Viti e messaggi di morte nell’utero: le donne tigrè sono state sterilizzate con la forza
- 16 Luglio 2025
- Mondo Popolazione
Otto viti arrugginite, un tagliaunghie di acciaio e un messaggio minatorio scritto a penna e avvolto nella plastica. Questi gli oggetti estratti dall’utero di Tseneat, donna tigrè stuprata e sterilizzata con la violenza durante la guerra in Etiopia. Il Tigray è la regione più settentrionale dell’Etiopia, patria ancestrale del popolo tigrino e teatro di una delle guerre civili più devastanti dell’Africa moderna.
L’inchiesta di The Guardian rivela l’orrore sistematico subito dalle donne del posto: decine di migliaia di vittime torturate con oggetti metallici inseriti nei loro organi riproduttivi per renderle sterili e impedire così la nascita di discendenti. Una strategia genocida che ha trasformato i corpi femminili in campi di battaglia etnica.
Foto copertina: The Guardian su credit Ximena Borrazas
La sterilizzazione come arma di guerra
Per due anni, Tseneat ha convissuto con l’agonia della sua violenza. Il dolore non svaniva mai, la attaccava dall’interno. Ma i resti della violenza sono rimasti nel suo grembo: otto viti arrugginite, un tagliaunghie di acciaio e un messaggio scritto a penna e avvolto nella plastica.
“Figli dell’Eritrea, siamo coraggiosi – recita il biglietto – Ci siamo impegnati in questo e continueremo a farlo. Renderemo sterili le donne tigrè”.
Gli oggetti, rivelati da radiografie ed estratti chirurgicamente dai medici più di due anni dopo, erano stati inseriti a forza nell’utero di Tseneat mentre giaceva priva di sensi dopo essere stata stuprata da sei soldati. Tseneat è stata stuprata solo una settimana dopo aver partorito due gemelli.
Tseneat rappresenta una delle decine di migliaia di donne tigrè sottoposte alle forme più estreme di violenza sessuale, in attacchi progettati per distruggere la loro fertilità. Cartelle mediche e radiografie ottenute da The Guardian e revisionate da specialisti medici indipendenti mostrano un pattern sistematico di casi in cui alle donne sono stati inseriti corpi estranei negli organi riproduttivi, tra cui chiodi, viti, rifiuti di plastica, sabbia, ghiaia e lettere.
I biglietti – scritti dai loro stupratori, avvolti nella plastica e inseriti negli uteri delle donne – rendono chiari i loro intenti. Diversi menzionano aspre dispute di confine con il Tigray negli anni ‘90 e parlano di vendetta: “Avete dimenticato quello che ci avete fatto negli anni ‘90? Noi non abbiamo dimenticato. D’ora in poi, nessun tigrè darà alla luce un altro tigrè”, si legge in un biglietto recuperato dall’utero di un’altra donna.
Il contesto della guerra del Tigray
Il conflitto nel Tigray è scoppiato nel novembre 2020 quando il governo federale etiope guidato dal primo ministro Abiy Ahmed ha lanciato un’operazione militare contro il Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (Tplf), che aveva dominato la politica etiope per quasi trent’anni prima dell’ascesa di Abiy al potere nel 2018.
La guerra è iniziata dopo che il Tplf ha insistito per organizzare elezioni regionali autonome nel settembre 2020, sfidando la decisione del governo federale di rimandare le elezioni nazionali a causa della pandemia di Covid-19.
Il conflitto si è rapidamente trasformato in una delle guerre civili più devastanti dell’Africa moderna, coinvolgendo forze federali etiopi, milizie regionali e forze eritree.
Nel novembre 2022, il governo etiope e il Tplf hanno firmato l’Accordo di Pretoria per cessare le ostilità, ma l’implementazione è stata inconsistente e incompleta. Le forze eritree rimangono in parti della regione, e gli autoctoni riferiscono costanti abusi nonché la violazione dei diritti umani.
Le dimensioni del trauma: 120.000 vittime
Un’indagine del Bmj Global Health su 5.171 donne tigrè in età riproduttiva ha rivelato che il 43,3% ha subito almeno un tipo di violenza di genere durante la guerra. I casi di violenza sessuale, fisica e psicologica, e stupro sono stati rispettivamente del 9,7%, 28,6%, 40,4% e 7,9%.
Tra le donne sopravvissute alla violenza sessuale, lo stupro rappresentava l’82,2% delle violenze subite, uno stupro di gruppo nel 68,4% dei casi. Le donne giovani (15-24 anni) sono state le più colpite dalla violenza sessuale, con il 29,2% dei casi.
L’indagine ha stimato che circa 120.000 donne hanno subito stupri durante la guerra del Tigray. Le conseguenze per la salute includevano:
- infezioni sessualmente trasmesse nel 16,5% dei casi;
- infezioni da Hiv nel 2,7%;
- gravidanze indesiderate nel 9,5%
- depressione nel 19,2%.
Una strategia genocida
Secondo il diritto internazionale, costituisce genocidio distruggere la fertilità o prevenire le nascite con l’intenzione di distruggere totalmente o parzialmente un gruppo etnico. Le prove raccolte da The Guardian rientrano a pieno titolo in questa fattispecie perché la violenza sui corpi delle donne non era frutto di una scelta arbitraria, ma una precisa tattica di guerra.
Le forze eritree hanno commesso atrocità in una campagna di punizione collettiva contro il popolo del Tigray. L’organizzazione investigativa The Sentry ha trovato prove che indicano che le Forze di Difesa Eritree (Edf) si sono impegnate e hanno orchestrato operazioni di saccheggio su scala industriale durante e dopo la guerra.
Le Edf si sono impegnate in massacri, violenza sessuale diffusa e saccheggi sistematici, che hanno riguardato anche macchinari di fabbriche tigrè, forniture e attrezzature mediche, antiche reperti. Tutto veniva trafficato, spiega The Sentry: l’oro, i reperti e le persone, mentre le forze eritree compievano stupri di gruppo, torture, rapimenti e mutilazioni.
La situazione delle donne tigrè dopo la guerra
A più di due anni e mezzo dalla fine del conflitto, molte donne sopravvissute stanno ancora lottando per superare il loro trauma, con la giustizia che rimane lontana. L’89,7% di loro non ha ricevuto alcun supporto medico o psicologico post-violenza.
Nonostante le prove di uccisioni di massa, violenza sessuale e fame usata come arma di guerra, nessuno è stato perseguito. L’impunità a incoraggiato i perpetratori e ha stabilito un precedente pericoloso per futuri conflitti.
Le testimonianze delle sopravvissute
Nigist, 17 anni, originaria del Tigray occidentale, ha raccontato a The Guardian: “Ci siamo nascoste in un piccolo bosco, ma i soldati ci hanno trovate. Ci hanno detto di spogliarci, ma io ho resistito, non volevo. È allora che hanno iniziato a picchiarmi, strappandomi i vestiti. Sono stata stuprata da diversi di loro. Poi sono svenuta”.
Una donna residente a Mekelle ha spiegato: “Non possiamo fare nulla in questo momento. Stiamo solo cercando di sopravvivere. Una nuova guerra potrebbe scoppiare in qualsiasi momento. Il costo della vita è alle stelle. Abbiamo urgente bisogno di una soluzione pacifica per riprendere il lavoro e ricostruire le nostre vite”.
La mancanza di responsabilità per questi crimini costituisce una sfida fondamentale per la pace duratura in Etiopia. L’impunità ha permesso ai perpetratori di continuare a beneficiare e prosperare, contribuendo alle tensioni attuali che minacciano un ritorno alla violenza.
L’evidenza medica e le testimonianze raccolte da The Guardian rappresentano uno dei documenti più completi sui crimini di guerra legati alla violenza sessuale sistematica. Tuttavia, senza un’azione internazionale coordinata, queste prove rischiano di rimanere solo testimonianze di un orrore che non deve mai essere dimenticato.