Istruzione, due italiani su tre non sanno capire testi complessi e solo un giovane su tre si laurea
- 10 Settembre 2025
- Giovani Popolazione
Mentre il mondo diventa sempre più complesso, gli italiani capiscono sempre meno. A dirlo è Education at a Glance 2025, il rapporto annuale Ocse sullo stato dell’istruzione nei diversi Paesi del mondo, che rivela dati allarmanti sull’Italia. Che si parli di laureati o di una semplice comprensione del testo, il nostro Paese occupa sempre le ultime posizioni.
Partiamo dalle basi. Più di un italiano su tre tra i 25 e i 64 anni è in grado di comprendere solo testi brevi che utilizzano parole semplici: il 37% contro la media Ocse del 27%. L’abisso di dieci punti percentuali non è un dato fine sé stesso. Le cose non vanno meglio considerano i laureati, che in Italia sono meno di qualsiasi altro Paese europeo: un laureato italiano su sei non comprende testi complessi. Il 16% contro la media Ocse del 10%.
Le conseguenze di una scarsa istruzione vanno ben oltre quello che possiamo immaginare.
Laureati, in Italia il numero più basso d’Europa
In Italia si laurea solo un giovane su tre riesce contro una media Ocse che sfiora il 50%. La percentuale di giovani laureati (25-34 anni) in Italia è ferma al 32% rispetto al 40% registrato in Germania e al 53% registrato in Francia e Spagna.
Il dato mette l’Italia all’ultimo posto in Ue, a pari merito con l’Ungheria, e al penultimo posto globale: tra i trentotto Paesi Ocse, solo il Messico registra un tasso di laureati più basso del nostro (29%).
Tra i giovani che provengono da famiglie con un basso tasso d’istruzione (massimo la terza media), solo il 15% riesce a laurearsi. Il che non significa, però, che i figli dei laureati italiani arrivino automaticamente al traguardo: tra loro, uno su tre si ferma prima.
Scarsa alfabetizzazione, scarsa salute: il legame svelato dall’Ocse
Come spiega l’Organizzazione, il “basso livello di alfabetizzazione” genera una condizione di svantaggio assoluto su tutti i piani, non solo su quello lavorativo. Chi (per scelta o per necessità) ha studiato di meno ne paga le conseguenze a livello di benessere mentale, salute fisica, gestione dei propri risparmi, capacità di informarsi correttamente sul web.
Il rapporto evidenzia anche un legame tra l’istruzione e il vizio del fumo: chi ha (per scelta o per costrizione) studiato di meno, fuma di più. Nello specifico, circa il 38% degli adulti con istruzione inferiore alla secondaria fuma quotidianamente, rispetto all’11% di quelli con istruzione terziaria.
Solo il 61% degli adulti con istruzione inferiore alla secondaria superiore riporta di “godersi la vita” la maggior parte del tempo, rispetto al 74% di quelli con istruzione terziaria.

L’Ocse sottolinea come la scarsa alfabetizzazione si perpetui attraverso le generazioni. Il che è ancora più vero nei Paesi dove l’ascensore sociale si è inceppato, come l’Italia. Solo il 26% dei giovani adulti i cui genitori non hanno completato l’istruzione secondaria superiore ottiene un’istruzione terziaria, rispetto al 70% di quelli con almeno un genitore con istruzione terziaria.
Quanto vengono pagati i laureati: il confronto tra Italia e resto del mondo
Nonostante siano merce rara, i laureati italiani percepiscono stipendi molto bassi rispetto ai coetanei europei e di altri Paesi Ocse. Anzi, una delle cause che spingono i giovani italiani a non scegliere il percorso accademico è che, da noi, la laurea premia meno che altrove: in media un laureato italiano guadagna solo il 33% in più di un diplomato, rispetto al 54% in più della media Ocse.
La carenza Stem
Questo gap potrebbe derivare anche dal fatto che più di uno studente italiano su tre si laurea in ambito umanistico o sociale, che sono ambiti meno pagati rispetto alle materie Stem (Scienze, Matematica, Ingegneria o Informatica). Il 36% dei laureati italiani forma in ambito umanistico o sociale contro il 22% della media Ocse.
Negli altri Paesi, gli ambiti di laurea più popolari sono proprio le materie Stem oppure Economia e Giurisprudenza, che fungono da ponte tra la sfera umanistica e quella scientifica.
Il divario emerge con particolare evidenza nel confronto con la Germania, leader europeo nel settore manifatturiero e tecnologico, che raggiunge il 34% di laureati Stem – 12 punti percentuali in più rispetto all’Italia. La differenza è strutturale: mentre la Germania ha costruito un sistema integrato tra formazione tecnica superiore e industria 4.0, l’Italia fatica ancora a valorizzare pienamente il potenziale delle sue eccellenze scientifiche.
Il rapporto conferma inoltre che in Italia, così come nella maggior parte dei paesi Ocse, le donne rimangano significativamente sottorappresentate nei settori Stem. Questa disparità si riflette anche nei divari salariali di genere, che persistono in tutti i campi di studio analizzati.
Nel settore Stem, il divario retributivo tra uomini e donne varia dall’1% in Costa Rica al 38% in Germania. Il problema, dunque, non riguarda solo l’accesso a queste materia ma anche la discriminazione subita dalle donne, che soffrono una minore valorizzazione professionale rispetto ai colleghi uomini.
Il rafforzamento dell’educazione Stem rappresenta una leva fondamentale per affrontare le sfide del futuro, dalla transizione digitale alla sostenibilità ambientale. Per l’Italia, investire in questo settore significa non solo recuperare terreno rispetto ai partner europei, ma anche valorizzare appieno il proprio potenziale innovativo in un’economia sempre più basata sulla conoscenza scientifica e tecnologica.
Pochi soldi per l’università
Il rapporto Education at a Glance 2025 conferma anche un altro dato preoccupante per il futuro della istruzione italiana: le spese totali per università e ricerca fra pubblico e privato sono pari all’1% del Pil contro una media Ocse dell’1,4%.
Se si considera solo la spesa pubblica, la percentuale italiana scende allo 0,6%, mentre Francia e Germania investono l’1,1% del proprio prodotto interno lordo.
Il Belpaese presenta infine una peculiarità: a differenza della maggior parte degli altri Paesi Ocse, in Italia la spesa pubblica per università e ricerca è più bassa di quella destinata alle scuole. Uno studente universitario italiano costa allo Stato 8.992 dollari contro i 12.666 dollari di un alunno delle scuole elementari, medie e superiori. La media Ocse, invece, è di 15.102 dollari per ciascun universitario.