Due mamme nel certificato di nascita: arriva l’ok del Tribunale di Padova
- 06/03/2024
- Popolazione
“Impossibile immaginare bambini di serie A e bambini di serie B”. Queste le parole del sindaco di Padova Sergio Giordani dopo che, ieri martedì 5 marzo, il Tribunale di Padova ha dichiarato inammissibili i 37 ricorsi con cui la Procura aveva chiesto di cancellare, per decine di bambini, il doppio cognome registrato all’anagrafe: quello della madre biologica e quello della madre intenzionale, o affettiva.
La fecondazione eterologa in Italia
La questione sottoposta al tribunale riguardava la possibilità di riconoscere, come figli e figlie di due madri, i bimbi concepiti all’estero da due donne e poi nati in Italia.
In Italia, infatti, l’accesso alla fecondazione eterologa è permesso solo alle coppie eterosessuali sposate o conviventi, e per questo molte coppie omosessuali e donne single scelgono di farla all’estero e poi chiedono il riconoscimento del legame di parentela in Italia.
Il caso era scoppiato nel 2023, quando alcune Procure avevano deciso di cancellare i riconoscimenti fatti da alcuni sindaci, che dal 2018 avevano indicato due cognomi negli atti di nascita di figli di coppie composte da due donne. Secondo le Procure, la madre intenzionale poteva soltanto adottare il bambino concepito all’estero dalla propria compagna anche grazie al suo assenso, ma non riconoscerlo direttamente alla nascita.
La richiesta della Procura
Tornando alla vicenda di Padova, la Procura, guidata fino a pochi mesi fa da Valeria Sanzari, aveva chiesto di cancellare gli atti dell’ufficiale di stato civile che aveva riconosciuto l’esistenza di una coppia omogenitoriale. Si trattava in tutti casi di coppie formate da due donne. La Procura ha “suggerito” al Tribunale di rivolgersi alla Corte Costituzionale per risolvere la questione, mentre il Tribunale ha respinto la richiesta senza portarla a Roma.
“È un passo importante per le bambine e i bambini e le loro mamme. Oggi vince l’amore e l’interesse primario dei piccoli”, ha aggiunto il sindaco Giordani ricalcando la ratio della decisione: come sottolineato da più tribunali per casi analoghi, l’interesse superiore è quello dei minori.
Perché è stato respinto il ricorso
Oltre al principio appena enunciato, c’è una ragione formale che motiva il rifiuto del Tribunale: la Procura non poteva agire contro l’atto degli ufficiali di stato civile dell’anagrafe.
Questo perché l’ufficio ha registrato i cognomi coerentemente con le indicazioni date dai genitori. Si legge nella sentenza che “il procedimento di rettificazione degli atti di stato civile è ammesso solo nei casi in cui debba disporsi l’integrazione di un atto incompleto, o la correzione di errori materiali, o l’eliminazione di eventuali omissioni nelle quali si sia incorsi nella redazione dell’atto, quando debba provvedersi alla ricostruzione dei registri distrutti o smarriti”.
Il Tribunale di Padova sottolinea come qualsiasi altra azione al di fuori di questi casi influisca sullo status delle persone, in questo caso minori, che richiede un processo civile ordinario di cognizione in modo da garantire un ampio contradditorio.
La sentenza arriva dopo che, lo scorso febbraio, la Corte di Appello di Roma ha dichiarato illegittimo il decreto del ministero dell’Interno del 2019, allora presieduto da Salvini, laddove imponeva la dicitura “padre” e “madre” sulla carta d’identità dei minori, invece di “genitore 1” e “genitore 2”. Una sentenza che ha confermato quella di primo grado.
In quella occasione, i giudici hanno sottolineato che il decreto era in contrasto con la giurisprudenza nazionale e internazionale, che riconosce la validità delle famiglie arcobaleno e il diritto dei minori a crescere in un ambiente affettivo e protettivo.
Motivazioni analoghe sono emerse anche nella decisione di Padova: “Il tribunale ha confermato tutti gli atti di nascita con doppia maternità, accettando la nostra tesi con la quale dimostravamo che al centro di questa questione ci sono dei minori, il cui status di figli oggi è quello di avere due madri. E per cambiare uno status filiationis non basta un ricorso della Procura. Il tribunale di Padova ha quindi respinto i ricorsi dichiarandoli inammissibili, confermando le due madri, a tutela dei minori coinvolti. Non possiamo dire che sia finita la caccia ai ‘bambini arcobaleno’, ma intanto che il tribunale abbia accolto la mia linea difensiva, è una grande soddisfazione”, ha dichiarato Michele Giarratano, che rappresenta quindici coppie omogenitoriali.
Dello stesso avviso l’assesora comunale Francesca Benciolini che sottolinea: “la stabilità del rapporto garantisce tutela ad un interesse fondamentale e prevalente del figlio, ravvisabile nella necessità di mantenere la propria identità personale che si è costruita sia in quanto figlio di quei genitori che se ne sono presi cura morale e materiale, anche se non legati da vincoli biologici”.
Scontro Schlein-Roccella
La decisione del Tribunale di Padova ha generato reazioni opposte nella politica. Soddisfatta Elly Schlein che però sottolinea il vuoto normativo: “Ancora una volta – scrive in una nota la segretaria del Pd – la tutela delle bambine e dei bambini di famiglie omogenitoriali passa per un tribunale, che conferma l’operato di un Sindaco coraggioso e capace di ascoltare la loro domanda di riconoscimento e giustizia”.
“Sulla politica e sul Parlamento – continua Schlein – grava una responsabilità importante: rispondere al monito formulato dalla Corte costituzionale fin dal 2021 e approvare una legge che riconosca pari dignità a tutte le famiglie. Il Partito democratico ha già depositato un disegno di legge che va in questa direzione, così come molte delle altre forze di opposizione. Cosa ha da dire il governo di Giorgia Meloni? Continuerà a fare muro o ci lascerà portare l’Italia in linea con gli altri paesi dell’Unione europea?”.
Per la segretaria del Pd, “la ministra Roccella deve rispettare le difficoltà che le famiglie omogenitoriali sono costrette ad affrontare in questo Paese. Non esistono procedure semplici e accessibili: queste famiglie devono rivolgersi a un giudice e affrontare un iter lungo, costoso, faticoso e invasivo”.
La ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Eugenia Roccella ha replicato: “Segnaliamo all’onorevole Schlein che la procedura indicata dalla Corte di Cassazione per le coppie omosessuali, e cioè l’adozione in casi particolari, è la stessa che da decenni viene utilizzata dalle coppie eterosessuali, in particolare dalla mamma single che instaura una relazione con uomo e desidera che egli possa riconoscere i suoi figli”.
Sul costo della procedura, la ministra Roccella aggiunge: “Centinaia di mamme single hanno fatto ricorso a questa procedura, prevista a tutela e garanzia dei bambini, e non risulta che essa sia mai stata contestata in quanto ‘lunga, costosa, faticosa e invasiva’ nei lunghi anni nei quali il Partito Democratico è stato al governo”.
Dal 2017 ad oggi sono stati 41 gli atti di nascita di bambini di coppie omogenitoriali – solo di mamme – registrati dal Comune di Padova. Di questi, 37 erano entrati nel mirino della Procura, in forza della circolare del Viminale che invitava i prefetti ad impedire il riconoscimento da parte dei sindaci delle famiglie omogenitoriali.
Che cosa è l’adozione in casi particolari
L’adozione in casi particolari cui fa riferimento la ministra Roccella è un tipo di adozione che si applica solo quando il minore non è in stato di abbandono e ha già dei legami affettivi con le persone che vogliono adottarlo. Questo tipo di adozione non cambia il rapporto di parentela tra il minore e la sua famiglia biologica, quindi il minore conserva i suoi diritti e doveri verso i suoi genitori naturali, come il diritto all’assegno familiare o il dovere di assistenza.
Inoltre, l’adozione in casi particolari non crea un rapporto di parentela tra i familiari dell’adottante e il minore adottato, quindi il minore non ha diritti e doveri verso i nonni, gli zii o i cugini dell’adottante. Questo significa che l’adozione in casi particolari non rende il minore uguale a un figlio naturale dell’adottante (cosiddetti effetti legittimanti).
Diversa è l’adozione internazionale che si verifica quando il minore è in stato di abbandono e viene adottato da una coppia o da una persona singola residente in un Paese diverso da quello di origine del minore.
L’adozione internazionale produce effetti legittimanti. Chiaramente, questo tipo di adozione richiede una procedura più complessa e lunga, che coinvolge le autorità dei due Paesi e che deve rispettare le convenzioni internazionali in materia di adozione.
A dicembre scorso, con una sentenza storica la Cassazione aveva stabilito che l’adozione internazionale fosse aperta anche alle coppie di fatto, incluse quelle omogenitoriali. Anche in quel caso i giudici avevano sottolineato che l’interesse del minore, sancito dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e da altri accordi internazionali, prevale sugli altri e impone di garantire determinati diritti al minore stesso:
- il diritto a una famiglia;
- il diritto a una identità;
- il diritto alla continuità affettiva, indipendentemente dall’orientamento sessuale dei genitori adottivi.
Possibile ricorso
La decisione del Tribunale di Padova, che tratta riguarda il caso di figli concepiti all’estero dalle coppie omogenitoriali tramite procreazione medicalmente assistita e poi nati in Italia, non è definitiva. Entro 10 giorni dalla sentenza emanata ieri la procura di Padova o il ministero dell’Interno possono impugnare il provvedimento e andare così al processo d’appello.
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