticare l’importanza delle iniziative in cui sono le istituzioni a muoversi verso le persone, in forma di dialogo diretto: “Parlare, ascoltare, raccogliere gli interrogativi, dare risposte”, ha concluso Ansuini.