Demografia e migrazioni, cosa dicono i numeri e l’analisi del Governatore Visco
- 06/10/2023
- Popolazione
Nel dibattito pubblico, si guardi al chiacchiericcio della politica o a quello da bar, ci sono due temi che sempre più frequentemente vengono tenuti insieme: la natalità, insieme all’invecchiamento della popolazione, e la gestione del flusso dei migranti. Il problema è che spesso vengono utilizzati per schierarsi da una parte, o dall’altra, in un confronto che non può avere né vincitori né vinti. Facciamo più figli o accogliamo più migranti è la semplificazione di una contrapposizione che non porta da nessuna parte. Se non alla banalizzazione, e alla strumentalizzazione, di due aspetti cruciali per il futuro della nostra società. Aiutano a mettere qualche punto fermo alcune considerazioni fatte dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in un recente intervento in occasione delle Giornate di economia ‘Marcello De Cecco’. Con uno sguardo più lungo, e meno politicizzato, i numeri consentono di inquadrare trend che si incrociano, in una complessità che va ben oltre gli slogan.
La povertà nel mondo si è ridotta
Il Governatore si sofferma su una prima evidenza ‘globale’. “Il dato che trovo più significativo in questo contesto è la riduzione della povertà, in presenza di un’espansione demografica concentrata nelle aree un tempo meno sviluppate del pianeta. Dal 1990 a oggi la popolazione mondiale è cresciuta di circa 3 miliardi di persone e per oltre il 90 per cento ciò ha avuto luogo nelle economie emergenti e in via di sviluppo; nonostante questo, la forza dell’integrazione economica e del progresso tecnologico è stata tale da ridurre il numero assoluto degli individui in condizioni di povertà estrema da quasi due miliardi nel 1990 a meno di 700 milioni nel 2019”. Questa, ragiona Visco, “può sembrare una fredda statistica, ma si tratta di miliardi di persone sfuggite alla trappola della povertà e della malnutrizione e a cui è stata data l’opportunità di studiare, lavorare e condividere con il resto dell’umanità i frutti del progresso tecnico ed economico”.
La prospettiva, la popolazione mondiale cresce ma non nei Paesi avanzati
Le proiezioni delle Nazioni Unite, osserva il Governatore in un altro passaggio del suo ragionamento, “indicano un aumento della popolazione mondiale di un altro paio di miliardi entro i prossimi 25 anni. Non nei paesi avanzati, che resteranno intorno al miliardo. Se andiamo verso un mondo diviso in blocchi, ci saranno circa un miliardo di persone nei paesi avanzati e circa 9 altrove”. Quindi, Visco pone un interrogativo. “E se la divisione porterà minore crescita ovunque, cosa potrà succedere per quanto riguarda la questione delle migrazioni? Avremo, soprattutto noi europei, una pressione migratoria straordinariamente più forte rispetto a quella che c’è già adesso”.
La gestione dei flussi migratori, serve lungimiranza
Visco arriva alla principale conseguenza dell’analisi che si fonda sui numeri. “L’invecchiamento della popolazione ci impone di essere aperti anche su questo piano ma si tratta di un processo molto complesso che va gestito con attenzione e lungimiranza”. Inoltre, aggiunge, “oltre la metà dell’incremento previsto per la popolazione mondiale, sarà concentrata in Africa: uno sviluppo costante e sostenibile delle economie di questo continente è cruciale per ridurre la povertà estrema e garantire un sostanziale miglioramento delle prospettive sociali ed economiche per coloro che vi risiedono, nonché per scongiurare l’insorgere di flussi migratori difficilmente gestibili in termini di portata e dimensioni”.
Serve una nuova governance dell’economia globale
Quale può essere, quindi, la strada da seguire? “Il cambio di direzione deve partire da una discussione aperta sulle regole e sulla governance dell’economia globale, che conduca a un nuovo equilibrio internazionale, tenendo conto della maggiore importanza dei paesi emergenti e della necessità di garantire il rispetto fondamentale dei principi e dei valori fondanti della convivenza pacifica tra nazioni”. Soprattutto, conclude Visco, “dobbiamo soprattutto abbandonare la logica del gioco a somma zero nella competizione tra nazioni, e non tornare ai vecchi modelli di vincitori e vinti, ma lavorare per coinvolgere più e diversi attori – in base alla loro storia, ai loro valori e alle loro prospettive – nel guidare iniziative future con l’obiettivo di generare benefici diffusi per tutti”. (Di Fabio Insenga)
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