Giornata nazionale del fiocchetto lilla, Italia seconda al mondo per disturbi alimentari
- 14/03/2025
- Giovani Popolazione
Nonostante ci siano molti Paesi più grandi del nostro, l’Italia è seconda al mondo per numero di persone affette da disturbi alimentari, pari a circa 3 milioni.
Il nostro Paese è dietro solo agli Stati Uniti, primi per distacco con circa 30 milioni di casi, quasi la metà dei 70 milioni registrati a livello globale. Al terzo posto c’è il Regno Unito con 1,25 milioni di persone colpite. I dati raccolti dal World Population Review raccontano un’epidemia silenziosa che attraversa la società italiana (e non solo) e colpisce sempre più spesso i giovani.
La Giornata nazionale del fiocchetto lilla (sabato 15 marzo) rappresenta un’occasione per accendere i riflettori su una problematica che, a dispetto della sua gravità, resta ancora sottodimensionata. Una riflessione necessaria anche alla luce delle nuove diete aggressive (e antiscientifiche) che si stanno diffondendo tra i giovani.
Disturbi alimentari, in Italia +40% in cinque anni
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna) hanno assunto una diffusione allarmante negli ultimi anni. La Survey nazionale del Ministero della Salute, che incrocia dati provenienti dalle Schede di Dimissione Ospedaliera, dagli accessi ai centri specializzati e al pronto soccorso, rivela un incremento del 40% dei nuovi casi tra il 2019 e il 2023. Si è passati dai 680.569 nuovi casi del 2019 ai 1.680.456 del 2023, con un totale stimato di circa 3 milioni di persone affette nel 2024, equivalente al 5% della popolazione italiana.
La mortalità legata a queste patologie rappresenta un aspetto drammatico dell’emergenza. Nel 2022, il Registro nominativo cause di morte ha registrato 3mila decessi correlati ai disturbi alimentari in Italia, saliti a 4mila l’anno successivo (qui i dati). A livello globale, secondo la National Eating Disorder Association, queste patologie hanno il secondo tasso di mortalità più alto tra le condizioni di salute mentale: nel mondo, a causa dei disturbi alimentari muore una persona ogni 52 minuti.
La pandemia come spartiacque
Il Covid-19 ha segnato un punto di non ritorno nell’evoluzione dei disturbi alimentari in Italia. “Durante la pandemia abbiamo assistito a un’autentica esplosione di casi, con un incremento stimato tra il 30% e il 35%”, spiega la psichiatra Laura Dalla Ragione, fondatrice della “Rete per i Disturbi del Comportamento Alimentare” dell’Usl dell’Umbria.
L’isolamento forzato ha agito come un potente catalizzatore per lo sviluppo di patologie alimentari, soprattutto tra gli adolescenti. Una tesi dell’Università di Padova documenta “un grave aumento dei Dca durante l’emergenza sanitaria, con conseguente aumento dei ricoveri ospedalieri”. I clinici hanno osservato non solo un incremento numerico, ma anche un preoccupante aggravamento della sintomatologia dell’anoressia nervosa.
Le restrizioni sociali, unite all’intensificazione dell’uso dei dispositivi digitali, hanno creato il terreno fertile per lo sviluppo di una relazione disfunzionale con il cibo e con l’immagine corporea. Il deterioramento delle relazioni interpersonali e le difficoltà economiche hanno contribuito ad acuire vulnerabilità preesistenti, trasformando il disagio in patologia conclamata.
La crisi delle strutture di assistenza
A fronte dell’aumento esponenziale dei casi, il sistema sanitario italiano mostra segni di cedimento. Negli ultimi sei anni si è registrata una preoccupante diminuzione delle strutture dedicate: dalle 164 del 2018 alle 126 del 2024, considerando sia il pubblico che il privato accreditato.
Questa contrazione dell’offerta assistenziale, in controtendenza rispetto all’espansione del fenomeno, si traduce in liste d’attesa sempre più lunghe e in una presa in carico tardiva che compromette le possibilità di recupero.
La distribuzione geografica delle strutture rivela inoltre profonde diseguaglianze territoriali, con alcune regioni particolarmente sguarnite. Oltre alla discriminazione territoriale e generazionale, si registra un’abissale differenza di genere.
Il divario di genere nei disturbi alimentari
I dati ministeriali del 2024 confermano che, in Italia, il 90% dei casi di disturbi alimentari riguarda persone di sesso femminile. Questo nonostante il divario si sia assottigliato negli ultimi anni.
La riduzione non deriva da un miglioramento della condizione femminile, ma da un aumento significativo dei Dna tra i maschi, soprattutto in età adolescenziale e pre-adolescenziale.
L’incidenza annuale varia significativamente a seconda del tipo di disturbo:
- per l’anoressia si registrano 8 nuovi casi ogni 100.000 donne contro 0,02-1,4 nuovi casi ogni 100.000 uomini;
- per la bulimia, 12 nuovi casi ogni 100.000 donne e 0,8 nuovi casi ogni 100.000 uomini.
L’aumento dei casi maschili riflette probabilmente una crescente pressione sociale anche sui ragazzi riguardo all’aspetto fisico, ampliata dall’esposizione ai social media.
In questo contesto, l’unica nota positiva è l’aumentata consapevolezza degli operatori sanitari che ha portato a un miglioramento delle capacità diagnostiche anche nella popolazione maschile, finora quasi esclusa da queste malattie.
Disturbi alimentari in aumento tra i giovani
Oltre al numero assoluto di persone affette da disturbi alimentari, preoccupa il progressivo abbassamento dell’età d’esordio dei Dna. I dati ministeriali del 2024 rivelano che il 59% dei pazienti ha tra i 13 e i 25 anni, mentre il 6% ha meno di 12 anni. Nel 2024 si è registrato un aumento dei casi nei bambini di appena 8-9 anni, che hanno iniziato a sviluppare sintomatologie adolescenziali. “Stiamo assistendo a un fenomeno inedito: bambini in età prepuberale che manifestano sintomatologie tipicamente associate all’adolescenza”, sottolinea la dottoressa Valeria Zanna, citata in un articolo della Fondazione Veronesi del marzo 2024. “Le bambine – osserva ancora Zanna – vengono a contatto con un mondo basato sull’estetica che non sono in grado di osservare in maniera critica perché troppo piccole”.
Questo abbassamento dell’età d’esordio obbliga il Sistema sanitario nazionale a ripensare approcci diagnostici e terapeutici tradizionalmente calibrati su pazienti adolescenti o adulti. La manifestazione precoce dei disturbi richiede protocolli specifici e anche un coinvolgimento più intenso delle famiglie nel percorso di cura.
Il ruolo dei social media
Uno dei fattori più significativi nell’aumento dei disturbi alimentari è l’impatto pervasivo dei social media sulla percezione dell’immagine corporea. Gli algoritmi dei social media, programmati per amplificare contenuti che generano maggiore coinvolgimento, tendono a sovraesporre gli utenti più vulnerabili a immagini di corpi idealizzati e spesso irraggiungibili. La questione non riguarda solo l’esposizione passiva a determinati contenuti, ma anche le dinamiche di confronto e competizione che si instaurano in questi ambienti digitali.
La costante paura di essere giudicati per il proprio aspetto è onnipresente nell’esperienza quotidiana degli adolescenti, e aumenta il rischio di sviluppare comportamenti alimentari disfunzionali.
Secondo l’ultima indagine del digital health tech startup Lilac-Centro Dca sulla sua community (oltre 600 gli intervistati), composta da giovani adulti d’età media 30 anni, l’81% degli intervistati ha dichiarato che i social media hanno avuto un’ampia influenza sul rapporto tra cibo e corpo.
La trappola delle diete drastiche
Un altro fattore di rischio significativo è rappresentato dalle diete drastiche intraprese in giovane età. Secondo le statistiche pubblicate dalla National Eating Disorder Association, “gli adolescenti che intraprendono diete drastiche hanno cinque volte più probabilità di sviluppare un disturbo alimentare rispetto ai loro coetanei che non seguono restrizioni alimentari”.
La cultura della dieta, amplificata dai social media e sostenuta da un’industria miliardaria, propone modelli di controllo alimentare spesso estremi e privi di fondamento scientifico. Per gli adolescenti, particolarmente sensibili ai messaggi relativi all’aspetto fisico e all’accettazione sociale, questi regimi restrittivi possono rappresentare il primo passo verso un disturbo alimentare.
La prevenzione come strategia chiave
Di fronte a questa emergenza sanitaria di proporzioni epidemiche, la prevenzione emerge come la strategia più importante per invertire la tendenza. Gli esperti del settore concordano sulla necessità di interventi preventivi strutturati, che coinvolgano scuole, famiglie e media.
La Giornata nazionale del fiocchetto lilla rappresenta un’occasione non solo per sensibilizzare l’opinione pubblica, ma anche per sollecitare politiche sanitarie adeguate che prevedano lo screening nelle scuole, la formazione specifica per pediatri e medici di base, e il potenziamento delle strutture dedicate.
Un anno fa il mancato rifinanziamento del fondo per i disturbi alimentari nella Legge di Bilancio 2024 scatenò le proteste delle opposizioni e della società civile. In seguito, il ministero della Salute è tornato sui proprio passi e ha reintrodotto i finanziamenti con un emendamento al decreto Milleproroghe.