Alcol e cervello, sfatato un falso mito. I ricercatori: “Nessuna quantità è sicura”
- 1 Ottobre 2025
- Popolazione
Non esiste una quantità di alcol sicura per la salute del cervello: bere qualsiasi bevanda alcolica aumenta il rischio di sviluppare demenza nel corso della vita. A confermarlo definitivamente è stata un’autorevole ricerca, descritta come la più vasta mai condotta sull’argomento, che ha combinato metodi tradizionali e genetici per valutare l’effetto dell’alcol sul rischio di demenza.
I risultati di questa analisi, pubblicati sulla rivista Bmj Evidence-Based Medicine, contraddicono la vecchia idea che un consumo moderato potesse addirittura proteggere il cervello. Anya Topiwala, autrice principale dello studio e ricercatrice senior presso l’Università di Oxford, ha specificato che le analisi basate sul Dna hanno mostrato che anche piccole quantità di alcol potrebbero far crescere il rischio di sviluppare la malattia.
I limiti degli studi passati
Per anni, molti studi sul tema si sono basati su una metodologia osservazionale cioè su ciò che le persone dichiarano di bere e avevano suggerito che chi consumava una quantità da leggera a moderata di alcol (a volte meno di 7 drink a settimana) poteva avere un rischio di demenza inferiore rispetto a chi era completamente astemio o beveva troppo. Questa idea era spesso rappresentata come una curva “a forma di U”.
Tuttavia, i ricercatori hanno sottolineato che questi studi potevano essere confusi da due problemi principali:
1. I “Sick quitters”: molti non bevitori inclusi in questi studi non erano persone che non avevano mai bevuto, ma ex-bevitori pesanti che avevano smesso a causa di problemi di salute. Questo rendeva gli astemi un gruppo ad alto rischio, falsando i confronti.
2. L’effetto del tempo (Causalità Inversa): La demenza stessa può far cambiare le abitudini.
La nuova metodologia
Per ottenere una visione più chiara, quindi, i ricercatori hanno utilizzato i dati di quasi 560 mila persone, provenienti da due grandi banche dati, l’Uk Biobank e il programma statunitense Million Veteran Program (Mvp).
In una prima fase osservazionale, in cui i partecipanti riferivano il loro consumo di alcol, lo studio ha inizialmente confermato il vecchio schema a forma di U: i bevitori leggeri (meno di 7 drink a settimana) avevano un rischio inferiore rispetto ai non bevitori e a chi beveva molto (più di 40 drink a settimana) di sviluppare forme di demenza. E addirittura, i non bevitori risultavano avere un rischio simile a quello dei bevitori più pesanti.
Il secondo passo è stato l’uso della “Randomizzazione Mendeliana”. Questo metodo utilizza le varianti genetiche legate all’uso di alcol per stimare il rischio di demenza nel corso della vita. Il grande vantaggio di questo metodo è che è meno influenzato da altri fattori (come lo stile di vita o la condizione sociale) e riduce il rischio di causalità inversa. L’analisi genetica ha attinto a dati riassuntivi di 45 studi precedenti, per un totale di 2,4 milioni di persone.
I risultati? “Rischio sempre in aumento”
I risultati genetici hanno contraddetto l’idea che bere poco potesse essere una forma di protezione per la mente. L’analisi ha evidenziato un aumento costante e continuo del rischio di demenza all’aumentare del consumo di alcol, senza un punto in cui l’alcol risultasse protettivo.
I ricercatori hanno poi calcolato che un aumento del consumo da un drink a tre drink a settimana è associato a un aumento del rischio di demenza del 15%. Inoltre, la ricerca ha valutato la predisposizione ereditaria ai problemi con l’alcol. Se si possiede un rischio genetico doppio di sviluppare un grave problema come il disturbo da uso di alcol si arriva anche ad un 16% del rischio di demenza in più.
Questi risultati rafforzano la necessità di rivedere i consigli sulla salute pubblica, sfidando l’idea di lunga data di un effetto neuroprotettivo dell’alcol. Infine, lo studio suggerisce che sforzi per ridurre i problemi legati all’uso di alcol nella popolazione potrebbero portare a una diminuzione fino al 16% dei casi di demenza e Alzheimer.