Moody’s lancia l’allerta sulla demografia italiana
- 23/11/2023
- Popolazione
Alla fine lo spauracchio Moody’s sulla valutazione della Manovra 2024 ha fatto meno paura del previsto. Se, però, le previsioni a breve termine sono positive, quelle e medio-lungo termine preoccupano l’agenzia di rating che allerta l’Italia su Pnrr e demografia.
Insomma, il rating del debito italiano è rimasto a “Baa3” e l’outlook è passato da “negativo” a “stabile”, ma le buone notizie rischiano di finire qui. Moody’s ha infatti sottolineato che l’invecchiamento della popolazione italiana sarà il problema principale per il debito del paese nel prossimo decennio.
Gli elementi che hanno decretato un miglioramento delle prospettive di breve termine sono essenzialmente due:
- L’attuazione del Pnrr;
- La salute del settore bancario italiano
Il Piano nazionale di ripresa e ripartenza, dal valore di 191,5 miliardi di euro, “è un’opportunità, che capita una sola volta nella vita”, spiega Moody’s sottolineando che “la decisione di modificare l’outlook da ‘negativo’ a ‘stabile’ riflette la stabilizzazione delle prospettive per la forza economica del paese, la salute del settore bancario e le dinamiche relative al debito pubblico”.
Bisogna specificare che il rating assgnato all’Italia tiene anche conto del sostegno al credito da parte della Banca Centrale Europea e dell’impegno credibile di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per rispondere ai forti aumenti dei tassi di interesse. Moody’s ha considerato le carenze in termini di efficacia politica dell’Italia, e ha riconosciuto che l’affidabilità del sistema poggia sull’esistenza di un sostegno affidabile come quello della Bce.
Le prospettive future
Nel mese di settembre il debito pubblico italiano è rimasto stabile a 2.844 miliardi di euro, mentre nella Nadef il governo prevede un aumento a 2.784 miliardi entro fine anno. Lieve oscillazione, ma non uno scossone, dunque, per cui Moody’s ipotizza che il peso del debito italiano rimarrà intorno al 140% del Pil nei prossimi anni, mentre l’accessibilità del debito si indebolirà gradualmente con l’aumento del costo del nuovo debito.
Sul fronte deficit, invece, lo scenario base di Moody’s prevede che il deficit fiscale dell’amministrazione pubblica raggiungerà il 4,4% del PIL nel 2024, rischiando però di aumentare negli anni successivi a causa delle proposte di riforma Irpef ipotizzate dall’esecutivo.
Tuttavia, l’aspetto che getta più ombre sulla tenuta economica del Belpaese è senz’altro la demografia.
Il peso della demografia sull’economia italiana
Secondo le proiezioni di Moody’s, il livello del debito italiano rimarrà notevolmente elevato nel prossimo decennio, soprattutto a causa delle sfide demografiche che l’Italia affronta.
Ancora di più, verso il 2030 l’agenzia di rating americana prevede che la crisi demografica italiana comporterà un modesto aumento del livello del debito poiché i costi dell’invecchiamento della popolazione inizieranno a erodere l’avanzo primario, ovvero la differenza fra spesa pubblica ed entrate al netto del costo del debito pubblico. Da una parte ci saranno sempre più anziani, e quindi una maggiore spesa per la sanità pubblica, dall’altra ci sarà meno forza lavoro e quindi meno capacità fiscale da cui attingere risorse per sostenere il welfare.
I numeri della demografia italiana
Basti pensare che nel 2022 si è registrato un altro record negativo per le nascite in Italia e i nuovi nati sono stati 393mila, in calo dell’1,7% rispetto al 2021. Il Rapporto Istat ‘Natalità e fecondità della popolazione residente – Anno 2022’ conferma il trend discendente del Paese, che vede il tasso di fecondità passare a 1,24 figli per donna dall’1,25 del 2021. L’anno che volge al termine non vede un’inversione di rotta: in base ai primi dati provvisori, a gennaio-giugno le nascite sono state circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022, e si stima una fecondità pari a 1,22 figli per donna, ben al di sotto della soglia di sostituzione della popolazione, necessario a compensare le morti, pari a 2,1.
Dal 2008, anno in cui il numero dei nati vivi ha registrato il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila, e dal 2010, quando si è toccato il massimo relativo degli ultimi vent’anni a 1,44 figli per donna, il trend demografico dell’Italia è sempre stato in discesa, con una riduzione medio-annua di circa 13mila unità – pari al 2,7% della popolazione. In pratica, oggi si rilevano oltre 183mila nascite in meno rispetto al 2008, ovvero un calo del 31,8% in circa quindici anni.
Si tratta di un trend che tende a consolidarsi anche perché persino gli immigrati hanno iniziato a fare meno figli. Infatti il tasso di fecondità, nel 2022 pari all’1,24 figli per donna, è una statistica che tiene conto delle nascite di nuovi cittadini italiani, siano essi nati da genitori italiani o stranieri.
Se però si considerano solo le donne italiane la cifra si ferma a 1,18 – era 1,33 nel 2010 – mentre per le straniere è pari a 1,87. Il dato che preoccupa è il trend che ha riguardato le donne straniere in Italia negli utlimi anni: nel 2006 la fecondità delle straniere era pari a 2,79 figli per donna, ben distante dall’1,87 di oggi.
In base ai dati Istat, i nati da genitori in cui almeno uno dei due sia straniero continuano a diminuire nel 2022, attestandosi al 20,9% del totale dei nati. I nati da genitori entrambi stranieri sono 53.079 (26.815 in meno sul 2012), il 13,5% del totale. L’apporto degli immigrati è più solido al Nord, dove si registra una maggiore incidenza delle nascite da genitori entrambi stranieri sul totale dei nati (19,3%) seguito dal Centro (15,1%). Nel Mezzogiorno invece l’incidenza è molto inferiore: 5,6% al Sud e 5% nelle Isole.
Solo pochi mesi fa, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella dichiarava: “Non possiamo sostituire la nostra natalità con la presunta immigrazione ma dobbiamo renderci conto che anche gli immigrati che vivono in Italia acquistano le nostre abitudini, cioè smettono di fare figli”.
Le soluzioni per l’economia
I dati appena visti fanno dell’Italia il paese europeo meno prolifico insieme alla Spagna. Secondo l’Istat avrà una popolazione di 51 milioni di persone nel 2050. Continuando con questo trend, l’intera popolazione italiana potrebbe estinguersi nel 2307.
Prima, però, il sistema diventerebbe già insostenibile senza un drastico cambio di rotta. Come spiega lo studio “Rinascita Italia”, se si verificassero le previsioni Istat per il 2050, il Belpaese subirebbe una perdita economica pari a 1/3 del Pil. Sarebbe sufficiente aspettare altri 20 anni per vedere completamente esplodere il rapporto debito/Pil che raggiungerebbe il 220% nel 2070, un dato palesemente insostenibile per l’economia di qualsiasi Paese.
Occorre ridurre il deficit nei prossimi anni, spiega Moody’s, per influenzare positivamente la futura traiettoria del debito. Una necessità che diventa ancora più urgente se si considera che il differenziale tra la crescita del paese e i tassi di interesse diventerà negativo nel 2025.
L’agenzia spiega che le riforme pensionistiche precedentemente adottate (qui per le misure pensionistiche della Manovra 2024) contribuiranno a ridurre i costi pensionistici a partire dal 2040, ma fino ad allora, i costi legati all’invecchiamento della popolazione metteranno a dura prova le finanze pubbliche.
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