Un terzo delle mamme lavoratrici in Europa lavora part time
- 12/11/2024
- Popolazione
Le hanno chiamate equilibriste, coraggiose, esempi da prendere come modello, ma altro non sono che lavoratrici, mamme, costrette a barcamenarsi tra vita privata e lavoro e non con poche difficoltà. Secondo i più recenti dati Eurostat, un terzo di esse, in Europa, ha lavorato part time nel 2023.
Al contrario, tra gli uomini, la percentuale era del 5%.
Lavoro part time in Ue
Nel 2023, la quota di dipendenti part time di età compresa tra 20 e 64 anni nell’Unione europea era del 17,1%, in leggero aumento rispetto al 16,9% del 2022. Guardando indietro agli ultimi 10 anni, però, la quota di lavoratori part time ha registrato un lento ma costante trend in calo: dal 19,1% nel 2014 e nel 2015 al 16,9% nel 2022, per poi aumentare solo l’anno scorso.
La quota di occupazione part time per gli uomini è rimasta stabile intorno all’8% per tutto questo periodo, ma per le donne la quota è diminuita di 3,9 punti percentuali, passando dal 31,8% nel 2014 al 27,9% nel 2023. La percentuale più alta di lavoratori part time era costituita da donne con figli.
Genitorialità e part time
Nel 2023, il 31,8% delle donne occupate di età compresa tra 25 e 54 anni con figli nell’Ue era impegnata in un lavoro part time, contro il 20% delle donne occupate senza figli. Per gli uomini, invece, una percentuale inferiore di quelli con figli lavorava part time (5%) rispetto alle loro controparti senza figli (7,3%). La quota di donne occupate con figli che lavoravano part time superava quella delle donne senza figli in tutti i Paesi dell’Ue ad eccezione di Danimarca, Finlandia, Lettonia, Grecia e Romania.
La differenza nel tasso di occupazione part time tra donne con figli e uomini con figli era di 26,8 punti percentuali. Per uomini e donne senza figli, la differenza (12,7 punti) era più ridotta e ammontava a meno della metà della stima per le persone con figli.
In Lettonia, Portogallo, Polonia, Ungheria, Lituania, Slovacchia, Croazia, Romania e Bulgaria, la quota di lavoratori part time nell’occupazione totale era relativamente bassa indipendentemente dalla presenza di figli ed era inferiore al 10% per uomini e donne occupati, con o senza figli.
Inoltre, la quota di uomini impegnati in lavori part time, indipendentemente dal loro stato di genitori o tutori, dimostra una minore variabilità rispetto ai tassi di occupazione part time per le donne nei paesi dell’Ue: la quota maschile variava dall’1,1% (per gli uomini con figli in Slovacchia) al 15,5% (per gli uomini senza figli in Danimarca).
Maternità e part time
Il tasso di occupazione per le donne con figli nell’Ue era del 74,9%, che è inferiore al tasso di occupazione del 79,7% per le donne senza figli e rappresenta una differenza di 4,8 punti percentuali. Inoltre, la quota di lavoro part time per le donne con figli è pari al 31,8%, che a sua volta, in termini di tasso di occupazione, è superiore al 20,0% per quelle senza figli, mostrando una differenza di 11,8 punti percentuali. Ciò mostra come la genitorialità, in caso di genere femminile, possa variare notevolmente le necessità di lavorare part time o meno. Ma vale per tutti i Paesi?
Svezia e Slovenia (87,8%), Norvegia (85,3%), Portogallo (84,9%) e Danimarca (84,0%) presentano i tassi di occupazione più elevati per le donne con figli. La Repubblica Ceca presenta la differenza più ampia (19,2 punti), con un tasso di occupazione elevato del 91,9% per le donne senza figli, mentre l’Italia registra il tasso di occupazione più basso per le donne con figli (61,2%) e per le donne senza figli (66,4%) nell’Unione europea.
La quota più alta di lavoro part time per le donne con figli è stata registrata in Austria (69,2%), nei Paesi Bassi (67,9%) e in Germania (65,4%), il che indica che molte donne scelgono o hanno bisogno di lavorare part time in questi Paesi.
Al contrario, Bulgaria (1,6%) e Romania (2,4%) hanno mostrato un tasso di part time molto basso per le donne con figli ma anche in generale (vale a dire, donne e uomini con o senza figli), il che potrebbe implicare meno opzioni per accordi di lavoro flessibili.
“Queste statistiche indicano che nella maggior parte dei Paesi – spiega l’Eurostat – la presenza di figli ha un impatto sui tassi di occupazione delle donne e sulla loro propensione a lavorare part time. Paesi come Danimarca, Svezia e Croazia hanno tassi di occupazione più elevati di donne con figli rispetto a quelle senza figli, ma la differenza nel lavoro part time è minima o negativa. Dall’altro lato, Germania, Austria e Paesi Bassi mostrano gli incrementi più significativi nel lavoro part time tra le donne con figli rispetto a quelle senza. Tuttavia, il tasso di occupazione per le donne con figli rispetto alle donne senza figli è particolarmente più basso in Germania e Austria”.
Le tendenze più equilibrate si riscontrano in Finlandia e Lituania, dove la differenza assoluta per entrambi gli indicatori che confrontano le donne con e senza figli è inferiore o uguale a 1 punto percentuale. Lettonia, Cipro e Portogallo hanno registrato una differenza assoluta inferiore a 3 punti per entrambe le statistiche. La Repubblica Ceca si distingue perché le donne con figli sperimentano un calo significativo dei tassi di occupazione e un aumento moderato del lavoro part time. La più vicina alla media Ue è l’Italia, dove la differenza del tasso di occupazione è stata di 5,2 punti (la media è di 4,8 punti) e la differenza nella quota di lavoratori part time è stata pari a 11,6 punti (la media è 11,8 punti).
Paternità e part time
Gli uomini con figli tendono a sperimentare differenze positive nel tasso di occupazione rispetto alle loro controparti senza figli, al contrario delle donne con figli in molti Paesi. Ad esempio, Paesi come la Repubblica Ceca, la Romania e la Germania hanno mostrato forti differenze negative nel tasso di occupazione per le donne, ma per gli uomini le differenze sono positive.
Per quanto riguarda gli uomini, avere figli indica un tasso di occupazione più elevato in tutti i Paesi e mostra anche una quota stabile o inferiore di occupazione part time per gli uomini con figli rispetto a quelli senza figli in tutti i Paesi per i quali sono disponibili dati.
“I tassi di occupazione più elevati per gli uomini con figli – spiega l’Eurostat – sono stati misurati nella Repubblica Ceca (96,8%), in Slovenia (95,7%), nei Paesi Bassi (95,4%) e in Svezia (95,1%).
La Grecia ha la differenza più grande (14,9 punti), con un tasso di occupazione del 93,2% per gli uomini con figli rispetto al 78,3% per gli uomini senza figli. Inoltre, la differenza era di oltre 10 punti in Grecia, Croazia, Svezia, Finlandia, Italia, Lettonia, Danimarca e Lituania”.
La quota più alta di lavoro part time per uomini con figli si è registrata nei Paesi Bassi, con solo il 13,1% rispetto alla quota più alta di lavoro part time per donne con figli (Austria 69,2%). Per tutti gli altri Paesi, la quota di lavoro part time per uomini con figli era inferiore al 10%. La differenza più grande nel lavoro part time è stata riscontrata in Danimarca, dove la differenza nella quota di lavoro part time per uomini con e senza figli era inferiore di 10 punti percentuali.
“Il grafico per gli uomini evidenzia un persistente divario di genere nel modo in cui la genitorialità o la tutela influenzano i modelli di occupazione in tutta Europa – ha aggiunto l’Eurostat -. Gli uomini con figli generalmente mantengono o aumentano i loro tassi di occupazione e il lavoro part time rimane raro per loro, a differenza delle donne. Ciò riflette la continua disparità di genere in cui gli uomini spesso rimangono al lavoro a tempo pieno o aumentano la loro partecipazione dopo aver avuto figli, mentre le donne possono ridurre la loro partecipazione”.
Perché “part time”?
Nel 2023, le motivazioni segnalate dai lavoratori part time di età compresa tra 25 e 64 anni per le loro modalità di orario di lavoro variavano notevolmente tra donne e uomini. Tali motivazioni includevano:
- assistenza ad adulti con disabilità o bambini (29,5% delle donne part time contro l’8,2% degli uomini part time)
- nessun lavoro a tempo pieno trovato (18,1% per le donne contro il 27,5% per gli uomini)
- altri motivi familiari (6,7% per le donne contro il 2,4% per gli uomini)
- malattia o disabilità propria (5,8% per le donne contro l’11,0% per gli uomini)
- istruzione o formazione (3,3% per le donne contro il 9,7% per gli uomini) e
- altri motivi (donne 23,9%, uomini 27,0%).
La categoria “altri motivi personali” (donne 12,8%, uomini 14,2%) ha mostrato all’incirca la stessa quota per donne e uomini.
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