Pensionato vivo ma “morto” per l’Inps, tre mesi senza assegno
- 12 Giugno 2025
- Popolazione Welfare
Spesso si dice chi inizia a lavorare oggi vedrà la pensione solo quando sarà morto. Ecco, a Michele, che di anni ne ha 78, è successa la stessa cosa. Almeno per l’Inps.
Un errore burocratico ha trasformato la vita di questo signore, pensionato di 78 anni di Posta Fibreno, in un paradosso kafkiano: da marzo non riceve più la pensione, semplicemente perché per l’Inps Michele è morto. La causa è un certificato di morte compilato per errore, anche se un morto c’era stato davvero.
Vivo, ma non per l’Inps
La vicenda inizia il 24 febbraio, quando un familiare novantenne di Michele muore presso l’ospedale “Santissima Trinità” di Sora. Nel caos della compilazione dei documenti per le onoranze funebri, qualcuno commette un errore fatale: anziché redigere un solo atto di morte per il vero defunto, ne vengono compilati due, e in uno compare il nome di Michele al posto del reale scomparso.
Come riporta Il Messaggero, quando Michele, preoccupato per il mancato pagamento della pensione che arrivava sempre puntualmente, si reca presso gli uffici dell’istituto previdenziale per chiedere spiegazioni, riceve una risposta surreale: “Guardi che lei è morto”. Una frase che, vista l’età di Michele, sarebbe potuta diventare performativa.
Il sistema informatico dell’Inps continua a registrarlo come deceduto; l’errore di una penna distratta si è trasformato in una “cessazione immediata degli emolumenti”.
Il labirinto burocratico
L’avvocato Antonio Lecce, che assiste Michele in questa particolare vicenda, ha tentato di risolvere la questione attraverso una diffida formale inviata all’Asl di Frosinone. Tuttavia, la macchina burocratica si era già messa in moto e la comunicazione inviata due giorni dopo dalla stessa Asl, che si era accorta della svista, non è riuscita a fermare il processo di cessazione dei pagamenti pensionistici.
Per l’Inps non basta che Michele si presenti personalmente: serve un certificato ufficiale che dimostri il suo stato di vita. “Per noi lei è morto. Se vuole dimostrare il contrario, porti un documento che attesti che è vivo”, gli dicono i funzionari.
Un problema di sistema
La situazione di Michele evidenzia le criticità del sistema burocratico italiano, dove un documento errato può avere conseguenze immediate e devastanti sulla vita delle persone. La procedura standard dell’Inps prevede che, in caso di segnalazione di decesso, il pagamento della pensione venga immediatamente sospeso in attesa della verifica dell’evento da parte del Comune competente.
Questo meccanismo, che dovrebbe garantire il controllo contro le percezioni indebite di prestazioni previdenziali, può trasformarsi in un serio problema quando si verificano errori nella trasmissione dei dati. I medici necroscopi e le anagrafi comunali sono tenuti per legge a comunicare online all’Inps i decessi entro 48 ore dall’evento, ma quando questi dati sono errati, il sistema automatico procede ugualmente alla sospensione dei pagamenti.
Il caso di Michele non rappresenta un episodio isolato nel panorama italiano. Nel 2021, un commerciante di 55 anni di Sassari, Alberto La Spina, si era trovato in una situazione simile quando aveva scoperto di risultare morto per i sistemi informatici dell’Inps. Anche in quel caso, nonostante avesse ottenuto un “certificato di esistenza in vita” dal Comune di Sassari, l’Inps continuava a considerarlo deceduto.
Le conseguenze della digitalizzazione
La digitalizzazione dei servizi pubblici, pur rappresentando un importante passo avanti nell’efficienza amministrativa, ha evidenziato anche nuove fragilità del sistema. L’automazione dei processi, se da un lato accelera le procedure, dall’altro può amplificare gli effetti di errori umani, rendendo più complessa la correzione di sviste che in passato potevano essere risolte con maggiore flessibilità. Un discorso analogo vale per l’intelligenza artificiale, sempre più utilizzata per automatizzare il lavoro ma pericolosa in caso di malfunzionamento o allucinazioni.
Nel caso di Michele, l’errore iniziale si è propagato attraverso diversi sistemi informatici, creando una situazione in cui la realtà fisica della persona vivente non viene riconosciuta dal sistema digitale.
Ora Michele deve affrontare un percorso burocratico per riottenere la sua pensione, e rivolgersi a un patronato per rifare la pratica previdenziale ex novo. L’avvocato Lecce non esclude azioni risarcitorie qualora la questione non dovesse risolversi rapidamente, considerando il danno economico e il disagio subito dal suo assistito.
La vicenda solleva interrogativi sulla necessità di implementare meccanismi di controllo più efficaci per evitare che errori simili possano ripetersi in futuro, garantendo maggiore tutela ai cittadini che si trovano coinvolti in situazioni così paradossali.