In Italia una casa su 4 non è abitata permanentemente
- 12/12/2023
- Popolazione
Dite a un abitante di Milano che ci sono molte più case che persone. Molto probabilmente penserà che stiate facendo ironia su quella che per Milano è una vera e propria emergenza. Diversamente, da altre parti della penisola vi crederanno immediatamente.
In effetti, secondo un’indagine di Openpolis su dati Istat, in Italia, su 35,3 milioni di abitazioni, 9,6 non sono occupate permanentemente, in pratica una casa su 4!
Si tratta di una dinamica strettamente collegata alla crisi demografica italiana e al fenomeno delle migrazioni interne che interessa lo stivale ormai da qualche decennio. Lo spostamento della popolazione da aree interne verso le zone più centrali del paese è sempre più frequente dietro la spinta delle opportunità lavorative e dei servizi. Non a caso, i valori maggiori di case non abitate permanentemente si registrano nelle zone ultraperiferiche e di montagna interna, rispettivamente 56,3% e 47%.
Oltre che sul profilo strettamente demografico, questo fenomeno incide anche sulla disponibilità delle case, spaccando l’Italia in due: da una parte le zone sovraffollate con canoni di affitto o prezzi di compravendita saliti alle stelle; dall’altra le zone dove ci sono sempre più dimore disabitate tanto che i Comuni ‘vendono’ le case a 1 euro, pur di ripopolare il territorio.
Cosa si intende per ‘abitazione permanente’?
Per abitazione permanentemente occupata si intende il luogo nel quale almeno un individuo ha la propria dimora abituale.
Per valutare quali siano le aree del paese in cui questa situazione è più frequente si utilizzano i dati Istat nel contesto del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni.
È importante sottolineare che tra le abitazioni non occupate in modo permanente sono incluse non solo le strutture disabitate ma anche le seconde case, che chiaramente spostano gli equilibri soprattutto nelle mete turistiche. Quello delle case ‘disabitate’ è comunque un parametro interessante da considerare per valutare gli effetti dello spopolamento e della sovrappopolazione in certe aree del paese, come spiega la stessa Openpolis.
Focus sulle regioni
Il dato regionale sulle case non abitate permanentemente cambia molto lungo la penisola. Ecco quante sono, in percentuale:
- il 34,9% delle case nelle isole;
- il 32% al Sud;
- il 26% nel Nord-Ovest;
- il 23,1% nel Nord-Est.
A livello regionale è però la Valle d’Aosta la regione che in proporzione ha più case non abitate permanentemente (56%), seguita da tre regioni del Mezzogiorno: Molise (44,6%), Calabria (42,2%) e Abruzzo (38,7%). A registrare la percentuale minore invece Emilia-Romagna (21,8%), Lombardia (21,2%) e Lazio (19,5%).
Focus sulle province
Passando all’analisi delle province, ce ne sono 4 in cui le case non abitate abitualmente sono più delle altre: Sondrio (56,1% che corrispondono a 100.765 abitazioni non occupate), Aosta (56%, 75.948), L’Aquila (53,2%, 146.116) e Imperia (50,7%, 104.201). Tra i territori dove questa quota è minore, ci sono Milano (12,4%, 214.674), Cagliari (11%, 23.809) e Prato (7,8%, 8.814).
Distanziandosi dai centri urbani la percentuale aumenta progressivamente: nei comuni intermedi la quota si assesta al 37%, in quelli periferici al 47,9% e in quelli ultraperiferici al 56,3%.
Conclusioni
Il divario sempre più ampio tra zone sovrappopolate e zone che si svuotano fotografa, parzialmente, la crisi demografica del paese. A differenza di questa, però, anche le zone sovraffollate registrano una crisi demografica, seppure affievolita rispetto al resto d’Italia. Soprattutto in queste zone comprare casa è sempre più difficile per gli italiani, costretti a restare in affitto per gli stipendi troppo bassi e il mercato al rialzo, quando non ancora relegati a casa dei genitori.
Come riporta un’indagine de Il Sole 24Ore, infatti, nel secondo trimestre del 2023 le erogazioni dei mutui sono crollate del 33%. Se si considera il primo semestre dell’anno, il crollo è del 29,9%, un tracollo che si è tradotto in una contrazione delle compravendite immobiliari pari al 16% nei primi sei mesi del 2023.
Nei primi nove mesi dell’anno, da gennaio a settembre, la richiesta di mutui è calata del 19,9%.
L’aumento dei tassi da parte della Banca centrale, finalizzato a contrastare l’inflazione, è la causa principale delle difficoltà ad acquistare casa, ma non l’unica. La seconda motivazione della contrazione del mercato immobiliare italiano è il costo delle case, spesso troppo elevato soprattutto nelle grandi città.
Il fenomeno delle case non abitate permanentemente incide direttamente su queste dinamiche.
In definitiva, se è vero che la casa è il primo tassello per mettere su un progetto di famiglia, le istituzioni devono intervenire per ridurre il gap tra le diverse zone del paese ed evitare che alcune province restino completamente abbandonate a sé stesse, senza più servizi e con le culle sempre più vuote.
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