Rapporto BenVivere 2024, il Nord vince ancora. Ecco perché il Sud arranca
- 09/10/2024
- Popolazione
Pordenone prima, Crotone ultima. Basta guarda la prima e l’ultima provincia nella classifica del benessere contenuta nel Rapporto sul BenVivere e la Generatività delle province italiane 2024 per capire subito che in Italia è cambiato poco quanto a qualità della vita: al Nord si vive bene, al Sud no, o molto meno.
Sono i dati a dirlo, in questo caso quelli della sesta edizione della ricerca su benessere e generatività, coordinata da NeXt Economia con il supporto del Festival Nazionale dell’Economia Civile, di Federcasse BCC-CR e di Avvenire e il finanziamento di Fondo Sviluppo e presentata lo scorso fine settimana al Festival Nazionale dell’Economia Civile a Firenze.
Partiamo dai presupposti: la ricerca indaga sia il BenVivere, inteso come benessere complessivo delle comunità, sia la generatività, ovvero la capacità di produrre valore economico e sociale, in particolare attraverso l’impegno civico e la sostenibilità, e quindi di ridurre le disuguaglianze territoriali.
La classifica del BenVivere 2024: Sud escluso
Per quanto riguarda il BenVivere, le prime 10 province in classifica sono (tra parentesi la variazione della posizione):
• Pordenone (+1)
• Siena (+4)
• Milano (+1)
• Trieste (+19)
• Firenze (0)
• Trento (+1)
• Rimini (+23)
• Udine (+11)
• Parma (+2)
• Bolzano (-9)
Balzano agli occhi Rimini, che in un anno ha messo a segno un exploit di 23 posizioni, e Bolzano, che ne ha perse 9 e tracolla in decima posizione dopo aver tenuto saldamente la vetta per sei anni consecutivi. Una discesa questa legata soprattutto al peggioramento degli indicatori relativi a legalità e sicurezza, demografia e famiglia, ambiente e turismo.
All’altro lato della classifica troviamo le flop 10:
• Napoli (+3)
• Catania (-3)
• Foggia (+3)
• Trapani (-9)
• Siracusa (-8)
• Caltanissetta (+1)
• Taranto (-2)
• Reggio di Calabria (0)
• Crotone (0)
Come si vede, nelle prime dieci posizioni ci sono tutte province del Nord, con la sola eccezione di Firenze in rappresentanza del Centro, mentre nelle ultime dieci troviamo solo province del Sud.
Tra chi ha perso molto terreno spiccano poi Prato (-8 posizioni), Imperia (-23), Asti (-20), Reggio nell’Emilia (-17), Savona (-15) e Cremona (-19).
Al contrario hanno scalato la classifica Isernia (+37 posizioni), Novara (+28), Venezia (+26), Benevento (+24), Ferrara (+24), oltre a Rimini che è riuscita anche ad entrare in top ten.
Nel complesso c’è un maggiore ‘ben-vivere’
Un dato importante che emerge dal Rapporto è che in generale, dopo una flessione registrata nel 2023, c’è una situazione complessiva di maggiore ben-vivere; infatti, la seconda metà della classifica è più vicina alla prima, segnalando un processo di convergenza e un trend di crescita generale nei livelli di qualità della vita.
E sono soprattutto le province del Sud a mostrare un miglioramento complessivo rispetto agli anni precedenti, anche se come visto continuano a essere distanti rispetto al Nord e al Centro.
Sempre a livello generale, gli ambiti che risultano maggiormente migliorati riguardano l’Accoglienza, il Lavoro (questo soprattutto nel Mezzogiorno), l’Impegno Civile, la Salute e i Servizi per le Persone.
Mentre le dimensioni del BenVivere che fra il 2023 e il 2024 hanno subito una contrazione più ampia sono Demografia e Famiglia, Legalità e Sicurezza ed Economia e Inclusione, insieme a Capitale Umano e Ambiente Cultura e Turismo.
Transizione ecologica e sociale, Sud e aree interne arrancano
Il Rapporto ha valutato tutti questi aspetti – e altri – anche secondo ‘indicatori ibridi’ che misurano la transizione economica, sociale, ambientale e innovativa delle province italiane: otto di welfare sociale, tre di welfare ambientale, tre di circolarità economica e tre di innovazione.
In base all’indicatore ibrido di circolarità economica, calcolato su base regionale, la tendenza in tutte le Regioni e Province autonome è positivo, anche se con differenze tra i vari territori. Come per l’anno scorso, le uniche regioni che continuano ad avere un trend negativo sono la Basilicata e il Molise.
In generale, gli indicatori ibridi nei quali si evidenzia un più diffuso miglioramento appartengono al welfare sociale (biblioteche, trasporto pubblico, fruizione dei servizi per l’infanzia, posti di accoglienza). A seguire, gli indicatori ibridi ambientali, siano essi di welfare o di circolarità, con l’unica eccezione dei posti letto negli ospedali. Infine, si trovano gli ibridi di innovazione e di welfare sociale legati alle dinamiche del sistema sanitario (speranza di vita, assistenza degli anziani), con l’unica eccezione data dai centri per l’impiego, che occupa l’ultima posizione e per il quale in nessuna provincia si registra un miglioramento.
Nel complesso, gli indicatori ibridi mostrano una realtà a macchia di leopardo, con forti diseguaglianze territoriali soprattutto nelle regioni meridionali e nelle aree interne, che faticano ad avanzare nella transizione ecologica e sociale.
I problemi del Sud
Ma quali sono i problemi per cui il Sud occupa stabilmente le ultime posizioni del ben-vivere? Si tratta di una combinazione di fattori strutturali e sociali che impattano soprattutto su sicurezza, inclusione economica e condizioni di vita generale. Nel dettaglio:
• legalità e sicurezza: le province del Sud soffrono livelli di criminalità più elevati rispetto a quelle del Nord e del Centro, e questo incide negativamente sia sulla percezione della sicurezza sia sulla qualità della vita in generale.
• economia e inclusione: le aree meridionali continuano a mostrare forti difficoltà nel garantire l’inclusione economica, con alti livelli di disoccupazione e basso accesso alle opportunità economiche.
• capitale umano: anche in termini di istruzione e formazione, il Sud è indietro, con una carenza di opportunità educative che si traduce in minori competenze.
• demografia e famiglia: la bassa natalità e il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione sono particolarmente accentuati nel Mezzogiorno, il che si traduce in comunità anziane, poco dinamiche e poco aperte all’innovazione.
• servizi per la persona: i servizi sociali, come l’assistenza sanitaria e il supporto alle famiglie, sono meno sviluppati nel Sud, causando una qualità della vita inferiore.
• impegno civile: il livello di partecipazione civica e di coinvolgimento nelle istituzioni è più basso nelle province meridionali, cosa che contribuisce a una minore capacità di risposta ai bisogni della comunità e alla gestione delle risorse locali.
• ambiente, cultura e turismo: molte province del Sud non riescono a sfruttare al meglio le proprie risorse ‘immateriali’, anche a causa della mancanza di infrastrutture adeguate e di politiche di gestione sostenibile.
Se dunque il rapporto evidenzia che il Sud Italia sta recuperando terreno rispetto al Nord in alcune dimensioni del BenVivere, rimangono comunque ancora divari importanti in termini di fiducia istituzionale, accesso all’istruzione e soddisfazione di vita.
Ed è proprio a questo proposito che può intervenire la generatività, che, come fattore che migliora il capitale sociale e istituzionale delle comunità, può aiutare a ridurre le disuguaglianze.
Nel complesso la generatività peggiora
Il Rapporto ha investigato infatti anche questo aspetto, stilando una seconda classifica ad hoc attraverso 13 indicatori che riflettono aspetti multidimensionali come la natalità, il numero di start-up innovative, la raccolta differenziata, l’età media della madre al parto, il ‘voto col portafoglio (generare impatti positivi nella società e sull’ambiente con le proprie scelte di consumo e di investimento)’, la riduzione dei NEET (giovani che non studiano né lavorano), la crescita delle imprese straniere e molti altri aspetti che descrivono la capacità di un territorio di generare benessere sociale ed economico sostenibile.
Ecco le prime 10 province per generatività nel 2024:
• Bolzano (0)
• Milano (+1)
• Trento (-1)
• Gorizia (+33)
• Pordenone (0) -1
• Treviso (+2)
• Verona (+8)
• Mantova (+6)
• Rimini – (+17)
• Cuneo (-3).
Mentre le ultime 10 province sono:
• Siracusa (-54)
• Taranto (+5)
• Potenza (+7)
• Rovigo (+2)
• Sud Sardegna (-33)
• Foggia (+10)
• Livorno (-3)
• Campobasso (-14)
• Nuoro (-1)
• Oristano (-1)
Anche in questo caso le province del Nord continuano a guidare la classifica (ma le prime tre hanno perso qualcosa), mentre quelle del Sud e delle Isole registrano le peggiori performance.
Complessivamente però la generatività è peggiorata, sia in termini di livello che di aumento delle diseguaglianze, con un livellamento verso il basso della generatività delle province.
Tuttavia, ci sono segnali positivi in alcune province del Sud, come Catanzaro, che è salita di 65 posizioni, grazie a miglioramenti significativi in vari indicatori, tra cui la riduzione del tasso di NEET e un aumento della natalità e del tasso di nuzialità.
Tra le province che ‘fanno male’, invece, Siracusa e Viterbo hanno visto un netto peggioramento dovuto a cali significativi nel numero di start-up, nella natalità, e nella demografia imprenditoriale, segnando così una riduzione della vitalità sociale ed economica.
Sul Rapporto, tra gli altri, è intervenuto al Festival dell’Economia Civile Salvatore Capasso, direttore del Dipartimento CNR di Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale, che ha spiegato: “Con la complessità e la crescita economica, l’economia diventa sempre più ‘specializzata’. Indicatori di sintesi specifici sono fondamentali, perché catturano dati che quelli di sintesi generali – come il PIL – non riescono a percepire. Qualità del lavoro, impatto ambientale e salute sono solo alcuni di questi elementi”.
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