In Italia più animali domestici che persone: sono 65 milioni e aumenteranno
- 07/05/2025
- Popolazione
Nel cuore di una crisi demografica che svuota culle e scuole, c’è un’Italia che cresce in silenzio. Non compare nei censimenti ufficiali, non vota, non produce Pil direttamente – eppure muove un’economia da miliardi, influenza stili di vita, modifica perfino il linguaggio familiare. È l’Italia dei pet: 65 milioni di animali da compagnia che vivono stabilmente nelle case degli italiani, a fronte di poco meno di 59 milioni di persone. Un esercito silenzioso e affettuoso che ha già superato la popolazione umana del Paese, e che continua ad aumentare. Cani, gatti, pesci, uccelli, conigli e tartarughe: sono loro i nuovi coinquilini, i compagni di vita, i “figli alternativi” di una società che, mentre vede calare le nascite, rafforza i legami con il mondo animale.
Quando gli animali diventano membri effettivi del nucleo domestico
Gli animali domestici non sono più semplici presenze, ma veri e propri attori sociali. Il 96% degli italiani li considera parte della famiglia. Un dato che apre scenari nuovi anche per le politiche demografiche e le analisi sociologiche: in un’epoca in cui si fanno sempre meno figli e si vive più a lungo, i pet assolvono in parte alle stesse funzioni relazionali. Offrono compagnia, attenuano la solitudine, stimolano l’empatia. E, secondo studi recenti, aiutano persino a risparmiare sui costi sanitari, riducendo lo stress e migliorando il benessere psicofisico dei loro proprietari, soprattutto tra gli anziani. Il legame che si crea tra umano e animale ha quindi implicazioni che vanno oltre l’affetto: diventa un fattore strutturale del nuovo equilibrio sociale italiano.
I 65 milioni di pet distribuiti nelle case italiane non sono una massa indistinta. Sono una popolazione articolata, eterogenea, in costante mutamento. Secondo i dati presentati a Zoomark International 2025, a Bologna, i gatti sono in forte crescita e ormai superano i cani: 11,9 milioni contro 9. A guidare la classifica, però, sono i pesci, con oltre 28 milioni di esemplari e 1,4 milioni di acquari attivi, seguiti da 12,7 milioni di uccelli e 3,2 milioni di piccoli mammiferi e rettili. Questi numeri parlano di una vera e propria biodiversità domestica, che riflette scelte, abitudini e trasformazioni delle famiglie italiane.
Se da un lato il pet rappresenta una forma di compagnia e affetto, dall’altro è anche specchio delle dinamiche abitative e occupazionali. In contesti urbani sempre più densi, con spazi abitativi ridotti e ritmi frenetici, si moltiplicano le preferenze per animali considerati “gestibili”: gatti rispetto ai cani, pesci rispetto a entrambi. Le famiglie si adattano, e con esse si adatta anche il mercato. L’industria pet, infatti, non si limita a fornire prodotti: interpreta desideri, anticipa tendenze, disegna stili di vita. Cresce la domanda di alimenti monoproteici per animali con intolleranze, di cucce dal design innovativo, di lettiere compostabili e giochi interattivi. I pet sono anche un driver economico e culturale, capaci di incidere su consumi, scelte green e innovazione domestica.
Un’economia a quattro zampe
Accanto alla dimensione affettiva e sociale, il fenomeno pet in Italia si è trasformato in un ecosistema economico articolato e dinamico. Secondo il XVIII Rapporto Assalco-Zoomark, nel 2024 il solo comparto del pet food ha superato i 3,1 miliardi di euro di fatturato, con una crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente. Il valore complessivo dell’industria legata agli animali da compagnia – tra alimenti, accessori, cure e servizi – sfiora i 7 miliardi di euro, con oltre 27.000 imprese coinvolte. Un settore che non solo crea occupazione, ma stimola innovazione, professionalizzazione e ricerca.
La medicina veterinaria italiana, in particolare, gioca un ruolo chiave. Con 8.647 strutture attive su tutto il territorio nazionale, è tra le più capillari d’Europa. Secondo Marco Melosi, presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), il legame tra animali e persone è “la spina dorsale di un sistema di salute integrata, in cui il benessere animale si intreccia a quello umano”. Il riconoscimento di questo principio si riflette anche a livello normativo: la proposta di Regolamento europeo Com (2023) 769, in discussione al Parlamento Ue, mira a garantire tracciabilità e benessere di cani e gatti, attribuendo ai veterinari un ruolo centrale anche nella gestione della nutrizione.
Nel frattempo, resta aperta la battaglia per ridurre l’Iva su cibo e cure veterinarie dal 22 al 10%, adeguandosi agli standard europei. Una richiesta che va letta non solo in chiave economica, ma anche sociale.