Mancano 258mila lavoratori, è colpa del calo demografico?
- 11/02/2025
- Giovani Popolazione
Nel 2025 il settore del commercio, della ristorazione e dell’ospitalità si troverà di fronte a un problema colossale: 258mila posti di lavoro rimarranno scoperti. Una carenza che non solo cresce rispetto al 2024 (+4%), ma che rischia di rallentare l’intera macchina economica del Paese. Il dato, emerso da Confcommercio, mette in luce una tendenza allarmante: il terziario di mercato, ossia il cuore pulsante dei servizi, si trova sempre più in difficoltà nel reperire manodopera qualificata. E non si tratta di un problema passeggero, ma di un’emergenza strutturale destinata a impattare la competitività delle imprese italiane.
Le figure professionali più difficili da trovare? Nel commercio mancano commessi specializzati, come quelli del settore moda-abbigliamento, macellai, gastronomi e addetti al pesce. Nella ristorazione scarseggiano camerieri di sala, barman, cuochi, pizzaioli e gelatai, mentre nelle strutture ricettive sono sempre più rari cuochi, addetti alla pulizia delle camere e personale di servizio. Il rischio? Un calo della qualità dell’offerta e una difficoltà crescente per ristoranti, negozi e hotel a mantenere gli standard richiesti dal mercato. In un contesto già segnato da incertezze economiche e dalla minaccia dei dazi americani, il Paese non può permettersi di perdere ulteriori pezzi di produttività.
Il calo demografico e la carenza di competenze
Se il problema della manodopera si fa ogni anno più acuto, le cause vanno ricercate in una combinazione di fattori che mettono a dura prova l’intero sistema. Il primo grande imputato è il calo demografico: tra il 1982 e il 2024, la popolazione nella fascia 15-39 anni si è ridotta di 4,8 milioni di unità. Questo significa che ci sono sempre meno giovani pronti a entrare nel mondo del lavoro e, soprattutto, a coprire quei ruoli operativi che tradizionalmente trainano il settore terziario. Ma la demografia da sola non basta a spiegare il fenomeno.
C’è anche un evidente scollamento tra la formazione e le reali esigenze del mercato. I profili qualificati scarseggiano non solo per mancanza di persone, ma anche per un progressivo allontanamento dalle competenze richieste. Molti giovani preferiscono percorsi di studio che non rispondono alle necessità concrete del mercato, mentre le imprese si trovano a gestire lavoratori privi delle abilità tecniche e trasversali necessarie per affrontare le sfide del settore. A complicare il quadro c’è anche un cambiamento nelle preferenze occupazionali: sempre meno persone vedono nella ristorazione o nel commercio un’occupazione attraente, complice la percezione di stipendi bassi e orari poco conciliabili con la vita privata.
Formazione, incentivi e nuovi modelli contrattuali per invertire la rotta
Di fronte a questo scenario, la soluzione non può essere lasciata solo nelle mani delle imprese. Secondo Confcommercio, per colmare il divario tra domanda e offerta di lavoro servono politiche attive capaci di rispondere in modo strutturale al problema. Un primo passo fondamentale è l’investimento nella formazione: le aziende devono essere messe nelle condizioni di formare il personale non solo con competenze tecniche, ma anche con soft skills fondamentali per affrontare un mondo del lavoro in continua trasformazione. Rafforzare il legame tra istruzione e imprese diventa quindi essenziale, creando percorsi di stage, tirocini e apprendistati che permettano ai giovani di entrare più facilmente nel mercato.
Ma non basta. È necessario incentivare la mobilità territoriale per ridurre il divario tra le aree in cui la domanda di lavoro è alta e quelle in cui l’offerta è scarsa. E poi c’è il nodo dei contratti: il recente rinnovo del CCNL Terziario, che interessa oltre 2,5 milioni di lavoratori, ha introdotto una revisione delle classificazioni del personale proprio per rispondere meglio alle esigenze delle aziende. Un passo avanti, certo, ma che da solo non basterà a risolvere l’emergenza.
Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, è chiaro: “Trovare manodopera qualificata è sempre più difficile ed è un’emergenza che rischia di frenare la crescita economica di importanti settori del commercio. Tra le cause ci sono il calo demografico e la mancanza di profili adeguati. Occorre, con urgenza, sostenere le imprese che investono in nuova formazione, anche di immigrati, e rendono più competitivo il nostro Paese”. Un messaggio forte, che sottolinea come la sfida non sia solo occupazionale, ma riguardi il futuro stesso dell’economia italiana.