Durigon: “Il TFR deve essere un sostegno all’anzianità”
- 25 Giugno 2025
- Talk | Demografia: patto tra generazioni
“Si deve uscire dalla logica che il TFR sia risparmio per comprare la casa o il nuovo sostentamento per il giovane che vuole inserirsi sul mondo del lavoro. Il TFR sarà un sostentamento per l’anzianità, per chi invecchia”. Lo ha detto Claudio Durigon, sottosegretario al lavoro e le Politiche sociali, intervenendo ieri al convegno ‘Demografia: un patto tra generazioni’, evento Q&A Demografica organizzato da Adnkronos presso il Palazzo dell’Informazione a Roma. Un incontro durante il quale politica, parti sociali e aziende hanno riflettuto sulla crisi demografica in atto non solo rispetto alle sfide poste dalla costante diminuzione delle nascite, ma anche a quelle di una popolazione che invecchia.
Dal 2035 pensionati poveri
Su quest’ultimo punto, e in particolare per quanto riguarda le pensioni, Durigon ha avvisato: “Dal 2035 avremo pensionati poveri e quindi dovremo intervenire con la fiscalità. Noi siamo abituati che i nonni erano un po’ il salvadanaio dei ragazzi, ma in qualche modo questa cosa si invertirà e saranno i giovani, le famiglie a supportare l’anziano”.
Ecco perché, ha spiegato il sottosegretario della Lega, “dobbiamo cambiare mentalità”. Dunque “l’anno scorso abbiamo fatto la prima vera norma che fa uscire dal mercato del lavoro a 64 anni ma con un minimo di pensione. Per la prima volta si collega il primo pilastro (la previdenza pubblica obbligatoria, dunque l’Inps e le Casse professionali, ndr) al secondo pilastro (previdenza complementare collettiva, ovvero i fondi pensione negoziali, ndr), che significa: se tu raggiungi una soglia di tre volte la minima puoi andare in pensione, ma per raggiungere la soglia devi prendere anche il secondo pilastro a modo di rendita”.
“Il TFR dei giovani deve andare nei fondi previdenziali”
“Quando a sinistra mi dicono ‘non toccare il TFR del lavoratore’. Io dico a tutti che il TFR nelle aziende con più di 50 dipendenti è nell’Inps, non è nelle casse del lavoratore. Oggettivamente dobbiamo rendere questa cosa più fruibile, ad esempio far sì che il TFR dei giovani che si inseriscono nel mondo del lavoro vada obbligatoriamente nel contesto dei fondi previdenziali. E poi occorre dare più informazione su quella che è la previdenza complementare, in modo da creare un allineamento tra il giovane e il Paese riguardo il suo futuro”, ha spiegato il sottosegretario.
“Intervenire sul long term care”
La pensione, infatti, non è un problema solo di chi si è più avanti con gli anni. Anche i giovani devono essere coinvolti, considerando che spesso la vedono come una prospettiva lontana sia anagraficamente sia perché sanno che sarà così bassa da essere quasi inutile. Eppure non fanno nulla per prevenire una vecchiaia povera. I motivi sono anche economici, infatti Durigon propone per loro l’introduzione di agevolazioni ad hoc.
Inoltre, per il sottosegretario, è fondamentale intervenire anche sul long term care (assicurazione che fornisce un supporto economico in caso di perdita di autosufficienza per malattia, infortunio o invecchiamento – ndr) e renderlo parte della cultura italiana: “Avere un’assicurazione sanitaria anche esposta verso il futuro, secondo me, è importante. Quindi tenere anche i giovani sotto questo punto di vista, legato per un periodo a dei servizi e con del welfare importante che poi si può trasformare in welfare quando andranno in pensione.”
“Dare forza al salario” per riportare i giovani in Italia
I giovani sono nel focus del governo anche per altri motivi: centinaia di migliaia di ragazzi che vanno all’estero dopo essersi formati in Italia aggravano il problema demografico e sono una perdita di valore aggiunto per il Paese.
Per affrontare questo aspetto, secondo Durigon la prima cosa è “dare forza al salario” in modo che i giovani siano meno invogliati a partire. In questa direzione va la norma che prevede per loro una flat tax al 5% per l’indeterminato, “per far sì che appunto il giovane rimanga in Italia e sia anche un po’ coinvolto con la stessa azienda che ne ha bisogno”. Un tema che si lega a quello, pure molto rilevante, del mismatch tra competenze richieste e competenze offerte, che oggi vede molte aziende non trovare i profili di cui avrebbe bisogno.
“Un altro problema è farli tornare, far sì che ci sia possibilità per loro di crescere anche qui in Italia”. A tal proposito è pronta una proposta di legge della Lega. “Noi l’abbiamo depositata, non è ancora in discussione perché siamo convinti di portarla in finanziaria. Sappiamo che il tema salario è un tema più complesso, più generale. Questo governo ha già fatto tanto: ad esempio col taglio del cuneo fiscale sono 10 miliardi annui, resi strutturali e impensabili a un certo momento”.
“Sappiamo che non è sufficiente, perché il potere d’acquisto è diminuito negli ultimi 30 anni. Ma quello che si deve far capire è che il no al salario minimo è perché il salario minimo abbatterebbe la contrattazione”, che è proprio ciò che, ha dichiarato il sottosegretario, va incentivato. Di pari passo col welfare.