Sextortion, come funziona la trappola digitale che colpisce soprattutto gli uomini
- 20/05/2025
- Popolazione
La sextortion è un fenomeno in crescita, ed è un fenomeno dai contorni soprattutto maschili. Secondo uno studio appena pubblicato dall’organizzazione non-profit PermessoNegato, dal titolo “Rispondimi velocemente: analisi della sextortion maschile in Italia”, nel 2024, su 392 vittime di sextortion che si sono rivolte all’associazione, 368 erano uomini e 24 donne. Si tratta di un campione non statisticamente rappresentativo, ma che può indicare una tendenza. E la conferma il report annuale 2024 della Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica, citato dalla ricerca: su 1.507 episodi trattati, gli uomini sono stati 1.295 (l’86% del totale), contro 212 donne. Emerge perciò una vulnerabilità maschile alta e specifica, che va considerata anche in ottica di prevenzione e gestione.
Ecco perché PermessoNegato ha deciso di approfondire quello che è un fenomeno tradizionalmente trascurato, sia in Italia che all’estero, fermo restando che, “nel quadro più ampio dei crimini legati alla diffusione non consensuale di materiale intimo, le donne sono ancora la stragrande maggioranza delle vittime”.
Cos’è la sextortion
La sextortion rientra nella famiglia della ‘condivisione non consensuale di materiale intimo (Image-Based Sexual Abuse)’, ovvero nella diffusione di immagini o video intimi, pensati per rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. In Italia il reato è disciplinato dal Codice Penale.
Per sextortion si intende una situazione specifica, quella in cui un truffatore minaccia la vittima di divulgare informazioni o immagini di natura sessuale, reali o create artificialmente, per estorcere denaro, beni o altri favori (spesso di natura sessuale). Si tratta insomma di una forma di estorsione, nel cui ambito infatti viene fatta ricadere la condotta fraudolenta: in Italia non esiste un reato ad hoc. Ma possono essere coinvolte anche altre fattispecie come la diffamazione, le interferenze illecita nella vita privata, la violazione della privacy e la diffusione illecita di materiale intimo.
Come avviene la sextortion
La sextortion prevede delle ‘tappe’ fisse, tanto che secondo PermessoNegato dietro potrebbero nascondersi veri e propri gruppi criminali che agiscono secondo un preciso modus operandi. Intanto occorre distinguere due modalità: nella prima le immagini sono acquisite mediante un’attività di hacking, dunque attraverso un accesso non autorizzato al sistema informatico della vittima e il furto di immagini o video. In questo caso, la vittima viene contattata direttamente con la richiesta di denaro o altro.
Nella seconda modalità, la vittima viene coinvolta in prima persona, secondo fasi precise: innanzitutto il malcapitato viene adescato on line, su social network, chat e siti di dating, attraverso un profilo falso creato ad hoc. Spesso la foto profilo ritrae una donna molto attraente e/o in pose provocanti. Il che, sottolinea PermessoNegato, dimostra e rinforza quanto il corpo femminile venga a tutt’oggi usato come strumento di manipolazione e inganno, una “forma di sfruttamento che alimenta dinamiche di dominio e controllo”.
Dopo il primo contatto, il cyber-criminale instaura una relazione di fiducia adottando un atteggiamento affidabile e mostrandosi interessato all’altro. La conversazione passa sui temi erotici progressivamente, in modo da abbassare le difese della vittima: una dinamica favorita dal fatto che la virtualità della relazione fa dimenticare i pericoli e fa svanire le inibizioni. A questo punto va in scena il terzo atto, l’estorsione vera e propria: ottenuto il materiale compromettente, il truffatore utilizza la minaccia di renderlo pubblico per ricattare la vittima. L’approccio diventa aggressivo e martellante.
Un punto rilevante messo in luce da PermessoNegato è che mentre l’adescamento avviene su social network come Instagram o Facebook, il malvivente spinge poi la vittima su un’altra piattaforma come Telegram, che non è regolamentata per contrastare il fenomeno della condivisione non consensuale di materiale intimo e non offre risposta alle richieste di aiuto.
Da notare anche che le pretese dei criminali sono diverse per uomini e donne: ai primi viene frequentemente richiesto denaro, alle seconde viene invece quasi sempre chiesto l’invio di ulteriori immagini intime. Sottolinea PermessoNegato: “Questa distinzione può essere letta come una forma di sessismo strutturale, che rafforza la vulnerabilità della donna in quanto soggetto considerato primariamente per il suo corpo e non per il suo potere economico, come accade invece nel caso degli uomini”.
Ma quanto guadagnano i cybercriminali? PermessoNegato specifica che i dati disponibili sono solo quelli forniti dalle vittime, restie a parlarne, ma che 133 persone hanno sborsato un totale di circa 45.453 euro, attraverso diversi metodi di pagamento online. In totale, i truffatori hanno richiesto 392.482 euro. Pagare tuttavia non è una soluzione, perché spesso i malviventi incassano e passano a chiedere cifre ancora più alte.
Tutti sono potenziali vittime
Tutti possono essere vittima di condivisione non consensuale di materiale intimo: si rivolgono a PermessoNegato persone di ogni età (escludendo i minori, dai 18 fino ai 75 anni), con contesti sociali, culturali e geografici diversi, e con i più vari orientamenti sessuali, nazionalità, stato civile, familiarità con la tecnologie.
Le conseguenze psicologiche sono importanti, nel breve e nel lungo periodo: ansia intensa, attacchi di panico, insonnia, irritabilità, senso di impotenza, manifestazioni psicosomatiche, vergogna, autocolpevolizzazione, ritiro sociale. Nel lungo termine, rimane un’allerta costante. Per affrontare queste problematiche, occorrono interventi terapeutici mirati e integrati, che comprendano la stabilizzazione emotiva, la ristrutturazione cognitiva, il lavoro sulla vergogna e il potenziamento dell’autoefficacia: utili, ad esempio, la Terapia Cognitivo-Comportamentale, l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)e la Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR).
Il futuro della sextortion: i deep nude
Il futuro non promette nulla di buono: all’orizzonte c’è l’Ai, che già oggi consente di creare contenuti che sembrano veri e che possono essere usati in modo illecito, come avviene con i deep nudes, immagini o video alterati per mostrare persone in nudità non consensuale e poi usati per romance scam (truffe amorose) o sextortion. Spesso le foto di partenza vengono rubate da internet a donne inconsapevoli, e abbinate a storie inventate o alterate. Il fenomeno insomma sta diventando ancora più complesso.
Cosa fare se si è vittime di condivisione non consensuale di materiale intimo
Se si è vittima di condivisione non consensuale di materiale intimo, occorre prima di tutto mettere da parte le prove dei contenuti pubblicati, anche attraverso gli screenshot. A questo punto è necessario segnalare quanto prima i contenuti alle piattaforme: i motori di ricerca, i social media, i siti di incontri ed i siti porno prevedono specifiche procedure di segnalazione. Dopodiché, andrebbe sporta denuncia, per avere giustizia e per far emergere il fenomeno nella sua vera portata.
Più ampiamente, propone PermessoNegato, anche il legislatore deve fare la sua parte, in primis introducendo reati specifici. La politica, invece, dovrebbe riconoscere la condivisione non consensuale di materiale intimo come evento traumatico paragonabile a una violenza sessuale, in modo da agevolare l’accesso al supporto psicologico dedicato. Occorre anche una formazione ad hoc per il personale sanitario, scolastico ed educativo, oltre che delle forze dell’ordine. Infine, vista la trasversalità del fenomeno, sarebbero opportune campagne per informare i cittadini sui rischi e sui canali di aiuto, e creare una banca dati centralizzata per la raccolta dei casi di sextortion.