La sfida demografica è una corsa contro il tempo: Petrucci rilancia l’Istituto per l’Invecchiamento
- 17/04/2025
- Popolazione Welfare
In un’Italia che invecchia più velocemente di qualunque altro Paese europeo, la professoressa Alessandra Petrucci ha lanciato un appello che suona come un ultimatum: “Se non oggi, quando?”. Questa mattina, 17 aprile, la Rettrice dell’Università degli studi di Firenze e Presidente di Age-It ha avanzato una proposta ambiziosa, ma necessaria, che punta sulla valorizzazione degli anziani
Durante l’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto, Petrucci ha anche presentato sei mosse fondamentali per un’Italia age-friendly che sfrutti meglio le risorse a propria disposizione. Nonostante un italiano su quattro abbia almeno 65 anni, il Belpaese non investe nella ricerca e nella Silver Economy. Questa dinamica fa perdere grandi opportunità economiche e sociali e aggrava gli effetti della crisi demografica. Ma qualcosa si può ancora fare.
Il paradosso italiano: campioni di longevità, ultimi nella ricerca
Nel 2024, l’Italia ha registrato ben 22.000 centenari e quasi un milione di ultranovantenni, ma brancola nel buio quando si tratta di coordinare la ricerca sull’invecchiamento. La piramide demografica del Paese, che Petrucci ha efficacemente paragonato a una “nave da crociera” – larga in alto e stretta alla base – richiede un cambio di rotta immediato.
“Nonostante la peculiarità demografica e malgrado i traguardi raggiunti negli studi sulla longevità, l’Italia difetta di un centro scientifico di eccellenza sulla ricerca e la raccolta dati, sulla prevenzione e l’invecchiamento attivo, sull’analisi di soluzioni e il disegno di politiche d’intervento”, ha denunciato la professoressa.
Il confronto con l’estero è impietoso. “Francia, Gran Bretagna, Germania, Portogallo, Paesi Bassi, la maggior parte dei paesi europei ha un’istituzione dedicata. Una nazione giovane come il Canada ne ha fondato uno più di 20 anni fa e quello statunitense, punto di riferimento per tutti, celebra mezzo secolo di attività”, ha sottolineato Petrucci.
Che cosa è la strategia I3
La proposta di Petrucci ha un nome e un’ambizione precisa: Istituto Italiano sull’Invecchiamento sintetizzata nella sigla I3. Si tratta di un centro di coordinamento che dovrebbe far finalmente dialogare settori che oggi procedono in parallelo.
“Compito dell’Istituto Italiano sull’Invecchiamento I3 è coordinare le capacità esistenti, armonizzare in una prospettiva olistica di sanità pubblica i differenti studi sul corso della vita condotti nelle discipline biomedico, psicologico, economico e sociodemografico, altrimenti compartimentate in silos non comunicanti”, ha spiegato Petrucci.
La sfida è titanica: un’aspettativa di vita media di 83 anni – tra le più alte al mondo – significa ripensare completamente le politiche sociali, sanitarie ed economiche. Non è solo questione di sostenibilità delle pensioni o del sistema sanitario, ma di ridisegnare città, servizi e relazioni intergenerazionali in un Paese che sta rapidamente assumendo le sembianze di una società di anziani.
Le 6 mosse per un’Italia age-friendly
Durante l’audizione, Petrucci ha delineato sei linee d’intervento concrete per trasformare l’Italia in un Paese “age-friendly”:
- Demografia positiva: nuovi indicatori prospettici per leggere l’invecchiamento in chiave dinamica come, ad esempio, l’indice di speranza di vita residua. Un cambio di paradigma che supera la visione puramente anagrafica dell’invecchiamento;
- Equità territoriale: indice di criticità potenziale per colmare il divario nelle aree interne, dove spesso l’isolamento geografico si somma all’isolamento sociale degli anziani, creando sacche di vulnerabilità estrema;
- Age Management in Azienda: modelli di flessibilità e contrattazione per valorizzare i lavoratori senior. Gli over 50 rappresentano un patrimonio di competenze da valorizzare in contesti lavorativi da ripensare;
- Educazione permanente: piattaforma per la formazione e il supporto ai caregiver, figure sempre più cruciali in una società che invecchia e che necessitano di competenze specifiche e riconoscimento sociale;
- Giustizia intergenerazionale: misurare e bilanciare equità distributiva, sociale e politica tra le generazioni, superando contrapposizioni sterili tra giovani e anziani in favore di un patto di solidarietà rinnovato;
- Approccio One Health: dalla senescenza cellulare ai biomarcatori digitali, un approccio integrato all’invecchiamento che connette la dimensione biologica con quella psicologica, sociale ed economica.
L’Italia e le risorse inutilizzate
Solo una settimana fa, l’Inps aveva ribadito concetti analoghi a quelli illustrati oggi dalla professoressa Petrucci davanti alla stessa Commissione parlamentare. Anche per l’Istituto di previdenza il Paese deve imparare a sfruttare meglio le risorse che ora sono ancora poco utilizzate (laddove non discriminate): le donne, i giovani e, appunto, gli anziani. “Il nostro Paese pur trovandosi in una fase critica, conserva ancora significative opportunità di miglioramento, potendo investire su quelle risorse umane che ancora oggi non sono pienamente attive come forza lavoro, pensando ai giovani in primis, alle donne e ai lavoratori anziani”, è emerso dall’audizione. Il rapporto tra italiani in età lavorativa e non lavorativa subirà un drastico peggioramento nei prossimi decenni. Secondo i dati Istat, questo rapporto scenderà dagli attuali tre a due fino a raggiungere la parità intorno al 2050. Entro quella data, le persone over 65 rappresenteranno il 34,5% della popolazione totale.
Particolarmente critico appare l’indice di dipendenza degli anziani (il rapporto tra popolazione over 65 e popolazione in età attiva). Mentre nell’Ue questo indicatore passerà dal 36,1% del 2022 al 59,1% nel 2070, in Italia la situazione sarà più grave: dal 40,8% del 2022 al 65,5% del 2070. In pratica, tra meno di cinquant’anni, avremo tre persone in età lavorativa ogni due anziani.
Investire nella ricerca per l’invecchiamento non è più una opzione, ma una scelta per l’economia italiana.
Il bivio demografico: ora o mai più
L’appello della Presidente di Age-It Petrucci arriva in un momento decisivo. Gli indicatori demografici 2024, pubblicati dall’Istat a fine marzo, certificano che l’Italia ha raggiunto il più basso tasso di natalità della sua storia, con appena 1,18 figli per donna. Nello stesso anno, la speranza di vita è aumentata di ben cinque mesi sia per gli uomini (81,4 anni) che per le donne (85,5).
Con una spesa sanitaria che cresce esponenzialmente a causa dell’invecchiamento della popolazione e un sistema di welfare sempre più sotto pressione, l’Italia non può più permettersi di navigare a vista.
“I tempi sono maturi per creare un centro di eccellenza sulla longevità”, ha concluso Petrucci con determinazione. La proposta dell’I3 rappresenta una risposta sistemica a una trasformazione epocale. Resta da vedere se la politica saprà cogliere questa opportunità o se, ancora una volta, prevarranno le logiche di breve periodo.
La nave da crociera demografica italiana ha bisogno di una rotta chiara. E il tempo per decidere sta scadendo.