Investimenti, in Italia nel 78% dei casi sono gli uomini a decidere
- 01/08/2024
- Popolazione
In Italia, gli uomini prendono le decisioni finanziarie nel 78% dei casi, le donne solo nel 22%.
Lo rivela un recente rapporto Consob sugli investimenti delle famiglie italiane che evidenzia un preoccupante gender gap nella gestione delle risorse economiche. Questo dato, però, potrebbe risultare parzialmente fuorviante, considerando l’aumento dei nuclei familiari composti da una sola persona.
In ambito internazionale, l’Italia occupa posizioni basse nelle classifiche relative a questo tema. Nonostante gli sforzi politici degli ultimi anni, le misure adottate hanno avuto un impatto solo parziale.
Identikit dell’investitore italiano medio
L’autorità di vigilanza sui mercati finanziari ha fornito ulteriori dettagli sulle caratteristiche degli investitori italiani. L’investitore medio:
- ha un reddito inferiore ai 3.000 euro mensili;
- gestisce meno di 50.000 euro;
- appartiene alla fascia d’età tra i 45 e i 54 anni;
- è prevalentemente uomo e sposato.
Un aspetto interessante è la crescente rilevanza della fascia di popolazione prossima alla pensione, tra i 55 e i 64 anni, che mostra una partecipazione simile a quella della fascia più attiva, quella tra i 35 e i 44 anni. Nonostante la maggior parte delle persone gestisca meno di 50.000 euro, è importante notare che quasi un terzo degli investitori ha disponibilità finanziaria compresa tra 50.000 e 250.000 euro. Inoltre, circa un terzo degli intervistati guadagna tra i 3.000 e i 5.000 euro mensili.
L’analisi ha rivelato che il 42% degli investitori italiani gestisce autonomamente le proprie finanze, decidendo come far fruttare i propri risparmi senza affidarsi a consulenti esterni. Una cifra quasi equivalente, il 40%, si affida a esperti professionisti, ma senza delegare completamente le decisioni. Un ulteriore 32% degli investitori richiede anche un aiuto informale, mentre solo il 9% si rivolge a esperti in modo informale. Le percentuali di chi delega completamente gli investimenti a un professionista sono marginali, con solo il 6%, e il 3% si affida esclusivamente ai social network per le proprie scelte finanziarie.
Preferenze di investimento
Gli italiani tendono a preferire investimenti a medio termine.
l 38% degli investitori impiega il proprio denaro per periodi compresi tra i 3 e i 5 anni, mentre il 24% opta per investimenti più brevi, da 1 a 3 anni. Insomma, gli investitori italianai preferiscono la liquidità avere un accesso relativamente veloce ai fondi piuttosto che impegnarsi in investimenti a lungo termine. Questo atteggiamento viene mantenuto anche se annichilisce gli effetti benefici garantiti dall’interesse composto, e denota quindi la resistenza degli italiani verso il mondo degli investimenti.
Solo il 22% delle famiglie considera investimenti medio-lunghi, da 5 a 10 anni, e una percentuale ancora più ridotta, il 7%, investe in progetti con una prospettiva oltre i 10 anni.
L’esperienza degli investitori
Un altro aspetto significativo è l’esperienza degli investitori italiani:
- Il 45% dichiara di avere oltre 10 anni di esperienza nel settore;
- il 16% ha un’esperienza compresa tra i 6 e i 10 anni;
- il 19% ha tra 3 e 5 anni di esperienza.
Le percentuali di chi ha meno di 3 anni di esperienza sono marginali. Il 78% delle decisioni finanziarie è preso da uomini, spesso di età superiore ai 50 anni.
Donne e investimenti in Italia
Come accennato, le donne in Italia ricoprono un ruolo estremamente marginale nelle decisioni finanziarie, prendendone parte solo nel 22% dei casi. Tuttavia, i dati rivelano una realtà potenzialmente più complessa e polarizzata rispetto a quanto evidenziato da queste percentuali.
Il campione femminile analizzato dal rapporto è stato suddiviso in base alla situazione familiare delle donne coinvolte. In termini demografici, una famiglia è un nucleo che può comprendere un qualsiasi numero di persone che vive in modo indipendente, inclusa una singola persona.
Tra le donne che prendono decisioni finanziarie il 57% è sposato, mentre il restante 43% è composto da single e vedove, laddove ciascuna categoria rappresenta il 21% del totale. Di conseguenza, le donne che prendono decisioni anche per il proprio partner costituiscono solo il 12% della popolazione totale. Un numero che rende lampante il gender gap che vige in Italia (anche) in materia finanziaria.
Cause del gender gap
Le cause di questa disparità sono spiegate nel rapporto stesso. In Italia, la possibilità di avere voce in capitolo nelle decisioni finanziarie è spesso legata alla contribuzione economica all’interno del nucleo familiare. Questo aspetto culturale si intreccia con un problema strutturale dell’economia italiana che penalizza le donne, relegandole a ruoli lavorativi con minori retribuzioni e ostacolando la loro carriera e i loro stipendi.
Su queste pagine abbiamo visto più volte come le donne spesso siano ancora costrette alla fatidica scelta tra famiglia e carriera.
Considerando i dati 2022, solo il 51,1% delle donne italiane tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).
La posizione del Belpaese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.
La forte penalizzazione delle madri nel mercato del lavoro si evidenzia anche nelle mura di casa, dove la cura della famiglia è ancora fortemente sbilanciata sulle donne, impegnate in media per 4,9 ore al giorno in questo tipo di attività rispetto alle 2 degli uomini, secondo gli ultimi dati pubblicati (2023), per un totale di 43,5 giorni in più all’anno.
Una ulteriore conferma arriva dal Global Gender Gap Index 2024 che ha posizionato l’Italia all’87º posto, con un punteggio complessivo di 0,703 su 1. Il dato riflette una sostanziale stagnazione nella riduzione delle disparità di genere e il punteggio è in lieve declino rispetto all’anno precedente, accompagnato da un calo di otto posizioni nella classifica mondiale.
Il gender gap negli investimenti
Il gender gap negli investimenti delle famiglie italiane è, quindi, una manifestazione diretta di questo più ampio problema di disuguaglianza. Come riportato nel rapporto della Consob sugli investimenti delle famiglie, è evidente che le politiche e le strutture economiche attuali non riescano ad eliminare questa disparità, limitando le opportunità per le donne di prendere parte attivamente nelle decisioni riguardanti il patrimonio familiare.
Una indagine di Alleanza Assicurazioni, Fondazione Gasbarri e Sda Bocconi ha evidenziato il problema sotto la prospettiva della educazione finanziaria.
Ne è emerso che il livello di Edufin Index delle donne è cinque punti inferiore a quello degli uomini (54 vs 59), tanto che sono in fragilità finanziaria il 30% delle donne contro il 23% degli uomini.
Un rilievo particolarmente interessante fatto dell’Osservatorio è che i fattori comportamentali aumentano il gender gap più di quelli sociodemografici (reddito e istruzione). La forbice tra uomo e donna, infatti, inizia ad allargarsi già tra le mura domestiche, luogo che per il 25% dei 18-34enni dovrebbe essere la fonte principale di alfabetizzazione finanziaria e assicurativa, ma che vede il 30% delle ragazze non parlarne mai a fronte del 25% registrato tra i ragazzi.
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