Italiani e pubblicità: l’81% non si riconosce nel modo in cui viene rappresentato il proprio genere
- 21 Luglio 2025
- Popolazione
Basta con i cliché: il 79% degli italiani non si riconosce nel modo in cui la pubblicità racconta il proprio genere e la percentuale sale all’81% quando la lente si sposta sull’età. Al contempo, il 66% si fida particolarmente dei marchi che evitano stereotipi e parlano in modo autentico, coerentemente con la crescente attenzione dei consumatori verso le pratiche di greenwashing. Spesso messi in contrapposizione, Generazione Z e Boomer risultano i due gruppi anagrafici più critici nei confronti dell’immaginario proposto dai media:
- per la GenZ la pubblicità propone spesso stereotipi che non rispecchiano l’identità fluida e autentica di questa generazione;
- per i Boomer, le rappresentazioni pubblicitarie sembrano ignorare la complessità e l’evoluzione del loro ruolo nella società e nella famiglia.
Per il 73% del campione è quindi urgente intervenire per promuovere una maggiore inclusione nelle rappresentazioni pubblicitarie.
Le criticità non colpiscono tutti i comparti allo stesso modo. Beauty, cura della casa e cura della persona mostrano la sensibilità più alta: oltre 45% dei consumatori premia le campagne inclusive in questi settori, mentre la finanza si ferma al 17%.
Lo studio Eumetra sull’inclusione e la parità di genere offre uno spaccato interessante su come è cambiato il rapporto tra italiani e pubblicità, sintomo di una società in rapida evoluzione.
I dati dello studio Eumetra
La ricerca, condotta su oltre duemila intervistati, dimostra che sta crescendo il sentimento di esclusione degli italiani nei confronti dei messaggi pubblicitari e rende urgente ripensare linguaggi, immagini e scenari offerti ai diversi target demografici. Le aziende che comprendono questa distanza, sottolinea lo studio, possono trasformarla in un’opportunità: colmare il gap di rappresentazione significa costruire connessioni più autentiche con consumatori che chiedono visibilità e rispetto per la loro identità.
“Le persone sono sempre più attente a ciò che le aziende comunicano, e non si accontentano più di messaggi dichiarativi o simbolici. Vogliono coerenza tra parole, azioni e valori – ha dichiarato Matteo Lucchi, Ceo di Eumetra – Per questo abbiamo sviluppato un modello che non si limita a misurare la memorabilità o l’apprezzamento di un contenuto di comunicazione, ma ne analizza la capacità di essere inclusivo, autentico e allineato ai principi della Diversity, Equity & Inclusion. La DE&I non è più una questione etica: è una leva competitiva. Comunicare bene questi temi significa generare valore, fiducia, reputazione e attrattività”.
I cinque pilastri della pubblicità per gli italiani
Oltre alla rappresentazione, il pubblico valuta ogni campagna sulla base di cinque criteri fondamentali: la coerenza, l’inclusività, il rispetto, il valore e l’empatia.

La predominanza della coerenza segnala come il pubblico non si accontenti di semplici dichiarazioni d’intenti: cerca un legame saldo e credibile tra ciò che i brand promettono e ciò che effettivamente realizzano. Accanto a questo, il valore attribuito all’inclusività reale e al rispetto conferma l’urgenza di campagne che non limitino l’attenzione alla superficie, ma si traducano in pratiche concrete e narrative autentiche. L’empatia, pur risultando il criterio meno citato, rimane comunque cruciale per instaurare un rapporto duraturo con consumatori che desiderano sentirsi non solo rappresentati, ma anche compresi e considerati.
Implementare questi cinque pilastri in modo integrato consente alle aziende di superare la semplice adesione formale alla Dei, trasformando le dichiarazioni di intenti in risultati misurabili sul fronte della reputazione e della relazione con i consumatori. L’impatto cambia a seconda dei settori, come evidenziamo in questo grafico:

Le aziende e la parità di genere
La ricerca “Generi e Generazioni allo specchio” di Eumetra evidenzia come gli italiani ritengano ancora insufficiente l’impegno delle imprese per la parità di genere. Solo il 7% delle donne e il 15% degli uomini ritiene che le aziende compiano azioni tangibili per la parità, mentre il 35% delle donne e il 28% degli uomini giudica questi sforzi come mera operazione di facciata.
Allo stesso tempo, la domanda di maggiore coinvolgimento resta alta: il 62% delle donne e il 39% degli uomini desidera un impegno più robusto sui temi di genere. Questo scarto tra percezione e aspettativa rappresenta un terreno fertile per progetti concreti di Diversity & Inclusion, capaci di restituire autenticità alle promesse aziendali.
Il 54% degli intervistati ritiene che un impegno credibile su questi aspetti migliori il benessere e il coinvolgimento dei dipendenti e per il 49% questo impegno aiuta a creare ambienti lavorativi più inclusivi e collaborativi. Infine, Infine, il 40% delle donne intervistate riconosce che affrontare seriamente questi temi ha un impatto diretto sulla reputazione aziendale, e valore per la società, ma la percentuale cala al 29% tra gli uomini.