Denatalità, come i flussi migratori possono salvare l’Italia
- 29/03/2024
- Popolazione
Possono le migrazioni interne, gli espatri e le immigrazioni straniere cambiare la situazione della denatalità in Italia? Per rispondere a questo importante quesito, per il quale ci si gioca una partita politica e sociale nel nostro Paese, è utile guardare i dati pubblicati nell’ultimo report Istat sullo stato della demografia nazionale, riferiti al 2023.
Aumentano le immigrazioni dall’estero. Il Nord e il Centro Italia restano le aree più attrattive e l’impatto dei flussi migratori degli stranieri continua ad essere contrapposto a quello degli italiani, con variazioni su fasce di età e possibilità di aumentare i tassi di fecondità. Ma scopriamo insieme cosa è emerso.
Migrazioni interne
Per analizzare il flusso migratorio in Italia, partiamo da quelle che sono definibili “migrazioni interne”. Si considerano tali, perciò, quelle relative alle persone che scelgono per motivi di studio, lavoro o personali, di cambiare residenza pur restando all’interno dei confini italiani. Nel 2023 i trasferimenti di residenza tra comuni sono pari a un milione e 444mila persone. Se pure in calo dell’1,8% rispetto al 2022, il volume dei trasferimenti si può considerare in linea con la tendenza a crescere dell’ultimo decennio.
In questo senso, il Mezzogiorno si è confermato, anche per il 2023, l’area del Paese in cui le partenze non vengono rimpiazzate da altrettanti arrivi. Secondo i dati Istat, infatti, sono circa 407mila gli individui che nel corso dell’anno si sono trasferiti da un Comune meridionale a un altro Comune italiano, spesso anche dello stesso Sud. Sono poco più di 344mila i flussi che hanno visto un comune del Mezzogiorno quale meta di destinazione di migrazione.
Ad essere particolarmente colpite dal fenomeno delle migrazioni interne sono le regioni della Basilicata e della Calabria alle quali seguono Molise e Campania. Nello specifico, tale dinamica ha generato, per il complesso della ripartizione, un saldo negativo di -63mila unità (-3,2 per mille abitanti). La perdita di popolazione del Mezzogiorno, diffusa in tutte le regioni ha visto per le più colpite le quattro regioni che, nello specifico, hanno avuto: la Basilicata e Calabria, un tasso migratorio rispettivamente del -6,2 per mille e del -5,3 per mille, mentre per Molise e Campania parliamo di -4,8 per mille e -3,7 per mille.
Destinazione Nord
È, poi, storica la migrazione verso il Nord Italia che si riconferma ancora una volta l’area del Paese più attrattiva. Nel 2023, infatti, i trasferimenti verso un Comune del Nord da un qualunque Comune (anche dello stesso Nord) sono 842mila mentre gli spostamenti che originano da un Comune del Nord sono 785mila; complessivamente il saldo migratorio è positivo e pari a 57mila abitanti (+2,1 per mille).
L’Emilia-Romagna ha un primato: con il suo +3,4 per mille persone si posiziona al podio delle Regioni più attrattive. Seguono il Friuli-Venezia Giulia (+2,2 per mille) e il Trentino Alto-Adige (+2,1 per mille). Più contenuto, ma in ogni caso positivo, il tasso migratorio del Centro (+0,5 per mille).
Immigrati ed emigrati: quale bilancio?
Se parliamo di migrazioni da e verso l’estero, la situazione cambia. L’Istat, infatti, ha registrato un aumento delle iscrizioni per trasferimento di residenza dall’estero nel 2023. Parliamo di 416mila persone, +1,1% rispetto allo scorso anno, ma in decisa crescita rispetto alla media dell’ultimo decennio (circa 314mila l’anno).
Dai primi dati provvisori si osserva che è l’Ucraina il principale paese di origine dei flussi (7,9% del totale) in chiara relazione agli ingressi per motivi umanitari dovuti al conflitto ancora in corso con la Russia. Seguono l’Albania (7%) e il Bangladesh (6%). Dalla Romania arriva solo il 5,4% degli immigrati, un Paese che è stato per lungo tempo (dai primi anni Duemila fino al 2021) la prima provenienza dei flussi di immigrazione.
Le cancellazioni per l’estero, invece, continuano a diminuire. Nel 2023 sono 142mila, in calo del 5,6% rispetto al 2022 e di circa il 21% rispetto al 2019, quando se ne contarono 180mila. Il Regno Unito e la Germania si confermano le principali mete di destinazione degli emigrati per l’estero (il 22% del totale dei flussi in uscita), seguite dalla Svizzera (8,2%) e dalla Francia (7,2%).
Il tasso migratorio con l’estero sale al 4,6 per mille. Questo dato conferma una tendenza di crescita avviatasi da poco meno di un decennio e interrottasi solo nel periodo pandemico. Il Centro e il Nord sono le ripartizioni col saldo migratorio estero più rilevante, oltre il 5 per mille per entrambe, il Mezzogiorno invece ha un saldo più contenuto, pari al 3,4 per mille.
“Le migrazioni con l’estero giocano un ruolo importante nel contesto demografico del Paese – si legge nel report Istat sulla demografia dell’ultimo anno -. Nel 2023, oltre a contrastare il calo della popolazione con un saldo migratorio che compensa, quasi del tutto, il saldo naturale negativo, esse contribuiscono a rallentare il processo di invecchiamento”.
Il ruolo degli immigrati nel calo demografico
Difficile sperare che le immigrazioni, però, possano essere l’unica soluzione possibile al calo demografico. Altri fattori influenzano il fenomeno, ma demografi e statisti considerano tali flussi migratori una variabile fondamentale per invertire il processo di tendenza dello spopolamento del nostro Paese. Nuovi immigrati dall’estero, infatti, concorrono alla crescita della popolazione e ne ringiovaniscono la struttura per età. In questo modo, a ringiovanire sarà anche la fascia di popolazione attiva con un effetto, seppur sempre più debole, anche sui livelli di fecondità.
Nel 2023 il saldo migratorio con l’estero complessivo è pari a +274mila unità, un guadagno di popolazione ottenuto come effetto di due dinamiche opposte. Da un lato, l’immigrazione straniera, ampiamente positiva (360mila), controbilanciata da un numero di partenze esiguo (34mila), dall’altro, il flusso con l’estero dei cittadini italiani caratterizzato da un numero di espatri (108mila) che non viene rimpiazzato da altrettanti rimpatri (55mila). Il risultato è un guadagno di popolazione di cittadinanza straniera (+326mila) e una perdita di cittadini italiani (-53mila).
L’expat dei giovani e il rimpatrio degli over 65
Queste dinamiche sono evidenti soprattutto nelle classi di età caratterizzate da una maggiore propensione alla migrazione. Il maggior deflusso netto di italiani si ha per i giovani adulti dai 25 ai 44 anni (-34mila) e per i bambini e i ragazzi fino a 24 anni (-14mila). I flussi netti di immigrazione straniera nelle stesse classi di età sono invece ampiamente positivi e trasformano le perdite in guadagni di popolazione giovane e attiva: il guadagno di bambini, giovani e adulti stranieri fino a 44 anni è di oltre 277mila unità e permette di ridurre la perdita di italiani nelle stesse fasce di età trasformandola inattivo (+230mila). Più contenuti sono i saldi migratori nelle fasce di età più mature.
La perdita netta di italiani dai 45-64 anni (-5mila) è compensata dal guadagno di stranieri nella stessa fascia di età (+42mila). L’unico, peraltro minimo, saldo migratorio positivo per gli italiani si ha tra gli ultrasessantacinquenni, fascia d’età in cui i rimpatri superano gli espatri (+88 residenti). Anche per gli stranieri il saldo migratorio in questa fascia di età è più esiguo (+7mila).
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