Delivery, prezzi più alti per chi ha un iPhone? Alla scoperta del dynamic pricing
- 28 Luglio 2025
- Popolazione
Pagare di più per lo stesso cibo se lo si ordina da un iPhone. Dalle denunce degli utenti sono partite delle ricerche che hanno scoperto il dynamic pricing, il meccanismo per cui i prezzi cambiano rispetto agli utenti finali. Il sistema riguarda spesso il food delivery, ma ci sono state segnalazioni anche piattaforme come Uber e Ola in India.
Qui si è verificato il caso più recente di dynamic pricing: un’analist di Bengaluru ha scoperto che un peperone costava 107 rupie se acquistato usando un iPhone e 21 se comprato con Android. Vinita Singh aveva acquistato da Zepto, piattaforma di quick commerce (consegne ultrarapide) attiva in India e ha chiesto spiegazioni all’azienda con un post su Linkedin.

La differenza del 400% di questo specifico caso ha riacceso il dibattito su un fenomeno che attraversa continenti e piattaforme. Il dynamic pricing è stato segnalato, infatti, anche in Occidente.
Cosa è il dynamic pricing
Una ricerca dell’Università Nazionale di Singapore del 2020 ha quantificato il fenomeno: gli utenti iPhone pagano in media 29 centesimi in più per ordine rispetto agli utenti Android. Cifre che sembrano modeste ma che, moltiplicate per milioni di transazioni, generano profitti considerevoli.
Le giustificazioni tecniche in alcuni casi hanno convinto, in altri no.
La class action contro DoorDash
Il precedente più eclatante risale al maggio 2023, quando un residente del Maryland, di nome Ross Hecox, ha chiesto un risarcimento di almeno 1 miliardo di dollari per “tutti i consumatori caduti vittima del sistema di prezzi illegali di DoorDash negli ultimi quattro anni”. L’accusa? Il colosso del delivery applicherebbe sistematicamente tariffe più alte agli utenti iPhone rispetto a quelli Android. La denuncia documenta casi specifici: lo stesso ordine da Chick-fil-A costava un dollaro in più su iPhone, mentre per Panera Bread scattava una misteriosa “expanded range fee” di 99 centesimi solo per i dispositivi Apple.
“DoorDash applica l’expanded range fee agli utenti iPhone più spesso che agli utenti Android e fa pagare di più agli utenti iPhone per la consegna”, si legge nella denuncia. Una strategia che secondo i legali si baserebbe sulla presunzione che i possessori di iPhone abbiano maggiore disponibilità economica.
DoorDash ha respinto con fermezza le accuse di discriminazione tariffaria, pubblicando una smentita categorica nel blog aziendale. ”DoorDash non applica tariffe diverse in base al tipo di telefono utilizzato. Punto”, ha dichiarato l’azienda, definendo le accuse “palesemente false e francamente ridicole”. Per la società, la strategia legale dei querelanti è quella di “lanciare spaghetti contro il muro per vedere se qualcosa si attacca”. Elizabeth Jarvis-Shean, vicepresidente delle comunicazioni e delle politiche, ha condiviso la risposta su LinkedIn definendo la causa “folle e non veritiera”.
Per spiegare le differenze di prezzo occasionalmente riscontrate tra iPhone e Android, DoorDash ha citato la sperimentazione di nuove funzionalità e promozioni diverse. L’azienda ha specificato che le variazioni possono derivare da promozioni stagionali, offerte di menu a tempo limitato o accordi con partner commerciali. “Per questo motivo, ci possono essere momenti in cui un utente vede funzionalità o promozioni diverse rispetto ad altri utenti”, conclude il post.
Il fenomeno si allarga
La class action originale di Ross Hecox, depositata nel maggio 2023 presso il tribunale federale del Maryland, ha innescato una serie di cause analoghe. Un secondo caso è stato intentato da Kameron Masters nel distretto settentrionale della California, sempre per un miliardo di dollari, rafforzando il fronte accusatorio.
Le denunce documentano test specifici condotti dai querelanti: ordini identici da Chick-fil-A che costavano un dollaro in più su iPhone, con l’Android che mostrava 26,39 dollari contro i 27,39 dell’iPhone per lo stesso carrello. Un’altra verifica ha evidenziato come la “expanded range fee” di 99 centesimi da Panera Bread colpisse solo gli utenti Apple.
Mentre entrambe le battaglie legali sono ancora in corso, l’episodio indiano di gennaio 2025 ha riportato l’attenzione sulla pratica del dynamic pricining. Vinita Singh, co-fondatrice di Horse Power, ha pubblicato su LinkedIn due screenshot che mostravano lo stesso prodotto – 500 grammi di peperoni – a prezzi completamente diversi sui due sistemi. La sua domanda diretta a Zepto è rimasta senza risposta ufficiale, ma ha scatenato una valanga di testimonianze simili.
Oltre il delivery: i casi di Uber e Ola
Il fenomeno non si limita al food delivery. In Indai anche Uber e Ola sono finite nel mirino per differenze tariffarie tra dispositivi, alimentando il sospetto che l’algoritmo di pricing tenga conto del tipo di smartphone utilizzato. l caso di Uber e Ola in India ha preso una piega ufficiale a gennaio 2025, quando il Ministero degli Affari dei Consumatori ha emesso avvisi formali alle due piattaforme dopo numerose segnalazioni degli utenti social che denunciavano prezzi diversi per le stesse tratte in base al sistema operativo utilizzato.
Un post LinkedIn virale ha mostrato il caso più eclatante: una corsa Uber costava 290,79 rupie su Android contro 342,47 rupie su iPhone – oltre 50 rupie di differenza per lo stesso tragitto nello stesso momento.
La difesa delle aziende: “algoritmi non dispositivi”
Di fronte all’inchiesta governativa, entrambe le aziende hanno scelto la linea della negazione totale. Ola ha dichiarato di avere “una struttura di prezzi omogenea per tutti i clienti” e di non differenziare in base al sistema operativo.
Secondo Uber, le variazioni dipendono da fattori come disponibilità dei driver, domanda in tempo reale e promozioni personalizzate – non dal tipo di dispositivo utilizzato.
L’intervento del governo indiano
Il ministro Pralhad Joshi ha definito le pratiche denunciate come “prima facie unfair trade practice”, (“a prima vista una pratica commerciale sleale”) annunciando che la Central Consumer Protection Authority (Ccpa) avrebbe cercato risposte dalle aziende. L’autorità ha sottolineato l’impegno del governo per i diritti dei consumatori, promettendo “zero tolleranza” verso le pratiche scorrette.
Dopo aver ricevuto le risposte di Ola e Uber, l’autorità sembra aver accettato le spiegazioni delle aziende. Entrambe le piattaforme hanno ribadito il loro impegno a “chiarire ogni malinteso” con il regolatore, suggerendo una risoluzione informale della controversia.
Tuttavia, la questione rimane aperta nell’opinione pubblica. Gli utenti continuano a segnalare disparità sui social media.
La strategia del portafoglio digitale
Il targeting basato sul dispositivo rivela una segmentazione sempre più sofisticata dei consumatori. Le piattaforme sanno che statisticamente i possessori di iPhone tendono a spendere di più per app e acquisti in-app. Un dato che viene traslato anche sul mondo fisico, trasformando il logo della mela morsicata in un indicatore di capacità di spesa.
Le aziende si difendono parlando di algoritmi complessi che tengono conto di molteplici variabili, ma gli utenti percepiscono una discriminazione basata sul reddito presunto e lo come un marcatore di classe sociale.