Ddl femminicidio: cosa prevede la nuova legge e perché il Senato ha detto sì all’unanimità
- 23 Luglio 2025
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161 schede verdi, nessun contrario, nessun astenuto: oggi, 23 luglio 2025, il Senato ha approvato all’unanimità il disegno di legge sul reato di femminicidio. Il testo, composto da quattordici articoli, prevede di introdurre nel Codice penale l’articolo 577-bis per inquadrare il femminicidio come reato autonomo e non come una forma di omicidio comune, regolato dall’articolo 575.
Il testo proposto dalla Commissione Giustizia del Senato stabilisce la punizione dell’ergastolo per: “Chiunque cagioni la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali”.
Il voto è stato accolto da entrambi gli schieramenti con un applauso di quindici secondi, offrendo l’immagine di una politica italiana coesa su una piaga che, solo nel 2024, ha provocato la morte di centotredici donne, di cui sessantuno uccise dal partner o dall’ex partner.
Cosa prevede il disegno di legge
La novità più importante proposta dai quattordici articoli è l’introduzione del nuovo articolo 577-bis, che prevede il reato di femminicidio e punisce con l’ergastolo chi uccide una donna per motivi di genere. Attorno a questa disposizione, il testo interviene con aggravanti, protezioni processuali, sostegni economici alle famiglie delle vittime e formazione obbligatoria per gli addetti ai lavori.
Le misure nel dettaglio
- Reato autonomo di femminicidio: ergastolo se il delitto è motivato da controllo, possesso, dominio, rifiuto o odio verso la vittima in quanto donna;
- Rafforzamento delle aggravanti per violenza domestica, sessuale o persecutoria: aumento di pena fino a un terzo;
- Confisca obbligatoria dei beni dell’autore e destinazione dei proventi al Fondo per le vittime;
- Ascolto rapido della persona offesa entro 72 ore dalla denuncia;
- Accesso autonomo dei minori ai centri antiviolenza, con copertura di spese di trasporto e sostegno psicologico;
- Benefici penitenziari limitati: se concordata dal giudice, il condannato potrà accedere alla semilibertà solo dopo aver scontato tre quarti di pena;
- Formazione obbligatoria per magistrati, operatori sanitari, forze dell’ordine e personale scolastico, finanziata dal Fondo pari opportunità;
- Ampliamento dei criteri per la sorveglianza speciale applicabile agli stalker recidivi;
- Estensione dei fondi per gli orfani di femminicidio e per i figli di donne sopravvissute ma rese inabili permanente;
- Deroga al tetto di 45 giorni per le intercettazioni nei casi più gravi di violenza di genere;
- Registro nazionale integrato su ordini di protezione, ammonimenti e allontanamenti, aggiornato in tempo reale;
- Potenziamento del numero verde 1522: dotazione aggiuntiva di personale multilingue e messaggistica in chat;
- Relazione annuale al Parlamento sui risultati, con allegato bilancio di genere dei fondi impiegati;
- Clausola di verifica: revisione degli effetti entro tre anni dall’entrata in vigore della legge.
L’iter legislativo
Il disegno di legge 1433 sul femminicidio ha iniziato il suo percorso il 7 marzo 2025 con l’approvazione del Consiglio dei ministri, su proposta dei ministri Carlo Nordio (Giustizia), Matteo Piantedosi (Interno), Eugenia Roccella (Famiglia e pari opportunità) e Maria Elisabetta Alberti Casellati (Riforme istituzionali).
Il 31 marzo 2025 il ddl è stato presentato al Senato come prima lettura parlamentare. Il 9 aprile è stato assegnato alla Commissione Giustizia presieduta da Giulia Bongiorno (Lega) con Susanna Campione (Fratelli d’Italia) come relatrice. Durante l’esame in Commissione, le relatrici Giulia Bongiorno (Lega) e Susanna Campione (Fratelli d’Italia) avevano presentato un emendamento che restringeva significativamente l’applicazione del nuovo reato.
La loro proposta prevedeva che il femminicidio si configurasse solo quando l’assassinio fosse “conseguenza del rifiuto” della donna “di stabilire o mantenere una relazione affettiva”. Questa formulazione iniziale eliminava dal testo originario del governo riferimenti più generali, concentrando il reato esclusivamente sulla reazione violenta al diniego femminile. I lavori commissariali hanno prodotto una definizione ibrida che accoglie parzialmente le istanze della maggioranza ma le inserisce in un quadro più ampio, dove non vengono eliminate le altre circostanze. La definizione di femminicidio nell’articolo 577-bis è stata riformulata per maggiore precisione giuridica, arrivando alla formulazione approvata oggi all’unanimità dopo l’ok unanime della Commissione Giustizia del Senato, arrivato il 9 luglio: è femminicidio, quando l’omicidio è un atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione oppure un atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, oppure viene compiuto in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali.
Prossime tappe legislative
Come previsto dagli articoli 70 e successivi della Costituzione, il disegno di legge passa ora a Montecitorio dove sarà incardinato nella Commissione Giustizia. Il governo punta all’approvazione definitiva entro l’autunno 2025, per l’entrata in vigore prima del 25 novembre (Giornata internazionale contro la violenza sulle donne).
Se in questa fase la Camera dei deputati introdurrà emendamenti, il provvedimento dovrà tornare al Senato per una terza lettura, ma il voto unanime di oggi fa presagire un passaggio lineare anche a Montecitorio.
Una volta approvato definitivamente, il Presidente della Repubblica avrà trenta giorni per promulgare la legge. L’entrata in vigore scatterà quindici giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
L’importanza dell’unanimità
L’unanimità del Senato non cancella le statistiche sui femminicidi, ma lancia un segnale contro l’inerzia politica sul tema.
Allo stesso modo, gli osservatori evidenziano che l’ergastolo non sarà deterrente assoluto se non sarà accompagnato da prevenzione, educazione e sostegni concreti. Quella fila di 161 sì è un appuntamento con la memoria collettiva: un giorno racconterà che la politica italiana seppe mettere da parte le bandiere per risolvere una piaga sociale. Ora la palla passa alla Camera; fuori dall’aula, passa a scuole, famiglie, media e a ogni cittadino.