Sfigurata dall’ex marito, l’uomo non andrà in carcere: “Lei ha sfaldato il matrimonio”
- 12 Settembre 2025
- Popolazione
Non andrà in carcere l’uomo che, il 28 luglio 2022, ha aggredito la sua ex moglie i genitori di lei, dopo la separazione. Lucia Regna, all’epoca dei fatti 41enne, ha subito una lesione permanente al nervo oculare. Permanenti saranno anche le ventuno placche utilizzate dai medici per ricostruire il volto della donna, trasfigurata dall’aggressione.
La terza sezione penale del Tribunale di Torino (presidente Paolo Gallo, giudici a latere Elena Rocci e Giulia Maccari) ha condannato l’uomo a 18 mesi con la concessione di attenuanti e condizionale, che permette all’uomo di evitare il carcere. Almeno per ora, trattandosi del primo grado di giudizio. Non è stata accolta la ricostruzione della Pm Barbara Badellino, che per l’uomo aveva chiesto quattro anni e mezzo di reclusione.
La sentenza, emessa a giugno scorso di cui il Corriere della Sera ha pubblicato degli stralci in questi giorni, ha riacceso i riflettori sulla violenza domestica. Al centro del dibattito, e delle motivazioni, ci sono le dinamiche psicologiche che si innescano quasi esclusivamente negli uomini, quando una relazione finisce. Nel caso di specie, i giudici hanno condannato l’uomo per lesioni, ma lo hanno assolto dal reato di maltrattamenti, ritenendo la donna poco attendibile: “Risulta evidente la tendenza della donna a trasfigurare episodi che fanno parte dei consueti rapporti familiari in insopportabili soprusi di elevata frequenza”, si legge nella motivazione del provvedimento.
Proprio all’inizio di questa settimana, dall’altra parte dell’Oceano, il presidente americano Donald Trump ha detto che spesso i normali diverbi domestici vengono esasperati: “Se un uomo ha una piccola lite con sua moglie, dicono che si tratti di un reato”, ha detto il tycoon sostenendo che, invece, si tratti di “reati poco gravi”.
Per approfondire: Trump sulla violenza domestica: “Reato poco grave, non andrebbe registrato”
Ma cosa è successo nel caso di Torino e perché se ne sta parlando tanto?
Lucia Regna aggredita, cosa è successo
Nel 2022, la donna aveva deciso di divorziare dopo anni di violenze fisiche e verbali perpetrate dal marito. A maggio dello stesso anno, l’uomo si è trasferito, mentre la donna è rimasta a vivere nella vecchia casa con i due figli, avuti dal marito, e il suo nuovo compagno.
I due si sono rivisti due mesi dopo, a luglio, quando Lucia Regna, dopo varie esitazioni, ha accettato un ultimo incontro con l’uomo. Dopo un diverbio, la situazione è degenerata in un’aggressione fisica alla donna e ai suoi genitori, provocando i danni permanenti descritti in apertura.
“Si sentiva vittima di un torto”: le motivazioni della sentenza
Per i giudici della terza sezione penale, che hanno negato il reato di maltrattamenti, l’imputato si sentiva “vittima di un torto” sapendo che un altro uomo “trascorreva del tempo nella casa che per quasi vent’anni era stata la sua dimora familiare e si sostituiva a lui nel suo rapporto con i figli”.
Alla base della parziale assoluzione, dunque, ci sarebbe quello che la sentenza definisce un “sentimento, molto umano e comprensibile per chiunque” soprattutto nella “specifica condizione di stress” attraversata dall’uomo dopo che la donna ha “sfaldato il matrimonio”. L’avvocato dell’imputato ha definito la decisione “un caso esemplare di attenzione e rigore nell’analisi dei fatti e delle prove”.
“Perché ci chiedono di denunciare?”
Opposta la reazione della vittima, che, parlando con La Stampa, raccontato la sua frustrazione dopo aver appreso della sentenza. “Perché ci dicono di denunciare se poi quello che viene dopo, da parte dello Stato, è uno schiaffo morale che fa male più delle botte? A che cosa serve il codice rosso? Io mi sono pentita di averlo denunciato”, dice Lucia Regna facendo da eco a una sensazione di impotenza comune tra le donne aggredite. “Leggendola ho avuto la sensazione di tornare ai tempi del vecchio delitto d’onore, che per fortuna non esiste più”, aggiunge la donna parlando della sentenza.
I suoi figli si sono fatti promotori di una campagna contro la violenza di genere: lo scorso 25 novembre hanno affisso a scuola la foto del suo volto tumefatto con la scritta: “Donne, denunciate subito”.
La Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio ha annunciato di volersi occupare del caso, definendolo un esempio lampante di vittimizzazione secondaria.
La reazione trasversale della politica
La sentenza ha provocato indignazione da entrambi gli schieramenti politici. Roberto Calderoli, senatore della Lega e ministro per gli Affari regionali e le Autonomie ha definito “incredibile” la decisione presa dal Tribunale di Torino: “Hanno inflitto appena un anno e sei mesi ad un marito che ha letteralmente distrutto il volto della moglie 44enne – ricostruito inserendo 21 placche di titanio, con una lesione permanente al nervo oculare – in quanto il suo era ‘uno sfogo riconducibile alla logica delle relazioni umane’ da calare nel contesto di una dissoluzione del matrimonio”.
“Incredibile sentenza di Torino. Quanta strada ancora da fare per le donne, per la loro libertà, per tutti noi. Quanta violenza, quante giustificazioni”, scrive sui social il senatore Pd Filippo Sensi. Augusta Montaruli ha chiesto che la commissione Femminicidio acquisisca gli atti del processo e ha sottolineato il rischio di un effetto a catena: “Non possiamo permettere che cali la fiducia delle donne nel denunciare fatti che possono portare a casi di femminicidio e che, in ogni caso, rimangono un macigno nelle loro vite condizionandone ingiustamente le scelte”, afferma la vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.
Le donne si fidano di denunciare? Cosa dicono i dati
Nel 2024 sono state oltre 16mila le segnalazioni al 1522 di donne vittime di violenza, con un aumento dell’11,5% rispetto al 2023. Tuttavia, queste segnalazioni al numero antiviolenza rappresentano solo una frazione minima del fenomeno reale. Il tasso ogni 100.000 donne è passato da 47,9 nel 2023 a 53,6 nel 2024 (Rapporto Istat sui Sustainable Development Goals 2025).
Nel primo semestre 2024 le segnalazioni sono state oltre 32mila, in forte aumento rispetto alle poco più di 19mila dello stesso periodo del 2023. Nel quarto trimestre 2024 si è registrato un incremento dell’8,8% rispetto al trimestre precedente, ma l’Istat precisa che l’incremento è generato soprattutto da persone che chiedono informazioni sul servizio piuttosto che aiuto diretto. Le richieste di aiuto da parte delle vittime di violenza restano sostanzialmente stabili, pari al 20% del totale delle chiamate valide.
Un’indagine pubblicata dall’Istituto di statistica nel 2014 riporta che il 38,5% delle donne che non denunciano, evitano di farlo per paura delle reazioni dell’autore, mentre altre cause includono il timore di non essere credute, la vergogna e l’imbarazzo (7,1% per violenze da partner), la sfiducia nelle forze dell’ordine (5,9%) e l’amore per il partner che non vogliono vedere in manette (13,8%).
L’Istat precisa che entro novembre 2025 saranno pubblicati i risultati di una nuova indagine sulla sicurezza delle donne nell’ambito della rilevazione “Benessere e sicurezza delle persone”.