Rubare e divulgare materiale da Onlyfans è revenge porn: la sentenza in Cassazione
- 7 Ottobre 2025
- Popolazione
Divulgare foto e video da Onlyfans può essere un reato: se qualcuno compra il contenuto e lo diffonde senza il consenso del creator può incorrere nel reato di “revenge porn”. A stabilirlo è la quinta sezione penale della Corte di Cassazione secondo la quale, chi mette in vendita le immagini del proprio corpo non cede anche i diritti di utilizzo di quel materiale.
Nella sentenza si legge che “il consenso espresso dalla persona ritratta al momento della condivisione è circoscritto alla facoltà di visualizzazione del solo destinatario del contenuto”. Per questo motivo, spiegano i giudici della Suprema Corte, “deve ritenersi che integri il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti la condotta di chi, avendo ricevuto o comunque acquisito materiale visivo pubblicato sul social network Onlyfans, lo trasmetta a terzi senza il consenso della persona ritratta”.
La storia
La storia nasce nel periodo del lockdown dovuto al Covid-19, tra il febbraio e l’ottobre del 2021, da un rapporto “a tre”, come spiega il Messaggero, che si è consumato nell’ambito della produzione di contenuti hot per l’app Onlyfans. La protagonista è una ragazza che decide di iscriversi sulla piattaforma e pubblicare sue immagini erotiche.
Nella prima fase della vicenda emerge che la ragazza “fosse consapevole e consenziente alla condivisione delle immagini nella ristretta cerchia del rapporto “a tre” creatosi sulla piattaforma Onlyfans con l’imputato” e con un altro ragazzo “amico di entrambi, nonché vicino di casa della vittima”, si legge nella sentenza. Fino a qui nulla di strano se non per il fatto che ad ottobre, un video “a contenuto sessualmente esplicito – scrivono i giudici – che riprendeva la donna mentre compiva un atto di autoerotismo” è diventato presto oggetto “estraneo al rapporto a tre”, finendo su whatsapp a causa dell’imputato che decide di inviarlo, senza il consenso della ragazza, ad altri amici.
Lei lo scoprirà solo il 12 novembre 2021 ed è in quel momento che presenta una querela contro l’amico.
La sentenza
In prima battuta, la Procura di Pavia chiede il rinvio a giudizio per il reato di revenge porn. L’imputato aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato e il gup del Tribunale pavese lo aveva condannato alla pena detentiva di 5 mesi e 10 giorni di reclusione, 2.400 euro di multa e un risarcimento dei danni. Il giovane, però, vince il ricordo in Corte d’appello a Milano, la quale ha dichiarato di “non doversi procedere per tardività della querela”: il reato di divulgazione del materiale senza il consenso della vittima risaliva a febbraio, la querela a novembre, perciò “tardiva”.
A rovesciare la situazione è la Cassazione, che ha individuato la commissione del reato al momento in cui “il video è uscito dal ristretto circuito di condivisione “a tre” ed è stato inviato dall’imputato a un ulteriore uomo suo amico, all’insaputa della vittima. Ciò avvenne solo a partire da ottobre 2021 – precisano la sentenza – sicché la querela, proposta a novembre di quell’anno, deve ritenersi tempestiva”.
Il reato di revenge porn
Ciò che colpisce è che la Suprema Corte ha ribadito che il reato di revenge porn è applicabile anche al materiale presente su Onlyfans qualora venga “rubato” e divulgato senza consenso. La ratio sta nella natura stessa dell’app che non permette contrattualmente agli utenti che pagano il download dei file ricevuti da chat privata di un altro utente della stessa piattaforma.
Il filmato in questione, infatti, era stato acquisito con la tecnica della registrazione dello schermo.