Festa della Mamma, la proposta di Falcomer (Valore D): “Estendiamo gli orari scolastici”
- 09/05/2025
- Popolazione Welfare
“La Festa delle Mamma è un’occasione per ribadire che è tempo di riconoscere pienamente la maternità non solo come un’esperienza individuale, ma come generatore di valore sociale, economico e organizzativo per il nostro Paese”. Così Barbara Falcomer, direttrice generale di Valore D a due giorni dalla ricorrenza di domenica 11 maggio.
La realtà dei numeri conferma l’urgenza di un cambio di paradigma. “Il dato allarmante che vede una donna su due rinunciare al lavoro dopo il secondo figlio, a causa delle difficoltà di conciliazione, della carenza di infrastrutture per l’infanzia e spesa pubblica per le famiglie più bassa in Europa, ha un costo elevatissimo per l’Italia”, sottolinea Falcomer.
Essere mamma in Italia
I dati più recenti fotografano una situazione critica. Nel 2024, in Italia sono nati appena 370mila bambini, circa 10mila in meno rispetto all’anno precedente (-2,6%). Il tasso di fecondità ha toccato il minimo storico di 1,18 figli per donna, mentre le proiezioni demografiche indicano una decrescita continua della popolazione: dai circa 59 milioni di abitanti del 2023 si scenderà a 54,8 milioni nel 2050.
Parallelamente, il mercato del lavoro italiano, pur registrando alcuni miglioramenti con un tasso di occupazione al 63% a febbraio 2025, resta tra i meno inclusivi d’Europa, soprattutto per quanto riguarda le donne. Solo il 51,1% delle donne italiane tra i 15 e i 64 anni risultava occupata nel 2022, contro una media europea del 64,9%.
Il rapporto “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2025” di Save the Children, pubblicato proprio in questi giorni, conferma che una lavoratrice su cinque esce dal mercato del lavoro dopo essere diventata madre e il 72,8% delle dimissioni dei neogenitori è al femminile. La situazione peggiora ulteriormente in presenza di più figli: tra i 25 e i 54 anni, solo il 57,8% delle donne con due o più figli minori ha un impiego, mentre per i neopapà la percentuale sale al 91,2%.
Le imprese tracciano la via per il cambiamento
Secondo Falcomer, il settore privato sta già mostrando la via: “Il mondo delle imprese esprime un impegno importante, anticipando il cambiamento culturale con azioni concrete che promuovono la condivisione piena dell’esperienza genitoriale”.
Diverse aziende stanno introducendo misure innovative a sostegno della genitorialità, ma si tratta di un fenomeno limitato a quelle di medio-grande dimensione (una minima parte del totale, in Italia). Un esempio interessante è Jti, che dal 2021 garantisce a tutti i dipendenti un minimo di 20 settimane di congedo totalmente retribuite, indipendentemente dal genere, dall’orientamento sessuale e dalla modalità in cui si diventa genitori. Altre iniziative diffuse includono l’introduzione di asili nido aziendali, bonus spesa, convenzioni con servizi di babysitting e flessibilità oraria.
“La maternità in Italia rappresenta ancora troppo spesso un bivio, non un binomio con il lavoro”, come efficacemente analizzato nel rapporto realizzato da Fondazione Gi Group e Gi Group Holding in collaborazione con Valore D.
L’impegno istituzionale e le prospettive future
Sul fronte istituzionale, la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto un’importante novità, con l’innalzamento dell’indennità del congedo parentale all’80% della retribuzione per tre mesi complessivi, fruibili in alternativa tra i genitori entro i primi sei anni di vita del bambino. È previsto inoltre un incremento della durata del congedo per i papà, con l’obiettivo di riequilibrare i carichi di cura all’interno della famiglia.
Un altro passo significativo è stato il lancio del “Codice di autodisciplina di imprese responsabili a favore della maternità” da parte del Ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità. Questo patto, già firmato da un centinaio di aziende, impegna le realtà produttive a favorire la continuità di carriera delle madri, le iniziative di prevenzione e cura dei bisogni di salute, l’adattamento dei tempi e modi di lavoro, e il sostegno alle spese per la cura e l’educazione dei figli.
Le misure in discussione puntano anche all’estensione degli orari scolastici pomeridiani, come parte di una strategia più ampia per supportare le famiglie nella gestione del tempo e ridurre il peso della cura dei figli durante l’orario lavorativo.
“Affiancare le buone pratiche aziendali con misure di welfare efficaci, mirate e strutturali – potenziando gli asili nido pubblici, estendendo gli orari scolastici, e con un calendario più allineato con i tempi del mondo del lavoro – significa costruire insieme un contesto più favorevole alla crescita, all’equità e alla piena inclusione delle donne nel tessuto produttivo, non a beneficio delle donne ma di tutto il sistema Paese”, conclude Falcomer.