Sono stati svelati i segreti dell’ex donna più anziana del mondo (117 anni)
- 29 Settembre 2025
- Popolazione Welfare
Prima di lasciare questa terra, il 19 agosto 2024, all’età di 117 anni e 168 giorni, Maria Branyas Morera ha voluto dare un ultimo contributo all’umanità. Nata a San Francisco nel 1907 e trasferitasi in Catalogna durante l’infanzia, l’ex donna più anziana del mondo aveva chiesto ai medici: “Studiatemi, imparate da me”, sperando che la sua vita potessi aiutare gli altri a vivere più a lungo.
Il team dell’Istituto di Ricerca sulla Leucemia Josep Carreras di Barcellona, coordinato dal dottor Manel Esteller, ha raccolto questa sfida analizzando per anni campioni biologici della supercentenaria. Oggi, a poco più di un anno dalla sua morte, gli studi sulla straordinaria longevità di Maria Branyas Morera hanno svelato i meccanismi biologici alla base dell’invecchiamento sano, offrendo preziose indicazioni per comprendere come il corpo umano possa sfidare il tempo.
Abitudini quotidiane basilari, una flora intestinale “miracolosa”, un super sistema immunitario, ma anche geni protettivi rari e quei telomeri (porzioni di Dna cruciali per l’invecchiamento) così corti che hanno colto di sorpresa anche gli scienziati. Ecco tutti i fattori che hanno permesso al suo organismo di avere, biologicamente, 23 anni in meno rispetto a quelli reali. A 113 anni ha contratto il Covid, ma lo ha sconfitto in scioltezza, accusando solo lievi sintomi.
Maria Branyas Morera, la straordinaria longevità e una dualità affascinante
Lo studio condotto da Esteller e dal ricercatore Eloy Santos ha esaminato ogni aspetto della biologia di Maria: dal Dna alle proteine, dai batteri intestinali ai metaboliti presenti nel sangue. I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Cell Reports Medicine, hanno rivelato una “dualità affascinante” nel suo organismo.
La scoperta più sorprendente riguarda la discrepanza tra età anagrafica e biologica di Maria Branyas. Secondo i marcatori epigenetici analizzati dal gruppo di Esteller, il corpo della donna mostrava un’età biologica inferiore di circa 23 anni rispetto a quella cronologica. “Le sue cellule si sentivano e si comportavano come cellule più giovani”, spiega Esteller.
Questo fenomeno dimostra che l’invecchiamento estremo non comporta necessariamente un declino generalizzato dell’organismo. Maria presentava infatti segni inequivocabili di invecchiamento, come telomeri molto corti e cellule immunitarie senescenti, ma possedeva contemporaneamente caratteristiche biologiche protettive straordinarie. Una dualità tanto difficile da trovare, quanto preziosa in ottica scientifica.
Il sistema immunitario “infallibile”
Una delle caratteristiche più notevoli di Maria Branyas era il suo sistema immunitario eccezionale. Le sue cellule riuscivano ancora a essere molto efficienti nell’attaccare i microrganismi patogeni, senza però sviluppare reazioni autoimmuni dannose per i propri tessuti. Questa capacità le ha permesso di superare eventi storicamente devastanti come l’influenza del 1918 e di guarire dal Covid-19 all’età di 113 anni con sintomi lievi.
Il sistema immunitario di Maria manteneva la capacità di “ricordare” le infezioni passate, proteggendola efficacemente dalle minacce esterne pur evitando l’iperattivazione tipica dell’invecchiamento.
Il microbioma “da bambina”
L’analisi del microbioma intestinale ha rivelato un altro segreto della longevità di Maria: la sua flora batterica era dominata da bifidobatteri benefici, simile a quella di un bambino. Questa composizione microbica particolare contribuiva probabilmente al mantenimento di bassi livelli di infiammazione sistemica, uno dei fattori protettivi più significativi identificati nello studio.
La presenza massiccia di bifidobatteri nell’intestino genera una serie di conseguenze benefiche, di cui occorre prendere nota:
– migliore digestione;
– sistema immunitario più efficiente;
– riduzione dell’infiammazione cronica.
Questi sono tutti elementi cruciali per l’invecchiamento sano.
Il paradosso dei telomeri: sentinelle dell’età che proteggono dal cancro
I telomeri rappresentano una delle scoperte più sconcertanti dello studio su Maria Branyas Morera. Queste strutture protettive che rivestono le estremità dei cromosomi sono considerate “la sentinella dell’età”, poiché si accorciano progressivamente con l’invecchiamento. Nel caso di Maria, i telomeri risultavano estremamente corti, fino al 40% in meno rispetto a donne di tutte le età.
Tradizionalmente, telomeri così corti sono associati a un peggioramento della salute e a un aumento del rischio di malattie. Tuttavia, Maria presentava condizioni di salute eccellenti nonostante questa caratteristica. I ricercatori ipotizzano che proprio la morte precoce delle cellule causata dai telomeri accorciati possa aver protetto Maria Morera dai tumori. La donna infatti non aveva mai sofferto di cancro e, tranne un problema di udito, non presentava patologie di alcun tipo.
I fattori genetici protettivi
L’analisi genomica ha identificato specifiche varianti genetiche che proteggevano Maria dalle principali cause di mortalità nell’età avanzata. Il suo Dna conteneva geni che la proteggevano dalle malattie cardiovascolari, dalla neurodegenerazione e dai disturbi metabolici. Occhio però a parlare di semplice fortuna: i ricercatori sottolineano che non è un singolo gene, ma piuttosto una combinazione di fattori biologici a determinare la longevità estrema.
L’assenza completa di patologie gravi come tumori, malattie cardiovascolari e demenza ha reso questo studio il primo caso in cui è possibile distinguere chiaramente tra invecchiamento e malattia.
Lo stile di vita mediterraneo
Sebbene i ricercatori definiscano “prematuro” stabilire correlazioni dirette tra caratteristiche biologiche e abitudini specifiche, lo stile di vita di Maria presenta elementi significativi. La sua routine quotidiana includeva passeggiate di un’ora e il consumo di tre yogurt al giorno. Non beveva alcolici, non fumava e manteneva un peso corporeo normale.
Accanto alla dieta mediterranea e all’assenza di abitudini dannose, Maria aveva una rete sociale stimolante, elemento che i ricercatori considerano rilevante per spiegare la sua eccezionale longevità. La donna viveva circondata dall’affetto della famiglia e quando è spirata ha lasciato due figlie di oltre novant’anni.
Implicazioni per la medicina del futuro
Lo studio di Maria Branyas rappresenta un punto di svolta nella comprensione dell’invecchiamento umano. I risultati suggeriscono che la longevità estrema non deriva da un generico rallentamento dei sintomi, ma dalla coesistenza di segnali di “vecchiaia estrema” e di meccanismi di protezione biologica, come dimostra la scoperta sui suoi telomeri.
Queste scoperte potrebbero offrire indicazioni preziose per lo sviluppo di terapie anti-invecchiamento e per la comprensione di malattie come la leucemia e i tumori del sangue, strettamente correlati all’invecchiamento del sistema ematopoietico, l’insieme di organi che si occupano della generazione continua di tutti gli elementi che compongono il sangue.