Più si è poveri, meno si vota: l’astensionismo in Italia e in Ue
- 10/06/2024
- Popolazione
Per la prima volta nella storia, alle Europee ha votato meno di un italiano su due, il 49,69% degli aventi diritto. L’astensionismo in Italia non ha una sola risposta, ma stimola delle analisi. Prima di tutto un confronto con l’Ue, dove l’affluenza è rimasta stabile rispetto al 2019, anzi in leggero miglioramento dal 50,66% al 51% di questa tornata. Una percentuale comunque risibile se si pensa al ruolo cruciale delle elezioni europee 2024.
Parlare di astensionismo tout court sarebbe superficiale, e ci sono due tendenze che meritano attenzione:
- L’affluenza degli italiani alle urne per le amministrative ha superato quella delle europee;
- per le europee hanno votato di più gli italiani delle regioni ricche, mentre l’affluenza crolla tra le regioni più povere e nei piccoli centri.
Il primo punto dimostra che c’è una scelta chiara da parte degli elettori, e che l’astensionismo non è semplicemente figlio del lassismo. Se così fosse, i dati delle europee e delle amministrative sarebbero uguali, una volta arrivati al seggio, basterebbe votare per entrambe le elezioni. Se questo in molti casi non avviene, la ragione non può essere che gli italiani preferiscano il mare alle urne.
Chiaramente, il contemporaneo voto per le amministrative in oltre 3.700 comuni e delle regionali in Piemonte ha in parte migliorato il dato delle europee. Secondo le stime di YouTrend, in media nei comuni dove si votava solo per le europee l’affluenza è stata del 42,2%, mentre dove si votava sia per le europee sia per le amministrative è stata del 62,8%.
L’astensionismo in Italia e in Ue
Negli anni, sia l’affluenza media Ue che quella italiana sono calate.
Iniziata con l’82% dei votanti nel 1979, la partecipazione degli italiani alle europee è sempre calata ad eccezione del 2004 (prime elezioni con la moneta unica), quando si recò alle urne il 71,7% degli aventi diritto contro il 69,8% del 1999. L’astensionismo italiano alle europee ha avuto la sua crescita maggiore tra le elezioni del 1989 e quelle del 1994. In appena cinque anni, il Paese passò da un’affluenza dell’81,1% a quella del 73,6%. In quegli anni, la popolazione italiana fu sconvolta dallo scandalo Tangentopoli, che ha segnato la prima grande cesura tra gli italiani e la politica nella storia repubblicana. Non è un caso che il crollo record dell’affluenza si registri in quegli anni.
Nelle elezioni europee più recenti, quelle del 2019, votarono il 54,5% degli elettori italiani, un dato superiore a quello delle elezioni europee 2024, anche se cinque anni fa, in Italia, si votò solo di domenica. Anche in quella circostanza si andò alle urne anche per le regionali in Piemonte e in circa 3.800 comuni.
Spostando lo sguardo sul panorama europeo, l’astensionismo record si è registrato nel 2009 e nel 2014 con un tasso di partecipazione al voto vicino al 43% (42,97% e 42,61%), mentre il calo maggiore registrò tra le elezioni del 1994 e quelle del 1999, quando l’affluenza passò dal 56,7% al 49,5%. Dal 1999 in poi, quindi, la maggioranza assoluta dei cittadini europei ha disertato le urne.
Occorre però considerare che nel corso del periodo storico considerato l’Unione Europea si è allargata a un numero crescente di Paesi membri, ognuno con la propria tendenza più o meno forte al voto.
Alle prime elezioni del 1979 i Paesi membri erano nove: Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Regno Unito, Danimarca e Irlanda. Dalle elezioni del 1984 si è aggiunta la Grecia (che era entrata nella Ue nel 1981), mentre alle elezioni del 1989 e del 1994 i Paesi membri erano 12, grazie all’entrata nella Ue di Spagna e Portogallo nel 1986. I Paesi membri sono poi saliti a 15 alle elezioni del 1999, dopo l’ingresso nella Ue di Austria, Svezia e Finlandia (1995).
Uno spartiacque, poi, è stato registrato nel 2004, anno del grande allargamento a Est dell’Unione. Quell’anno aderirono all’Ue ben 10 Paesi (Polonia, Ungheria, Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Cipro e Malta), a cui se ne sono aggiunti altri due nel 2007 (Bulgaria e Romania), arrivando ai 27 Stati membri attuali e con l’ingresso di altri Paesi all’orizzonte.
L’astensionismo sale nelle regioni più povere
L’affluenza al voto in Italia continua a mostrare un trend preoccupante di diminuzione, con una partecipazione elettorale particolarmente bassa nelle regioni meridionali e insulari. Questa tendenza evidenzia la necessità di avvicinare la politica ai cittadini, soprattutto in quelle aree dove la povertà cresce e la presenza delle istituzioni diminuisce.
Come avvenuto nelle precedenti tornate elettorali, l’affluenza al voto in Italia ha mostrato marcate differenze tra le varie regioni e anche alle europee 2024, il Nord del Paese ha registrato un astensionismo molto più basso rispetto al Mezzogiorno:
Dati di affluenza per circoscrizione
- Italia Nord-Occidentale: la partecipazione è stata del 55,1%;
- Italia Nord-Orientale: ha votato il 54% degli elettori;
- Italia Centrale: l’affluenza ha raggiunto il 52,5%;
- Meridione: solo il 43,7% degli aventi diritto si è recato alle urne;
- Isole: La partecipazione è stata la più bassa, con solo il 37,8%.
Confronto con le elezioni europee del 2019
Rispetto alle elezioni europee del 2019, si è osservato un generale calo dell’affluenza, con variazioni significative tra le diverse circoscrizioni:
- Nord-Est: l’affluenza è diminuita del 16%;
- Nord-Ovest: si è registrata una riduzione del 13%;
- Centro: il calo è stato dell’11%;
- Meridione: la diminuzione è stata del 10%.
In linea con i principi base della statistica, il calo è stato più marcato in quelle zone che partivano da un’affluenza più alta. Lo dimostra bene il fatto che la circoscrizione delle Isole non abbia registrato una riduzione dell’affluenza, ma partiva già da una partecipazione molto bassa nelle precedenti elezioni del 2019.
L’analisi regionale conferma in gran parte i trend: la regione con l’affluenza più alta è stata l’Umbria con il 61%, mentre quella con l’affluenza più bassa è stata la Sardegna con il 37%. La Sicilia è l’unica altra regione con un’affluenza inferiore al 40%, mentre la Valle d’Aosta è la regione del Nord con la minore affluenza 42,5%. Quindi, le tre regioni con il maggior astensionismo sono tutte a statuto speciale. Tra il 55% e il 60% ci sono Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia, mentre Marche, Veneto e Liguria hanno avuto un’affluenza tra il 50% e il 55%.
Italia specchio dell’Ue?
La nostra analisi non può chiudersi sull’Italia, anzi ci regala uno spunto interessante guardando all’Ue: le stesse tendenze italiane sull’astensionismo si riscontrano nel resto dei Ventisette. Senza voler scomodare Tacito e la sua ‘Germania’ (che metteva in relazione la latitudine geografica alle usanze dei popoli), emerge come i Paesi dell’Europa settentrionale, che generalmente godono di un’economia più forte, hanno registrato quasi ovunque tassi di partecipazione più alti rispetto ai Paesi del Sud e dell’Est Europa.
La questione si riversa anche nelle città lungo tutta l’Ue. Nelle grandi città e in quelle più ricche si registrano cali più contenuti di partecipazione al voto e resistono i partiti più tradizionali come i progressisti e i conservatori liberali. Nei contesti rurali, invece, cresce l’astensionismo e il supporto ai partiti di estrema destra e che, più in generale, fuoriescono dalla logica del bipolarismo.
In Italia, il Movimento 5 Stelle ha superato il 20% dei voti solo in Campania e il 15% in Sardegna, Sicilia e Calabria, confermando raccogliere al Sud la maggior parte dei voti. Il partito, oggi istituzionalizzato ma nato come movimento anti-establishment, è dietro in tutte le regioni del Nord, e in Veneto, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige si è fermato non ha raggiunto il 5%.
Infine, un dato particolare viene dalla Lega. Nonostante abbia trovato voti soprattutto al Nord, il partito guidato da Salvini ha riscosso maggior successo nel Molise, dove ha raggiunto il 17% delle preferenze.
Numeri e riflessioni da tenere a mente, mentre prende forma il nuovo Parlamento europeo.
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