Fiducia e soddisfazione in calo in Italia, soprattutto tra under 35 e donne: il report Istat
- 27/05/2025
- Popolazione
L’Italia non è più così sicura di stare bene. Lo dice l’Istat nel report 2024 sulla soddisfazione per le condizioni di vita: la crescita registrata lo scorso anno si è arrestata, lasciando un quadro stabile ma segnato da segnali di regressione. Il 46,3% degli italiani di 14 anni e più assegna alla propria vita un punteggio alto (tra 8 e 10 su una scala da 0 a 10), praticamente invariato rispetto al 2023 (46,6%). Ma sotto questa apparente tenuta si muovono tendenze meno rassicuranti: cala la soddisfazione per salute, relazioni, tempo libero, lavoro e condizione economica. E cala anche la fiducia nel prossimo.
Il benessere soggettivo non è una cifra astratta: è la sintesi delle percezioni individuali sulla qualità della propria vita. E quando, come in questo caso, la soddisfazione generale resta stabile ma peggiorano quasi tutti gli indicatori specifici, il messaggio è chiaro. Il sistema regge, ma con sempre più affanno.
A cominciare dalle relazioni: la soddisfazione per i rapporti familiari scende all’87,9% (–1,4 punti percentuali), quella per i rapporti amicali al 79,7% (–1,3). Il tempo libero, che misura il margine di autonomia individuale, perde quasi due punti e si ferma al 66,3%. Anche la salute, altro pilastro centrale, arretra al 78,5%. Il lavoro non fa eccezione: soddisfa il 77,6% delle persone, in calo rispetto al già non esaltante 2023. E solo il 57,6% è soddisfatto della propria situazione economica.
Tutto questo mentre tre famiglie su dieci continuano a percepire un peggioramento rispetto all’anno precedente — un dato in lieve calo, ma ancora alto. Sullo sfondo, cala anche la fiducia negli altri, che scende al 22,5%. Insieme, questi dati raccontano una realtà in cui la stabilità della soddisfazione generale rischia di mascherare un disagio crescente. Un’Italia che non crolla, ma che inizia a scricchiolare.
Chi è più soddisfatto (e chi lo è sempre meno)
Dietro il dato medio si nascondono divari precisi, che attraversano il Paese per età e per genere. Gli uomini, ancora una volta, si dicono più soddisfatti delle donne: il 47,7% contro il 45,0%. È una differenza consolidata, che si conferma anche nel 2024, sebbene in leggera riduzione rispetto al 2023. Non è un dato sorprendente, ma resta significativo: indica che le donne continuano a percepire, più degli uomini, un dislivello nel proprio benessere, probabilmente legato alla maggiore esposizione a carichi familiari, squilibri lavorativi e difficoltà nella gestione del tempo.
Il dato più allarmante, però, riguarda i giovani adulti. Nella fascia tra i 25 e i 34 anni cresce in modo sensibile la quota di chi dà alla propria vita un giudizio basso (da 0 a 5): si passa dal 9,8% del 2023 al 12,2% nel 2024. Sono gli anni in cui si dovrebbe costruire il futuro — casa, lavoro, famiglia — ma qualcosa si inceppa. La percezione del benessere in questa fascia d’età riflette un senso di insicurezza che riguarda non solo l’oggi, ma anche il domani.
Sul fronte opposto, i più giovani — 14-17 anni — rimangono i più ottimisti: il 60,8% esprime un’elevata soddisfazione. Ma l’età resta una variabile decisiva. Dopo i 60 anni, la soddisfazione cala sensibilmente, fino a raggiungere il 40,1% tra gli over 75. È una curva discendente che da anni caratterizza l’Italia e riflette un lento indebolimento del benessere percepito con l’avanzare dell’età, tra salute che peggiora, relazioni che si diradano e risorse economiche più ristrette.
Ciò che emerge con chiarezza è che la soddisfazione non è distribuita equamente. E che alcune fasce — in particolare donne e giovani adulti — mostrano segnali di sofferenza che vanno oltre la semplice statistica. Sono indicatori di un malessere che, se ignorato, rischia di consolidarsi.
Il tempo che manca e il lavoro che pesa
Due ambiti su cui poggia gran parte dell’equilibrio personale — il lavoro e il tempo libero — mostrano segni evidenti di cedimento. Il 77,6% degli italiani si dichiara soddisfatto del proprio lavoro, ma il dato cala di 2,4 punti percentuali rispetto al 2023. È la flessione più marcata tra tutti gli indicatori considerati. Il lavoro, per molti, resta una fonte di identità e realizzazione, ma sempre più spesso si accompagna a insicurezza, pressioni crescenti, mancanza di prospettive. E il risultato è una percezione in calo.
Anche il tempo libero, che dovrebbe compensare le fatiche quotidiane, perde terreno. Solo il 66,3% degli italiani lo giudica in modo positivo, con un calo di 1,8 punti. Un dato che conferma un problema di fondo: la difficoltà di gestire il tempo personale in modo soddisfacente. Si lavora di più, si è più connessi, ma si ha meno tempo davvero libero. E quando manca il tempo per sé, la qualità della vita ne risente direttamente.
La combinazione tra meno soddisfazione per il lavoro e meno soddisfazione per il tempo libero è una miscela che pesa. Perché toglie margini di recupero, genera frustrazione e rende più difficile reggere la pressione del quotidiano. È in questa tensione continua tra obblighi e mancanza di respiro che si misura una parte crescente del disagio percepito.
Anche la situazione economica personale contribuisce ad aggravare il quadro. Solo il 57,6% degli italiani si dichiara soddisfatto delle proprie condizioni economiche, in calo di quasi due punti rispetto al 2023. L’unico dato in controtendenza è la diminuzione delle famiglie che percepiscono un peggioramento: oggi sono il 30%, contro il 34,4% dell’anno scorso. Ma non basta a compensare. Per molti, la sensazione resta quella di un equilibrio fragile, continuamente esposto a scosse esterne.
Meno relazioni forti, più solitudine sociale
La fiducia negli altri — un indicatore tanto intangibile quanto cruciale — si è ulteriormente abbassata. Nel 2024, solo il 22,5% degli italiani dichiara di avere fiducia nel prossimo, con un calo netto di 2,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. È uno dei livelli più bassi mai registrati. E non si tratta solo di una percezione individuale, ma di un segnale preciso sulla qualità delle relazioni sociali nel Paese.
La fiducia è ciò che tiene insieme la società. Quando diminuisce, aumenta la chiusura, la diffidenza, l’isolamento. Il dato sulla fiducia si collega direttamente alla soddisfazione per le relazioni personali: anch’esse in calo. Che si parli di amici o familiari, l’impressione è che i legami si stiano indebolendo. E in una società come quella italiana, storicamente fondata sulla prossimità e sulla rete informale, questo rappresenta un cambiamento di fondo.
Non è solo una questione di rapporti personali. Meno fiducia significa anche meno coesione sociale, meno collaborazione, meno capitale relazionale. Il rischio è quello di un progressivo distanziamento, anche in assenza di barriere fisiche. Una forma di solitudine diffusa, che non si vede ma si fa sentire.
In questo senso, la fiducia nel prossimo diventa una lente potente per leggere la tenuta del tessuto sociale. E la fotografia che l’Istat restituisce nel 2024 è chiara: relazioni più fragili, minor propensione ad aprirsi agli altri, e un senso di comunità che si sta erodendo. Insieme alla soddisfazione personale, si indebolisce anche la struttura collettiva su cui quella soddisfazione dovrebbe poggiare.