Discriminati e poveri, la situazione degli immigrati in Italia
- 18/07/2023
- Popolazione
L’integrazione in Italia non è facile. Lo afferma l’ultimo rapporto Inapp “Indicatori di integrazione dei cittadini con background migratorio”, che elenca gli ostacoli: la nuova lingua, l’iter per ottenere la cittadinanza, la ricerca del lavoro, la qualità del lavoro stesso, la discriminazione di genere e la diffusione di pregiudizi e razzismo.
Lo studio analizza tre categorie di residenti: quelli di origine straniera extracomunitaria, quelli di origine straniera ma nati in Ue e quelli nati in Italia.
Al primo gennaio 2022, i cittadini residenti in Italia originari di Paesi terzi erano circa 3 milioni e 500mila, in aumento di quasi il 6% rispetto al 2021 anche per effetto dell’invasione ucraina. La difficoltà di integrazione e la percezione di essere discriminati è alta tra chi è nato fuori dall’Unione europea: il 30,6% dei residenti extracomunitari residenti in Italia si sente discriminato. All’interno del gruppo dei nativi extra Ue sono gli uomini a sentirsi più vittime dei pregiudizi, quasi il 10% in più rispetto alle donne.
Contestualmente, in questo gruppo prevale, rispetto ai nativi di un altro Stato europeo, un maggior senso di appartenenza all’Italia e una maggiore propensione all’acquisizione di cittadinanza.
Tra i residenti che hanno origine straniera, ma comunitaria, percepisce di essere discriminato meno di un individuo su cinque (19,2%), mentre chi è nato in Italia si sente discriminato nel 3,5% dei casi.
Per quanto riguarda l’ottenimento della cittadinanza, l’ultimo dato (2021) parla di 55.542 acquisizioni per residenza, ovvero il 68% del totale, contro il 32% delle acquisizioni per matrimonio. I dati dimostrano che la cittadinanza viene acquisita per matrimonio soprattutto tra le donne. Secondo il Ministero dell’Interno nel 2022 ai primi posti nella concessione della cittadinanza per matrimonio risultano, in ordine decrescente, le nazionalità marocchina, brasiliana, albanese, argentina e rumena.
Situazione socio-economica degli immigrati in Italia
Oltre ai dati sulla percezione di discriminazione, risultano gravi anche quelli sulla condizione socio-economica che per i residenti “nati all’estero è peggiore rispetto ai nativi, con tassi di povertà relativa elevati: 30% contro il 18% degli italiani autoctoni, e condizioni abitative precarie. “Le condizioni di svantaggio – spiega il prof. Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – sono più evidenti nelle regioni del Sud e per le donne in particolare nel lavoro, con più bassi livelli di occupazione e più alti tassi di sovraqualificazione lavorativa”.
Questi dati dipendono dalla capacità di trovare lavoro: nell’anno oggetto dell’indagine, il 2021, il tasso di disoccupazione medio dei cittadini stranieri, sia comunitari che extra, si attesta attorno al 15%, a fronte di quello dei cittadini italiani che è di quasi il 9,5%.
In tutti i gruppi osservati (cittadini italiani, comunitari ed extra Ue), la componente femminile presenta ovunque tassi di disoccupazione sensibilmente maggiori, anche se il gap più ampio si registra tra i cittadini non comunitari, dove il tasso di disoccupazione femminile è superiore rispetto a quello maschile di oltre il 4%.
Il tasso di attività medio tra gli stranieri risulta essere leggermente più alto (64,7%) rispetto ai cittadini italiani (63,2%), con livelli più bassi al Sud e nelle Isole per tutti i gruppi osservati. Considerando la forza lavoro degli stranieri extra Ue il tasso di occupazione al Sud supera il 60%, mentre tra i comunitari e tra i cittadini italiani si attesta a poco più del 50%. Al nord la situazione è inversa: qui la quota di forze lavoro rispetto alla popolazione di riferimento è maggiore tra i cittadini italiani che tra gli stranieri.
Anche per chi riesce a trovare lavoro, però, lo svantaggio degli stranieri non comunitari appare evidente in relazione al tipo di contratto ottenuto. La quota di contratti a termine tra i lavoratori extraeuropei raggiunge il 27,8% contro il 22% registrato tra gli stranieri comunitari e il 16% tra i lavoratori di cittadinanza italiana.
L’incidenza dei contratti a termine aumenta andando verso Sud fino a raggiungere, per i non comunitari, una percentuale del 43,5%. Il report spiega che i contratti atipici, come quelli a termine, sono molto più presenti tra gli uomini rispetto alle donne. In Basilicata e Calabria i contratti a termine riguardano il 61% dei lavoratori extra Ue maschi.
La sovraqualificazione lavorativa
Come riporta Il Corriere della Sera, un fenomeno fortemente penalizzante per gli immigrati residenti è la cosiddetta sovraqualificazione lavorativa: individui altamente istruiti che vengono impiegati in occupazioni a medio-bassa qualificazione. Il problema della sovraqualificazione è strutturale in Italia e coinvolge anche molti cittadini nativi italiani, ma raggiunge livelli altissimi tra gli stranieri extracomunitari.
I dati Inapp riportano che nel 2020 il tasso di sovraqualificazione tra gli stranieri non comunitari ha toccato quota 71,8% con un gap rispetto a quello dei cittadini italiani del 54,1%, che nelle Isole e nel Nord-Est supera addirittura il 60%.
“È molto probabile che molti stranieri non comunitari non solo abbiano più difficoltà, culturali e linguistiche, ma, ancorati a necessità impellenti, abbiano anche aspettative inferiori nella ricerca di un lavoro e siano quindi maggiormente disposti a lavorare e a svolgere mansioni che sono al di sotto del livello di competenze e del livello scolastico che hanno in dote”, ha spiegato il presidente Fadda.
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